L’idea, il concetto, il significato della parola popolo si riferiscono ad un dinamismo per il quale più persone “si mettono insieme”, “si riuniscono”, “percepiscono un legame”. Tutti i dizionari elencano una serie di elementi che esprimono questo legame: la cultura, la lingua, il territorio, le tradizioni, usi, costumi. L’espressione “popolo” è molto in voga, chi si arroga il diritto di interpretare il volere del popolo, di pensare come il popolo, di agire in nome del popolo, di fatto esercita un potere significativo che travalica le prerogative del singolo. In campo politico assistiamo spessissimo a citazioni e pronunciamenti che pretendono di ricomprendere ciò che il popolo vuole e desidera, fino ad arrivare a forme patologiche espresse con il termine “populismo”. Non è certo questo il luogo per analisi e commenti sui numerosi populismi che sembrano manifestarsi con grande veemenza in questo tempo, ma mi pare interessante cogliere ciò che spesso viene associato alla parola popolo, perché esprime l’idea di ciò che “tiene insieme” una pluralità di individui: esiste il popolo italiano, il popolo della famiglia, il popolo della notte, il popolo dei social, il popolo della scuola, il popolo del surf e chi più ne ha più ne metta… è evidente da queste locuzioni di uso comune che il popolo debba essere di qualcuno e per qualcuno!
Quando mi riconosco in una delle specificazioni, allora sento di appartenere ad un popolo. L’elemento che coagula un popolo e che funge da collante o denominatore comune porta in sé un rischio insidioso: identificare e specificare una appartenenza che diviene “distinzione da” e che quindi può condurre a separazione, divisione, tensione, contrasto e sfociare in conflitto. In questi tempi torna di tanto in tanto un’espressione antica e densa di significati che nel corso dei secoli si sono stratificati e consolidati: popolo di Dio. Come è possibile che un popolo diventi “di Dio”? Dove abita questo popolo? Come si riconosce? Quali tratti lo contraddistinguono? C’è una cultura, una lingua, una nazione, usi e costumi che identificano il popolo di Dio? Che relazione intercorre tra il popolo di Dio e la Chiesa? Dopo il Concilio Vaticano II l’espressione sembra essere stata un po’ accantonata, ma Papa Francesco la riporta al centro del linguaggio con il quale la Chiesa entra in dialogo con il mondo. In Evangelii Gaudium il Papa dice “Dio ha dato origine a una via per unirsi a ciascuno degli esseri umani di tutti i tempi. Ha scelto di convocarli come popolo e non come esseri isolati. Nessuno si salva da solo, cioè né come individuo isolato né con le sue proprie forze. Dio ci attrae tenendo conto della complessa trama di relazioni interpersonali che comporta la vita in una comunità umana. Questo popolo che Dio si è scelto e convocato è la Chiesa. Gesù non dice agli Apostoli di formare un gruppo esclusivo, un gruppo di élite. Gesù dice: “Andate e fate discepoli tutti i popoli” (EG 113). Da questo passaggio fondamentale: la chiamata di Dio a diventare suo popolo, dalla missione affidata agli Apostoli intendiamo riprendere la proposta del prossimo Laboratorio Missionario (LabMissio17) che si terrà a Brescia Sabato 13 Maggio. Il cammino che Israele ha compiuto, dalla schiavitù dell’Egitto alla Terra Promessa, sarà un riferimento forte e un paradigma significativo per leggere la chiamata a diventare Popolo di Dio: comunità itinerante, accogliente, inclusiva, fraterna. Il mandato missionario di Gesù ci spinge ad andare, a muoverci, a rimetterci sempre in cammino. Le domande aperte sono tante, le risposte le cercheremo insieme valorizzando doni, carismi e talenti che Dio non fa mai mancare al Suo Popolo.
Il corso intende offrire strumenti e conoscenze utili a promuovere un approccio integrale al tema della sostenibilità, con particolare riferimento ai 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile dell'Agenda 2030, nella prospettiva dell'enciclica Laudato si' di papa Francesco sulla cura della casa comune.
La santità si incontra. La si legge nei volti e ha volti differenti. La si può certo anche raccontare ed anzi si ha piacere di farlo quando la si scopre.
Anche a Maria e Giuseppe avevano detto che non c’era posto, ma non era vero. Gesù non è accolto perchéci costringe a non essere più comodi. Ma dove lo si accoglie ci si trova che forse non si è più comodi come prima, ma si sta bene. Non solo, ci si trova più vicini, uniti, solidali, come le persone che hanno fatto spazio alla vecchietta sulla loro panca.
Un altro Natale si avvicina, un altro anno sta terminando, e nella corsa del nostro quotidiano, il Signore ci invita
Vicino al Natale il pensiero vola per raggiungere le persone a cui si vuole bene, e verso le quali nutro riconoscenza. Il Natale ci trova più sensibili interiormente e ci fa andare all'essenziale.
Che possiate farvi una passeggiata tra il muschio e, insieme ai pastorelli, prendere la via indicata dalla stella...
Il Natale che stimo vivendo in Venezuela quest'anno è diverso dagli altri, molta gente se ne è andata dal Paese per necessità, molti altri sono migrati nella nostra zona aurifera in cerca di fortuna, per cui non potranno vivere in famiglia queste feste. Anche i segni esterni del Natale sono pochi e la gente non può comprare regali. Quello che guadagna non basta per il cibo. Un po' meglio se la passano i minatori, che però rischiano aggressioni, estorsioni, malattie, soprattutto la malaria. Per questi e altri motivi già molti sono morti o sono stati ammazzati. Nella ricerca dell'oro si stanno invadendo zone di foresta del territorio indigena, le conseguenze sono devastanti per l'ambiente, aumenta l'inquinamento dell'aria e dei fiumi, e molte comunità indigene hanno perso la tranquillità. Si parla anche di massacri perpetrati da bande armate. In un prossimo messaggio invio foto dell'attività che sta svolgendo suor Concita e alcuni collaboratori per i bambini delle comunità indigene Kariña.
Di nuovo saluto tutti e invoco su di voi la benedizione divina, che Gesù bambino porti la pace nei vostri cuori, nelle vostre famiglie e nel mondo intero.
Don Giannino Prandelli
La festa di Natale parla di accoglienza. Gesù vuole essere accolto e molti altri con lui. Chi l’accoglie vive poi in una dimensione nuova dove regna l’amore e dove ci si aiuta a vicenda. Per fortuna la gente normale è ancora molto accogliente. Molte volte sento la frase: “l’ospite è una benedizione”. Questa mentalità è frutto di esperienza umana profonda.
Da un po’ di tempo, trovare carburante in Burundi è come vincere un terno al lotto. In capitale c’è qualche probabilità in più di riuscirci, ma dove sono io, “cacciato in tanta malora” a Kiremba, bisogna sperare nel classico colpo di fortuna.
Un Natale ricco di serenità e di pace, che nasce da un amore condiviso e dalla fraternità più gratuita verso chi non può contare che su questa per ricominciare a sperare nella vita.
È giunto il momento di lasciare tutto. Lo ha indicato Lui con segni chiari che resteranno nel mio cuore.
Questa serie di incontri, realizzati in collaborazione con gli Istituti Missionari presenti a Brescia, vogliono essere una occasione di formazione e riflessione in chiave missionaria a partire da alcune priorità segnalate dal Vescovo Pierantonio nella sua prima omelia a Brescia.
Da sempre la missione è un luogo che offre ai giovani una forte occasione di fare un incontro con se stessi, con la propria Fede e con i poveri.
Ho un desiderio: renderti partecipe di alcune emozioni, riflessioni, ma soprattutto di condividere quello che anche io sto ricevendo… se fa bene a me può far bene anche a te!
Permesso, scusa, grazie sono parole che fanno bene a chi le riceve e soprattutto a chi le pronuncia, perché non sono solamente segno di buona educazione, ma aprono alla bellezza della relazione e guariscono le piccole ferite quotidiane. Papa Francesco le raccomanda e le affida al lessico famigliare, proprio per questo vorrei rivolgerle alla grande famiglia che sette anni fa mi ha accolto all’Ufficio per le Missioni.
Anche quest'anno si rinnova l'invito a partecipare alle veglie per l'inizio del mese missionario. Saranno momenti di preghiera e di riflessione in cui ricorderemo tutti coloro che operano nel mondo missionario.
Tra pochissimi giorni il Vescovo Pierantonio consegnerà alla nostra chiesa bresciana la sua prima lettera pastorale intitolata “Il bello del vivere. La santità dei volti e i volti della santità”; l’attesa è forte perché si intuisce che dalla lettera pastorale del Vescovo possano essere desunti gli orientamenti fondamentali e le linee programmatiche del suo episcopato: il pastore, successore degli Apostoli, indica e conduce il gregge che gli è affidato.
Nella serata del 4 giugno 2018, presso il Teatro Sociale di Brescia, si potrà assistere ad una rappresentazione teatrale liberamente tratta dalla vita della Beata Irene Stefani (missionaria della Consolata in Kenya nel 1930 e beatificata nel 2015), a cura della compagnia teatrale Controsenso: “Una storia di silenzi, di occhi bassi, di mani rotte e di scarpe consumate. Una storia di amore, di pazienza, di fatica. Di strade lunghe e polverose, di mondi lontani. Una storia di coraggio, di fede, di carità."
Mi capita spesso di ascoltare alcune critiche circa la presunta astrattezza e idealità della proposta di fede...
Nel cuore del tempo quaresimale lo sguardo si volge alla passione, morte e resurrezione di Gesù. Papa Francesco, rivolgendosi ai credenti, sottolinea un atteggiamento di grande vigilanza interiore per evitare il grande rischio di “avere uno stile di Quaresima senza Pasqua” cedendo ad una tristezza individualista.
Don Taricisio Moreschi ci scrive :" Crediamo al vangelo e convertiamoci davvero. Buon Natale. Facciamo in modo che sia buono, specie per i deboli e i poveri".
Non so se torneremo ad essere una Chiesa povera, ma talvolta forse rischiamo di essere una povera Chiesa: questa affermazione sembra un gioco di parole, ma non vuole esserlo, almeno nelle intenzioni.
Nel numero in uscita (settembre-ottobre), Popoli e Missione, la rivista delle Pontificie Opere Missionarie e della Fondazione Missio, dedica un ampio dossier al Festival della Missione. Per gentile concessione dell'editore pubblichiamo il reportage di Ilaria De Bonis su come Brescia e il suo Ufficio missionario si stanno preparando a questo evento
"Mission is possible" è il titolo della prima edizione del Festival della Missione, in programma a Brescia dal 13 al 15 ottobre 2017. Promosso dalla Cenferenza degli istituti missionari italiani (Cimi), da Fondazione Missio (organismo della conferenza episcopale italiana) e dalla diocesi di Brescia, il Fstival della Missione avrà come scenario le piazze e gli spazi del centro città.
La missione richiede vivacità, attenzione, capacità di stare ed essere a contatto con situazioni multiformi e imprevedibili.
Il popolo di Dio si arricchisce di giorno in giorno di presenze, volti, vissuti e si amplia raggiungendo culture e linguaggi diversi e variegati...
Anche quest'anno l'Ufficio per le Missioni ripropone l'esperienza del LabMissio: una giornata per vivere insieme la missionarità.
Il tema del percorso quaresimale, riprende le fasi della lavorazione del pane: il richiamo eucaristico è evidente ed il sussidio, pensato per le famiglie ma utilizzabile anche per brevi momenti di preghiera comunitari, ci accompagnerà passo passo in un itinerario di riflessione sostenuto dalle testimonianze di vita missionaria.
Raccolta delle schede di formazione: strumenti che offrono spunti di riflessione, approfondimento, e proposte di preghiera personale o comunitaria.
Ampia sintesi del convegno dei Fidei donum svoltosi a Brescia, testimonianze dei ragazzi di "Nuovi stili di Viaggio" e tante altre voci che colorano il mondo della missione a Brescia e nel mondo.
Dal Canada al Mozambico, dal Brasile all'Albania. Le vite e le storie dei presbiteri Fidei Donum bresciani che operano lontano dalla Diocesi.
Il territiorio bresciano è denso di proposte a carattere missionario. Qui sono state inserite quelle che coinvolgono le tante realtà che ruotano intorno al centro missionario diocesano.
È possibile ritirare il materiale per l'animazione missionaria, per chi ne facesse richiesta, presso l'Ufficio per le Missioni, in Via Trieste 13/B a Brescia.
La Mostra è organizzata da Cesar-Fondazione Mons.Cesare Mazzolari Onlus e si terrà presso il Centro Internazionale di Studi e Documentazione Istituto PAOLO VI. Via G. Marconi, 15 Concesio (BS).
Mons. Cesare Mazzolari (Brescia, 1937 - Rumbek, 2011) per oltre 20 anni visse coraggiosamente in Sud Sudan in mezzo alla sua gente e sopportò le conseguenze della guerra e della povertà. A tutti chiedeva l'impegno a «non dimenticare perché la gente del Sud Sudan ha bisogno di una pace giusta nel rispetto dei diritti umani». Era un vescovo che drammaticamente parlava di guerra: «Il Sudan è lo stato dell'Africa più povero tra i poveri: 40 anni di guerre tribali il cui unico fine è la conquista del potere e l'acquisizione di risorse quali petrolio, acqua e oro, presenti in grandi quantità». Gli interessi globali, come specifica monsignor Mazzolari, avevano prevalso sul bene della gente: «Non esiste più rispetto dei diritti umani e la parola “libertà” è un termine sconosciuto, è stata spazzata via». Lavorare quotidianamente nella diocesi non significava solo sfamare e aiutare il popolo sudanese ad uscire da una condizione di povertà totale, ma creare i presupposti per mantenere la pace, siglata il 9 gennaio 2005. È scomparso nel 2011 all'età di 74 anni, colto da malore mentre celebrava la Messa.
In occasione della festa liturgica di San Daniele Comboni, i missionari comboniani invitano tutti i sacerdoti della Diocesi, per una mattinata di condivisione.
Qualcosa di nuovo sta germinando, nel nascondimento, senza clamore, con qualche fatica: nei prossimi mesi l’equipe del Centro Missionario Diocesano proverà a mettersi al passo di alcune Unità Pastorali che stanno cercando di interpretare nell’oggi il Vangelo di sempre, parrocchie che sanno sognare una evangelizzazione molto meno “clericocentrica” e aperte ai doni che lo Spirito non fa mai mancare alla sua chiesa.
Se sapremo essere docili e attenti a ciò che il Signore chiede e suscita nella comunità cristiana allora il progetto fiorirà e porterà frutti copiosi e abbondanti: magari non quelli che desideriamo e vogliamo noi, ma quelli che Dio desidera e dispone.
Spesso lo ripetiamo: abbiamo bisogno di conversione; questo termine lo associamo a noi stessi e lo chiamiamo “conversione personale”, lo attribuiamo alla società, al mondo e lo esprimiamo con riferimento ai costumi, agli usi, al sentire comune; auspichiamo anche la “conversione della pastorale” come passaggio necessario e autentico per essere costantemente fedeli a Dio e fedeli all’uomo.
La Diocesi di Brescia raccoglie l'appello: Ufficio per le Missioni, Caritas diocesana, Cuore Amico fraternità Onlus, Medicus Mundi Italia Onlus e Associazione Centro Migranti Onlus hanno deciso di coordinarsi per un’azione di aiuto comune e sinergica,
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