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DIACONATO PERMANENTE

La Chiesa, sin dall’età apostolica, ha tenuto in grande venerazione l’Ordine Sacro del diaconato. Una consolidata tradizione, attestata già da testi antichi e confluita nella liturgia di ordinazione, ha visto l’inizio del diaconato nell'episodio dell’istituzione dei:

“sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito Santo e di saggezza” (At 6,1-6).

In questa pagina degli Atti e nella tradizione liturgica si può leggere in maniera limpida e profonda la logica propria del ministero diaconale: collaborare con il ministero apostolico dei Vescovi. Con amore e devozione la Chiesa ha conservato la memoria di diaconi santi, in particolare: santo Stefano, diacono e primo martire della Chiesa apostolica; san Lorenzo, diacono e martire della Chiesa di Roma (sec. III); san Vincenzo, diacono e martire della Chiesa di Saragozza (sec. III-IV); sant'Efrem siro, dottore della Chiesa (sec. IV).

καὶ ὑμεῖς ὀφείλετε ἀλλήλων νίπτειν τοὺς πόδας· (Gv 13,14b)

CHI E' IL DIACONO?

L'IDENTITA'
Il diaconato è ministero e vocazione. Non è un attestato di merito, non è la ratifica ufficiale di responsabilità pastorali già assunte, non è neppure il conferimento solenne di un mandato. È molto di più: è un ministero fondato sulla grazia sacramentale dell’Ordinazione. Si diviene dunque diaconi solo se si è chiamati ad esserlo.

L’ordinazione sacramentale configura i diaconi a Gesù Cristo, secondo una modalità specifica. Essi sono costituiti nella Chiesa come segno vivo di Gesù “che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per tutti” (Mt 20,28), di Gesù che “sta in mezzo a noi come colui che serve” (Lc 22,27), di Gesù che lava i piedi ai suoi discepoli e che invita a fare altrettanto, reciprocamente (Gv 13,1ss).
Infatti il diacono riceve l’imposizione delle mani “non per il sacerdozio, ma per il servizio”8 al popolo di Dio nella “diaconia della liturgia, della Parola e della carità”. Nel suo grado personifica Cristo servo del Padre e dell’umanità, partecipando alla triplice funzione del sacramento dell’ordine: “è maestro in quanto proclama e illustra la parola di Dio; è santificatore, in quanto amministra il sacramento del battesimo, dell’Eucaristia e i sacramentali; è guida, in quanto è animatore di comunità o di settori della vita ecclesiale. In tal senso, il diacono contribuisce a fare crescere la Chiesa come realtà di comunione, di servizio, di missione”.
I diaconi sono consacrati e mandati al servizio della comunione ecclesiale, sotto la guida del Vescovo con il suo presbiterio.
Trovano la loro identità fondamentale e la norma permanente della vita e dell’opera nella fedeltà al Vangelo e, illuminati dallo Spirito, vivono e realizzano la loro missione in modalità che variano secondo il concreto contesto storico entro cui la medesima missione si svolge.
Il senso del diaconato e l’esercizio del medesimo devono essere visti in relazione ad una Chiesa che cresce nella consapevolezza di essere missionaria, impegnata in cammini pastorali che, lungi dal ridursi ad un’opera di semplice conservazione, si aprono coraggiosamente all'evangelizzazione e alle sempre nuove sollecitazioni dello Spirito.
Sebbene sacramentalmente e giuridicamente appartenga al clero, il diacono ha caratteristiche laicali per il suo inserimento nella Chiesa e nel mondo attraverso il lavoro e spesso il matrimonio. Per questo vive quello che potremmo chiamare un ministero della soglia, ponte fra Chiesa e mondo; ma non nel senso che il diacono debba essere un passaggio necessario perché i laici accedano alla Chiesa, bensì come colui che è ponte perché facilita il passaggio, l’ingresso nella Chiesa, nella disponibilità anche a farsi poi servo inutile. A sua volta facilita anche l’ingresso della Chiesa nelle diverse situazioni del mondo in cui vescovi e presbiteri possono essere più in difficoltà ad accedervi.
(Tratto da: Diocesi di Brescia, Progetto formativo per il diaconato e Direttorio per il ministero e la vita dei diaconi, Brescia 2007, pag. 7 e ss.)

LA STORIA
La Chiesa, sin dall'età apostolica, ha tenuto in grande venerazione l’ordine sacro del diaconato. Una consolidata tradizione, attestata già da testi antichi e confluita nella liturgia di ordinazione, ha visto l’inizio del diaconato nell'episodio dell’istituzione dei “sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito Santo e di saggezza” (At 6,1-6). In questa pagina degli Atti e nella tradizione liturgica si può leggere in maniera limpida e profonda la logica propria del ministero diaconale: collaborare con il ministero apostolico dei vescovi. Con amore e devozione la Chiesa ha conservato la memoria di diaconi santi, in particolare: santo Stefano, diacono e primo martire della Chiesa apostolica, san Lorenzo, diacono e martire della Chiesa di Roma (sec. III), san Vincenzo, diacono e martire della Chiesa di Saragozza (sec. III-IV), sant'Efrem siro, dottore della Chiesa (sec. IV). A partire dal V secolo, vicende storiche complesse portarono ad un lento declino del diaconato, che alla fine rimase solo come tappa intermedia per i candidati all'ordinazione sacerdotale.

Il Concilio di Trento (1545-1563) decretò che il diaconato venisse nuovamente ripristinato, in modo che “le funzioni dei sacri ordini” non apparissero inutili e fossero “esercitate solo da coloro che sono costituiti nei rispettivi ordini”. Questa delibera rimase lettera morta.
Si deve attendere il Concilio Vaticano II (1962-1965) per vedere il ritorno del diaconato, che “potrà in futuro essere restaurato come un grado proprio e permanente della gerarchia”. Così si esprime il Concilio: “in un grado inferiore della gerarchia stanno i diaconi, ai quali sono imposte le mani non per il sacerdozio, ma per il servizio”. Con questa antica formula che distingue i diaconi dai presbiteri, si invita a comprendere la specificità del loro ministero. Lo stesso Concilio ne indica una serie di funzioni proprie e si esprime a favore del conferimento del diaconato “a uomini di più matura età anche viventi nel matrimonio”. Inoltre, benché essi non siano chiamati alla presidenza dell’Eucaristia, sono segnati dal carattere, sostenuti dalla grazia del sacramento ricevuto e chiamati «al servizio del popolo di Dio, in comunione col Vescovo e il suo presbiterio », nella “diaconia della liturgia, della Parola e della carità”. Con il documento La restaurazione del diaconato permanente la Conferenza Episcopale Italiana si pronuncia ufficialmente per il suo ripristino l’8 dicembre 1971. Quindi nel documento pastorale Evangelizzazione e ministeri, dell’agosto 1977, essa dichiara: “Col ripristino del diaconato permanente, la Chiesa ha la consapevolezza di accogliere un dono dello Spirito e di immettere così nel vivo tessuto del corpo ecclesiale energie cariche di una grazia peculiare e sacramentale, capaci perciò di maggiore fecondità pastorale”.

(Diocesi di Brescia, PROGETTO FORMATIVO PER IL DIACONATO e DIRETTORIO PER IL MINISTERO E LA VITA DEI DIACONI, Brescia 2007, pag.5 e ss.)

IL MINISTERO
2. Ministero del diacono

Quale animatore della ministerialità della Chiesa, il diacono non è la copia ridotta o il sostituto parziale del presbitero, ma il suscitatore e coordinatore di figure ministeriali rispondenti alle diverse situazioni della comunità ecclesiale e del mondo. La comune partecipazione al sacramento dell’Ordine instaura una speciale relazione tra diaconi e presbiteri, che valorizza e integra i due specifici e originali ministeri. L’autonomia dei ruoli deve tendere alla più stretta cooperazione nel comune servizio al popolo di Dio e nell'unico riferimento al Vescovo. Il Concilio Vaticano II ha sintetizzato il ministero del diacono con la triade “diaconía della liturgia, della Parola e della carità”.

2.1. Diaconato e liturgia
È essenziale che il diacono conosca il suo ufficio nella liturgia ed abbia la conoscenza delle rubriche, con la flessibilità per poterle correttamente applicare nei diversi contesti assembleari. Il diacono è responsabile di un buon servizio di fronte alla Chiesa di Cristo, presente nell'assemblea del culto, facendo tutto e solo quel che gli spetta. All'ambone proclamerà al popolo il Vangelo e come portavoce delle preghiere e delle necessità dei fedeli, pronuncerà le formule proprie del suo ufficio, abitualmente le preghiere dei fedeli dopo il Credo, se particolari occasioni non suggeriscono che altri subentrino al suo posto. Il ministero liturgico del diacono, fonte inesauribile di spiritualità per la propria esistenza, si esprime in molteplici funzioni. Nella celebrazione dell’Eucaristia il diacono assiste il Vescovo e i presbiteri che la presiedono. In quanto ministro ordinario della Comunione distribuisce l’Eucaristia ai fedeli durante la celebrazione e la porta agli infermi, anche nella forma di viatico. Egli è pure ministro ordinario dell’esposizione eucaristica per l’adorazione e della conseguente benedizione. Il diacono è ministro ordinario del battesimo, ma per battezzare deve avere il consenso del parroco. Con la delega del parroco o dell’Ordinario del luogo, può presiedere la celebrazione del matrimonio e impartire la benedizione nuziale in nome della Chiesa. Gli compete infine presiedere le esequie celebrate senza la Messa e impartire le benedizioni espressamente consentite dai libri liturgici. Il diacono è tenuto all'obbligo della celebrazione quotidiana delle Lodi mattutine, dei Vespri e della Compieta, gli è raccomandata quella delle Letture e di un’Ora media. Così pure, se non si frappongono serie difficoltà, partecipi quotidianamente alla celebrazione dell’Eucaristia.

2.2. Diaconato e catechesi
Nell'ambito della triplice diaconia è sostanziale per il diacono il compito di “proclamare il Vangelo e predicare la Parola di Dio” in particolare nella catechesi e, in modo specifico, nell'omelia all'interno delle celebrazioni liturgiche. Nel rito di Ordinazione, una volta rivestito con la stola e la dalmatica, riceve dalle mani del Vescovo il santo Vangelo con queste parole: “Ricevi il Vangelo di Cristo del quale sei divenuto l'annunziatore; credi sempre ciò che proclami, insegna ciò che hai appreso nella fede, vivi ciò che insegni”. La sua vicinanza al mondo laicale impegna particolarmente il diacono all'annuncio e alla testimonianza nelle realtà della famiglia, del lavoro, della vita sociale. Il servizio della Parola, alla quale il diacono stesso è chiamato ad alimentarsi quotidianamente, richiede in modo esigente la piena adesione all'insegnamento della Chiesa e un costante impegno di studio e di approfondimento specialmente in ambito biblico. In particolare il diacono è un ministro qualificato per la preparazione dei candidati ai sacramenti, dei genitori e dei padrini per il battesimo e la cresima, come anche per la pastorale familiare e la formazione dei fi danzati e delle giovani coppie. In questi compiti il diacono coniugato può opportunamente coinvolgere la moglie. Può inoltre presiedere la celebrazione della Parola di Dio, anche quando è sostitutiva della Messa festiva in caso di necessità.

2.3. Diaconato e carità
“Praticare l’amore verso le vedove e gli orfani, verso i carcerati, i malati e i bisognosi di ogni genere appartiene all'essenza della Chiesa tanto quanto il servizio dei Sacramenti e l'annuncio del Vangelo. La Chiesa non può trascurare il servizio della carità così come non può tralasciare i Sacramenti e la Parola”. “Dio è amore” (1Gv 4,16) e l’amore si trova al centro della vita cristiana: ubi caritas est vera, Deus ibi est: “dove c’è vera carità, lì c’è Dio”. Come ministro della carità, ovvero ministro di Dio, il diacono è tenuto a mantenere costantemente viva nella Chiesa questa dimensione essenziale dell’esperienza cristiana e sua sintesi, rendendo visibile il legame che sussiste tra la mensa del Corpo di Cristo e la mensa dei poveri, dei deboli, degli emarginati, degli anziani, dei malati. La carità non si esaurisce nell'azione. In At 6,1-6 il primo ministero ad essere considerato per i sette diaconi è la carità, ma diventa presto Vangelo annunciato nel discorso di Stefano, vita da lui donata fino al martirio ed infine missione in Filippo. Infatti il gruppo dei Sette “non doveva svolgere un servizio semplicemente pratico di distribuzione: dovevano essere anzitutto uomini pieni di Spirito e di saggezza (cfr. At 6, 1-6). Ciò significa che il servizio sociale che dovevano effettuare era assolutamente concreto, ma al contempo era senz'altro anche un servizio spirituale; il loro perciò era un vero ufficio spirituale, che realizzava un compito essenziale della Chiesa, quello dell’amore ben ordinato del prossimo”. La carità che si traduce in servizio è parte integrante dell’identità dei diaconi; nella preghiera di Ordinazione il Vescovo chiede per loro a Dio Padre: “siano sinceri nella carità, premurosi verso i poveri e i deboli, umili nel loro servizio”. Con l’esempio e la parola si devono adoperare perché tutti i fedeli si pongano in costante servizio di Dio, della Chiesa e dei fratelli. Il diacono serve la carità con il proprio essere, prima ancora che con il fare, con un servizio che inizia nella famiglia e nella professione, permea poi la realtà sociale, evangelizzando anche attraverso gli atteggiamenti e lo stile di vita. Il diacono, quindi, può vivere la carità nell'area dell’educazione cristiana, animare oratori e gruppi ecclesiali, promuovere la vita in ogni sua fase e condizione, amministrare i beni e le opere di carità della Chiesa (compito che pure fa parte dello specifico del ministero diaconale). In queste esemplificazioni, giova ricordare anche il servizio ai carcerati, agli anziani soli o residenti nelle case di riposo, ai migranti, ai disabili, ai sacerdoti anziani o soli. È chiamato a leggere la realtà del territorio, suscitando
poi risposte dalla realtà ecclesiale o anche stimolando la Chiesa a percorrere strade nuove, secondo una fantasia della carità, nella docilità alle proposte dello Spirito Santo; nella Chiesa infatti “pulsa la dinamica dell’amore suscitato dallo Spirito di Cristo”. Infine, per non esaurirsi nella semplice esecuzione personale, il ministero del diacono sarà rivolto di preferenza a compiti di animazione e di coordinamento all'interno delle molteplici attività caritative e di promozione umana della Diocesi.

2.4. Mandato del Vescovo
Il Vescovo, a cui il diacono nel rito di Ordinazione ha promesso “filiale rispetto e obbedienza”, gli conferisce mediante decreto uno specifico ufficio, tenendo conto delle necessità della Diocesi e anche della condizione familiare e professionale del diacono stesso. Venga così definito l’ambito territoriale o le persone alle quali deve essere indirizzato il suo servizio apostolico, come pure se l'ufficio debba essere a tempo pieno o parziale. L’incarico affidato può concretizzarsi anche nella collaborazione per la cura pastorale di una parrocchia, come può impegnare il diacono anche nelle comunità parrocchiali prive di un presbitero residente. Al diacono possono essere affidati impegni pastorali nelle strutture diocesane, come negli uffici di curia, negli organismi, nelle commissioni o consulte diocesane, nelle zone o nelle unità pastorali, o per l’animazione pastorale di fasce di età, di ambienti, di settori.

(DIOCESI DI BRESCIA, Progetto formativo per il diaconato e Direttorio per il ministero e la vita dei diaconi, Brescia 2007, pag.28-32)

LA FORMAZIONE
(Tratto da: PROGETTO FORMATIVO PER IL DIACONATO PERMANENTE, Diocesi di Brescia, 9 giugno 2007)

Struttura del cammino formativo. Fin dai tempi della prima comunità cristiana, in cui prese forma l’esperienza diaconale, si sentì il bisogno di specificare i requisiti delle persone a cui affidare il ministero i diacono: “Siano dignitosi, non doppi nel parlare, non dediti a molto vino né avidi di guadagno disonesto, e conservino il mistero della fede in una coscienza pura. Perciò siano prima sottoposti a una prova e poi, se trovati irreprensibili, siano ammessi al loro servizio. […] I diaconi non siano sposati che una sola volta, sappiano dirigere bene i propri fi gli e le proprie famiglie. Coloro infatti che avranno ben servito, si acquisteranno un grado onorifico e una grande sicurezza nella fede in Cristo Gesù” (1Tm 3,8-10.12-13). La tradizione della Chiesa ha ulteriormente completato e precisato i requisiti che sostengono l’autenticità di una chiamata al diaconato. Essi sono prima di tutto quelli che valgono per gli ordini in generale: “Siano promossi agli ordini soltanto quelli che […] hanno fede integra, sono mossi da retta intenzione, posseggono la scienza debita, odono buona stima, sono di integri costumi e di provate virtù e sono dotati di tutte quelle altre qualità fi siche e psichiche congruenti con l’ordine che deve essere ricevuto”

Ordinariamente il cammino di formazione ha la durata minima di cinque anni e prevede:

a) Un anno propedeutico. È l’anno in cui l’aspirante, presentato dal suo parroco, si accosta al cammino diaconale. In questo anno egli incontra personalmente il Delegato vescovile per l’itinerario Diaconale, secondo una frequenza da questi stabilita, volta a verificare le attitudini e la disponibilità dell’aspirante. Inoltre incontra l’incaricato per la formazione spirituale, secondo i ritmi concordati e partecipa agli incontri (almeno quattro) con il gruppo degli aspiranti. Tali incontri hanno il compito di dare alcune nozioni generali sul diaconato permanente, far incontrare gli aspiranti e le rispettive mogli con i diaconi e le loro mogli, aiutare a capire le esigenze che l’esercizio del diaconato permanente nella Chiesa comporta, accompagnare nel primo discernimento vocazionale.

b) Un quadriennio. Costituito dai quattro elementi strutturali della formazione: umano, spirituale, dottrinale, pastorale.

Formazione umana. Non si può essere cristiani e al servizio degli altri senza prima essere umanamente maturi. Fra le virtù umane necessarie per il ministero diaconale, i documenti della Chiesa ci ricordano: “l’amore per la verità, la lealtà, il rispetto per ogni persona, il senso della giustizia, la fedeltà alla parola data, la vera compassione, la coerenza, l’equilibrio di giudizio e di comportamento”. Così pure: “la maturità psichica, la capacità di dialogo e di comunicazione, il senso di responsabilità, la laboriosità, l’equilibrio e la prudenza”. A queste si aggiungano l’attitudine alla relazione con gli altri, la maturità affettiva e l’educazione alla libertà, che si configura come obbedienza alla verità del proprio essere. Tutte queste qualità dovranno crescere, oltre che mediante l’ascesi personale, anche attraverso l’aiuto della guida spirituale, il rapporto ed il confronto con i membri della comunità diaconale e con il Delegato vescovile.

Formazione spirituale. Mira a formare il diacono secondo lo Spirito. “L’elemento maggiormente caratterizzante la spiritualità diaconale è la scoperta e la condivisione dell’amore di Cristo Servo, che venne non per essere servito, ma per servire. Il candidato dovrà perciò essere aiutato ad acquisire progressivamente quegli atteggiamenti che, pur non esclusivamente, sono tuttavia specificamente diaconali, quali la semplicità di cuore, il dono totale e disinteressato di sé, l’amore umile e servizievole verso i fratelli, soprattutto i più poveri, sofferenti e bisognosi, la scelta di uno stile di condivisione e di povertà”. La fonte di questa capacità di amare è l’Eucaristia, che dovrà, perciò, essere al centro della vita del candidato, insieme con la Parola di Dio, la preghiera personale e quella della Chiesa (la Liturgia delle Ore con la celebrazione quotidiana almeno delle Lodi mattutine, del Vespro e della Compieta). Nel cammino spirituale il candidato dovrà altresì coltivare l’obbedienza e la comunione ecclesiale.

Il candidato curerà e svilupperà tutto ciò attraverso:
- l’ascesi personale;
- la direzione spirituale costante, con il Responsabile della formazione spirituale o con un altro sacerdote scelto liberamente, dopo aver sottoposto la richiesta al Vescovo. In questo secondo caso, almeno due volte all’anno il candidato avrà un colloquio anche con il suddetto padre spirituale della Comunità diaconale, per impostare il proprio cammino e verificarlo rispetto alla situazione della Comunità diaconale;
- i ritiri spirituali mensili, programmati per tutta la comunità diaconale;
- la frequente celebrazione del sacramento della Riconciliazione;
- l’Eucaristia, possibilmente quotidiana;
- gli esercizi spirituali annuali;
- i diversi momenti di meditazione e di preghiera proposti dall’itinerario annuale per la comunità diaconale.

In particolare “nella formazione spirituale dei candidati coniugati hanno incidenza peculiare il sacramento del matrimonio e la sua spiritualità. […] Nella disponibilità allo Spirito i candidati camminino verso una sempre più intensa armonia tra il ministero diaconale e il ministero coniugale e familiare. […] Occorre anche una particolare attenzione alle spose dei diaconi, affinché crescano nella consapevolezza della vocazione del marito e del proprio compito accanto a lui. Esse sono invitate a partecipare regolarmente agli incontri di formazione spirituale”. È opportuno che anche i figli, adolescenti o giovani, siano invitati ad alcuni di questi incontri. Occorre poi dedicare una specifica attenzione alla formazione dei candidati celibi, nei quali la Chiesa ritrova e promuove quella coerenza tra il carisma della verginità e la dedizione nel ministero ordinato, che fa parte della tradizione della Chiesa latina ed è un dono prezioso da tutelare e diffondere.

Formazione telogico-dottrinale. “La formazione intellettuale è una dimensione necessaria della formazione diaconale, in quanto off re al diacono un sostanzioso alimento per la sua vita spirituale e un prezioso strumento per il suo ministero”. La formazione teologica è finalizzata ad acquisire una conoscenza completa, approfondita e critica dei contenuti della fede, quindi della “dottrina” cattolica. Gli aspiranti devono essere in possesso, ordinariamente, di un diploma di scuola secondaria, che abiliti agli studi universitari. Per la formazione teologica la comunità diaconale si avvale dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose dell’Università Cattolica del S. Cuore, che prevede l’indirizzo ministeriale per i Diaconi permanenti. I candidati, anche coloro che, mancando del diploma di scuola superiore, venissero autorizzati a frequentare come uditori, sono tenuti a sostenere tutti gli esami del triennio, completandoli con la dissertazione scritta, e gli esami del biennio successivo, giungendo alla tesi finale. Coloro che possiedono il diploma di scuola media superiore conseguiranno in tal modo il diploma accademico di Magistero in Scienze Religiose. Casi particolari verranno contemplati dal Vescovo direttamente.

Formazione pastorale. La formazione dei diaconi, in quanto orientata a preparare ministri della Chiesa, ha già di per sé valore e carattere pastorale. Tuttavia, in senso stretto, si può indicare come formazione pastorale la cura destinata a far acquisire i princìpi, i metodi e le capacità operative concernenti l’esercizio del ministero diaconale, secondo la triplice articolazione della Catechesi, della Liturgia e della Carità e a far assumere un atteggiamento di piena comunione e di cordiale collaborazione col Vescovo, i presbiteri, i consacrati e i laici impegnati ecclesialmente, in sintonia col piano pastorale della diocesi.

A tal fine, il candidato dovrà:
- scegliere o accogliere fi n dall’inizio del cammino di formazione una determinata comunità parrocchiale in cui svolgere la sua preparazione;
- farsi accompagnare dal parroco nell’esercizio di alcuni compiti pastorali, compatibili con gli altri elementi della formazione e gli impegni di lavoro e famiglia;
- definire gradualmente, insieme con i responsabili della formazione, i settori privilegiati del suo servizio, qualificando la specificità della propria azione e maturando atteggiamenti e competenze necessarie per acquisire autorevolezza ed efficacia;
- inserirsi gradualmente nel piano organico della pastorale diocesana, conseguendo capacità di collaborazione con le altre componenti della parrocchia, con i diversi settori pastorali diocesani e con gli altri operatori pastorali;
- maturare una sensibilità veramente ecclesiale, stimando ed amando la Chiesa universale, la Chiesa diocesana e, in essa, le componenti e le relazioni a livello zonale e, dove esiste, di unità pastorale.
È possibile che, alla luce delle proprie attitudini e in risposta a sempre nuove esigenze parrocchiali, zonali e diocesane, i candidati siano indirizzati dai superiori ad una specializzazione in corrispondenza alla missione cui presumibilmente saranno chiamati. Si faciliterà in questo caso l’eventuale frequenza di corsi appropriati.

Responsabili della formazione. Come per la formazione di tutti i battezzati e degli altri ministri, è evidente che anche quella dei diaconi è compito di tutta la Chiesa. Inoltre, la fede scorge il primo protagonista nello Spirito Santo, che chiama, accompagna e plasma i cuori dei chiamati al diaconato, perché possano riconoscere la sua grazia e corrispondere generosamente. Nella formazione dei diaconi permanenti il primo segno e strumento dello Spirito di Cristo è il Vescovo, il quale si avvale di una commissione di responsabili da lui nominata (Commissione diocesana per la formazione dei diaconi permanenti).

Il discernimento vocazionale. La vocazione procede da Dio come avvenimento di grazia, che interpella la persona e insieme suppone e domanda un cammino di fede da parte di tutta la comunità diocesana e parrocchiale cui il chiamato appartiene. Contesto idoneo alle vocazioni al diaconato è, quindi, una Chiesa intenta a discernere le vie per le quali oggi il Signore la chiama a sostenere la responsabilità dell’evangelizzazione, a vivere e manifestare il mistero della comunione, a tradurre in opere e in istituzioni le sollecitudini della carità e i diversi servizi pastorali. In tale contesto, ordinariamente gli aspiranti al diaconato devono essere presentati dal proprio parroco, il quale si preoccuperà di usufruire delle opportune consultazioni, informandosi, quando occorra, anche presso i responsabili delle realtà ecclesiali alle quali gli aspiranti già appartengano e nelle quali operino. Negli aspiranti si devono riscontrare la ricchezza delle virtù teologali, lo spirito di preghiera, l’amore alla Chiesa e alla sua missione, il possesso delle virtù umane, quali l’equilibrio, la prudenza, il senso di responsabilità e la capacità di dialogo, come pure la salute fi sica e la disponibilità di tempo adeguati all’esercizio del ministero. In particolare, essi devono dimostrare di desiderare il diaconato non per interessi puramente personali, prestigio, onorabilità, né per progetti di singoli gruppi o movimenti e neppure primariamente per la propria realizzazione spirituale privata, ma per una chiamata a servire la Chiesa. L’aspirante al diaconato deve essere sollecitato ad un discernimento libero e consapevole della propria vocazione, in riferimento sia a ciò che il ministero diaconale è in se stesso, sia al significato che esso assume nella Chiesa particolare e nella situazione storica della Chiesa universale oggi. L’età minima per l’accettazione tra gli aspiranti al diaconato è, per i celibi, di anni 21; per i coniugati di anni 31. L’età massima di ammissione al cammino di formazione per il diaconato è di anni 55. Solo per motivazioni straordinarie, la Commissione può ammettere al cammino entro il compimento del 60° anno di età. L’ordinazione potrà avvenire solo dopo il compimento del venticinquesimo anno per i celibi e del trentacinquesimo anno per i coniugati. L’itinerario per l’ammissione fra i candidati al diaconato culmina nel Rito di ammissione celebrato in Cattedrale. Prima di esso si terrà lo scrutinio sia nella Commissione diaconale, sia nel Consiglio per l’ammissione ai ministeri e agli ordini sacri. Forniranno elementi per la conoscenza dei candidati i parroci, dopo aver consultato tanto i propri collaboratori, quanto il Consiglio pastorale parrocchiale ed i responsabili per la formazione. Al Vescovo spetta l’ultima decisione. Tale scrutinio si effettuerà anche per l’ammissione ai ministeri del Lettorato e dell’Accolitato e all’Ordinazione diaconale. Il giudizio di ammissione alle varie tappe del cammino dovrà essere sempre accompagnato dal parere scritto del parroco, nonché dalla dichiarazione del direttore spirituale circa la regolarità della frequenza alla direzione spirituale. In via generale dopo il secondo anno di formazione, gli aspiranti possono presentare domanda scritta di ammissione fra i candidati al diaconato. Dopo il terzo anno può essere conferito loro il ministero del Lettorato e dopo il quarto anno quello dell’Accolitato, sempre in seguito a domanda scritta. Al termine del quinto anno, i candidati possono presentare la domanda di Ordinazione. Il discernimento, che è comunitario e personalizzato, potrà stabilire tempi diversi per i singoli candidati. È bene che il cammino non si prolunghi oltre i dieci anni. I ministeri del Lettorato e dell’Accolitato vanno considerati come preziosa opportunità di intimo e personale legame con la Parola di Dio e con l’Eucaristia, come vero e proprio servizio delle due mense che nutrono sia la fede dei candidati al diaconato, sia la vita delle loro comunità. Tali ministeri non siano pertanto intesi come mera tappa verso l’Ordinazione diaconale, ma visti e vissuti come specifico servizio ecclesiale e come tirocinio personale in relazione alla Parola e all’Eucaristia. Circa i requisiti per i ministeri si tenga conto di quanto segue: Lettorato. Il ministro lettore, “sentendo la responsabilità dell’ufficio ricevuto, si adoperi in ogni modo e si valga dei mezzi opportuni per acquistare ogni giorno più pienamente il soave e vivo amore e la conoscenza della Sacra Scrittura, per divenire un più perfetto discepolo del Signore”. I compiti del ministro lettore attengono alla proclamazione della Parola di Dio nell’assemblea liturgica, al canto, alla preghiera universale, ma anche alla preparazione e alla formazione dei fedeli affinché il popolo di Dio partecipi alla celebrazione in modo pieno e profondo. L’efficacia di questo ministero sull’intera comunità e su di sé dipenderà dalla “meditazione assidua della Sacra Scrittura” da parte, anzitutto, del ministro lettore stesso, nonché dall’intensificarsi del suo amore per la liturgia e per la spiritualità che da essa naturalmente promana. Tutto questo sarà sostenuto dallo studio accurato e serio della Scrittura e dall’esercizio fedele della lectio divina. Accolitato. Il ministro accolito è al servizio dei ministri ordinati e della comunità. La sua competenza attiene alla celebrazione liturgica, soprattutto eucaristica, ed in particolare alla preparazione della mensa, alla distribuzione dell’Eucaristia all’assemblea radunata e agli infermi nelle case, alla purificazione dei vasi sacri e all’esposizione e reposizione del Santissimo Sacramento per la pubblica adorazione.

Le esperienze pastorali. Nel cammino formativo è lasciato uno spazio adeguato perché ogni candidato possa assumersi uno o più impegni pastorali, nella parrocchia o nella zona, in accordo con il Delegato per la comunità diaconale. Ciò mira a far crescere nel candidato la passione pastorale, ma anche a favorire in lui la coscienza e il sentimento del legame con la realtà ecclesiale che un giorno dovrà servire come diacono. Le esperienze, che possono spaziare nei diversi settori della pastorale e nelle unità pastorali, devono anche aiutare a discernere le inclinazioni e le competenze del candidato, in vista del servizio diaconale. In questa fase egli sarà accompagnato dal parroco e dal responsabile del settore o dell’ufficio pastorale presso cui svolge l’esperienza. Questo accompagnatore dovrà conferire con il Delegato vescovile e dare un parere scritto per contribuire a formulare il giudizio di idoneità all’ammissione, ai ministeri e al diaconato.

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Accolitato Marco Federici - 8 giugno 2025

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