Aurelia Iacoba Mercede Stefani nacque il 22 agosto 1891 ad Anfo. Fin da giovane dimostrò spiccato impegno di vita cristiana e apostolica, che la portò alla vocazione tra le Suore Missionarie della Consolata. Dopo la prima professione (29 gennaio 1914), fu destinata al Kenya, dove rimase fino alla morte. Durante la prima guerra mondiale fu destinata alla assistenza negli ospedali militari in situazioni ripugnanti. Con dolcezza e sorriso, diede prova di eroica carità e dedizione. Terminata la guerra, ritornò in Kenya. Morì il 31 ottobre 1930 per infezione contratta per assistere un ammalato di peste. Gli africani affermarono: «L’ha uccisa l’amore». E continuano a chiamarla Nyaatha: “madre tutta misericordia”. È stata beatificata il 23 maggio 2015. Il suo corpo è venerato a Mathari, Nyeri (Kenya).
Dal Comune delle vergini, con salmodia del giorno dal salterio.
Ufficio delle letture
Seconda lettura
Dalle «Conferenze spirituali» del beato Giuseppe Allamano alle Suore Missionarie (Vol. I, 39-40; II, 484-485; III, 15, 101; VS 460-461)
Santità e missione
Ricordatevi che l’opera della missione esige una grande santità. Non basta una santità mediocre, ci vuole gran santità. L’opera dell’apostolato è un’opera divina. San Paolo diceva: «Noi siamo aiutanti di Dio». Siamo corredentori; corredentrici voi altre. Quante anime battezzerete! Quante anime potrete attirare a Nostro Signore. Siete “ministresse” della Chiesa. Nostro Signore ha dato l’ordine d’insegnare a tutto il mondo: andate, dunque, istruite tutte le genti. Ora chi è che va a spargere la parola di Dio? I missionari e le missionarie. Gli altri non vanno a predicare. Vedete l’opera dei missionari che cos’è! È proprio un’opera divina. Sia perché sono aiutanti di Dio, sia perché sono ministri della Chiesa, la quale ha l’ordine di spargere il Vangelo per tutto il mondo.
All’eccellenza dell’apostolato deve corrispondere la nostra santità. Se alle altre suore basta essere sante, le missionarie devono esserlo doppiamente, perché tanto quanto sarete sante, altrettanto sarete migliori aiutanti di Dio, migliori corredentrici e migliori ministresse della Chiesa. Siete qui per farvi sante e poi missionarie. Tenete bene in mente: per salvare gli altri prima dovete farvi sante voi. Dovrò rendere conto di me prima di tutto e poi delle anime che il Signore mi ha affidate. Dovete prima farvi sante; se sarete così, sarete pure valenti missionarie; se non sarete sante religiose, non sarete niente. Farete come il vento che fa un po’ di rumore e niente altro; lavorerete molto, forse, ma rimarrete colle mani vuote perché le opere si misurano non nella materialità, ma col cuore, collo spirito con cui si fanno. È lo spirito religioso che deve informare la vostra vita. Pregate il Signore perché possiate formarvi vere religiose di spirito e intanto preparatevi, studiate, fate tutto quello che è necessario per poter fare del bene. La conversione dipende dalla santità dei missionari.
E quale dev’essere questa santità? Maggiore di quella dei semplici cristiani, superiore a quella dei semplici religiosi, più distinta che quella dei sacerdoti secolari. La santità dei missionari deve essere speciale, anche eroica e all’occasione straordinaria da operare miracoli. Non sarà da attribuire alla deficienza di questa pingue santità, che dopo tanti secoli ancora tutto il mondo pagano non sia convertito; e mentre nei primi secoli la parola di Dio venne seminata e produsse conversioni in tutto il mondo allora conosciuto, nei secoli posteriori il lavoro dei missionari non produsse più simile frutto, pari al loro numero abbastanza considerevole, inviati ovunque? Persuasi i nostri giovani missionari di questa verità s’impegnino a divenire santi, ma tutti; ed usando di tutti i mezzi che propriamente a questo scopo ci sono in questa casa madre. Questo sia il proposito comune qui e nelle missioni, di voler essere santi e grandi santi.
Ci vuol fuoco per essere apostoli. Essendo né caldi né freddi, cioè tiepidi, non si riuscirà mai a niente. L’uomo vive in quanto è attivo per amor di Dio. Si può stare in intima comunione con Dio e operare nel medesimo tempo. Se c’è amore, c’è zelo; e lo zelo farà sì che non poniamo riserve o indugi nella dedizione di noi stessi per la salvezza delle anime. Quel che si può fare oggi, non bisogna lasciarlo per domani. Ah, che non sarà mai missionario, chi non arde di questo fuoco divino! Non solamente il nostro zelo dev’essere infiammato dall’amore verso Dio, ma altresì dall’amore verso il prossimo. Bisogna aver tanta carità da dare la vita. Noi missionari siamo votati a dare la vita per la salvezza delle anime. Amare il prossimo più di noi stessi, dev’essere il programma di vita del missionario. Se non si viene al punto di amare le anime più che la propria vita, potrete avere il nome, ma non la realtà, la sostanza dell’uomo apostolico. Noi dovemmo avere per voto di servire alle missioni anche a costo della vita; dovremmo essere contenti di morire sulla breccia.
Responsorio – Cfr. Fil. 2, 4; 1Ts 5, 14-15
℞. Rendete piena la mia gioia con un medesimo sentire e con la stessa carità: * ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri.
℣. Sostenete chi è debole, siate magnanimi con tutti, cercate sempre il bene tra voi e con tutti;
℟. ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri.
Orazione
Dio di infinita tenerezza, che hai acceso nella beata Irene [Stefani], vergine, un ardente desiderio di essere tutta e sempre di Gesù per dedicarsi all’annuncio del Vangelo e servire i bisognosi con generosità materna, fino alla offerta di se stessa, concedi anche a noi, per sua intercessione, di diventare missionari del tuo amore, testimoniando ovunque consolazione e pienezza di vita. Per il nostro Signore.

