Nato a Erbusco il 10.07.1957, della parrocchia di S. Maria di Erbusco. Ordinato a Brescia il 12.06.1982. Vicario parrocchiale ai Santi Nazaro e Celso di Brescia (1982-1987), Vicario parrocchiale a Adro (1987-1995). Fidei Donum in Ecuador (1995-2001). Rientrato a Brescia è stato parroco di S.Vito di Bedizzole (2001-2005). Nel 2005 ripartito come Fidei Donum in Ecuador.
Eletto Vescovo Ausiliare di Guayaquil il 26.10.2013 e consacrato a Guayaquil l’08.02.2014 in Ecuador.
LA MISSIONE DI MONS. GIOVANNI BATTISTA
Nella mia vita sacerdotale, ed ora come Vescovo, ho voluto sempre darmi un obbiettivo: lavorare per il dialogo, la riconciliazione e la pace. Sempre ho voluto cercare gesti e azioni che mi rendano la vita e me la facciano vivere con gusto, con gioia e sacrificio. Personalmente, non volevo essere Vescovo! Il Signor Nunzio mi chiamò ed io risposi con un “NO” secco e sicuro. Il Nunzio si sorprese della mia risposta precisa e decisa. Mi chiese di pregare e pensare. Mi chiamò una seconda volta e di nuovo risposi che non volevo essere Vescovo. Gli dissi che mai nella mia vita ho desiderato, nemmeno cercato o aspirato ad essere Vescovo!
Il Signor Nunzio mi rispose che Papa Francesco cercava esattamente Vescovi che non desideravano, non cercavano e nemmeno non aspiravano ad esserlo.
Insistetti dicendogli che ero un semplice prete, prete di paesi di campagna e di “barrios”. Mi rispose: Papa Francesco sta esattamente cercando Vescovi che abbiano odore di pecore! Alla fine accettai per obbedienza pensando che dietro a tutto questo piano e progetto c’era la Volontà di Dio!
Partii come sacerdote “Fidei Donum” della Diocesi di Brescia nel 1996 e raggiunsi la Arcidiocesi di Portoviejo in Ecuador, lungo il litorale Pacifico. Dopo una breve esperienza in una parrocchia organizzata, Santa Ana, l’Arcivescovo, Mons. Ruiz, mi chiese di iniziare una nuova comunità parrocchiale in un “barrio“ vicino a Portoviejo e questa è stata l’esperienza più importante e significativa della mia vita. Una comunità con oltre ventimila persone, senza un sacerdote fisso. All’inizio, con una piccola moto regalatami dall’Italia, andavo in tutte le zone: mercati, aree interne alla comunità sparse nella campagna. Volevo conoscere la gente, visitare gli ammalati, parlare con tutte le persone che incontravo lungo il cammino, far compagnia ai giovani, entrare nelle povere case per visitare le famiglie, discutere con gente che aveva abbandonato la fede cattolica per entrare in sette diverse.
Tutto questo mi aiutò ad arrivare e visitare tutti i settori della comunità e a incominciare ad organizzare la vita parrocchiale e pastorale. Però, per essere sincero, più che organizzare la struttura ecclesiale, essenziale per me era la relazione e l’incontro profondo con la gente!
Incominciai ad amare molto questi miei fratelli, anche se vivevano, decidevano e pensavano con uno stile di vita diverso da come io ero abituato a vivere.
Ho voluto cercare e mi sono servito di diverse iniziative per entrare nella loro vita e capirli meglio per amarli sempre di più.
Organizzai scuole di catechismo e incontri di promozione umana in zone periferiche molto pericolose dove nessuno voleva andarci a lavorare, soprattutto con i più piccoli perché ero convinto e volevo convincere le famiglie e gli adulti che per trasformare la società e le persone era necessario cominciare con i bambini e con i piccoli.
Dedicai molto tempo ai “barrios” poveri e ai contadini stando con loro cosicché potei avvicinarli alla vita sacramentale e alla vita della Chiesa.
Personalmente, ero deciso e convinto di rimanere con loro per sempre e le persone della comunità percepirono che ero uno di loro e a loro appartenevo.
Per questo motivo quando mi cercarono per essere Vescovo, ero io il primo sorpreso! Qualcuno della comunità perfino considerò questo nuovo servizio al quale venni chiamato come un tradimento.
Fu per me una grande sofferenza e rinuncia!
Arrivai così, all’inizio del 2014, a Guayaquil, come Vescovo ausiliare, in questa enorme città per cominciare ad esercitare il mio nuovo ministero, con lo stesso amore e con la stessa intensa passione vissute nelle comunità di Santa Ana, della Santissima Trinità del Floròn, di San Vicente e Canoa.
Tuttavia per me quello che era e che è più importante di tutto, in qualsiasi luogo siamo chiamati a vivere come consacrati, è fare della Chiesa una casa e una scuola di comunione ecclesiale.
Il Papa ci invita a vedere e a vivere con i “fratelli di fede l’unità profonda del corpo mistico, quindi, come fratelli che mi appartengono affinché possa condividere con loro la gioia e il dolore, poter capire i loro desideri, aiutarli nelle loro necessità e offrire loro una profonda amicizia”. Credo che senza questa disposizione, le strutture o tutto quello che facciamo concretamente sarà privo di motivazione e si svuoterà completamente.
Per questo motivo la nostra scelta personale deve essere la santità e la passione per l’annuncio del Regno di Dio.
Se la nostra relazione personale con Dio è profonda e costante, se riusciamo a scoprire Dio nel fratello, la pastorale e le attività comunitarie non saranno vuote e senza anima ma cariche di entusiasmo e di capacità attrattiva.
E Papa Francesco continuamente ci anima in questa stessa direzione, quando ci dice che non dobbiamo annunciare noi stessi, ma Gesù Cristo e questa spiritualità deve partire dalla Parola di Dio e dal nostro incontro personale con Lui.
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