Nato a Niardo nel 1844; morto a Bergamo nel 1890: le sue spoglie riposano ora nella chiesa parrocchiale di Berzo Inferiore. Ordinato dopo regolari studi nel Seminario diocesano, trascorso in diocesi un breve periodo di apostolato, entrò tra i Cappuccini. Peregrinò in vari conventi, ma fu soprattutto nella permanenza alla santissima Annunziata di Borno che trovò la sua strada verso la santità. Dimenticarsi e annullarsi nella preghiera prolungata, nell’assolvimento degli umili uffici di ministero e di quelli ancora più umili (es. la questua) assegnatigli dall’obbedienza: qui tutto il suo ideale e il cammino della sua santità. Molto venerato in tutta la Valle Camonica, venne beatificato il 12 novembre 1961. Il suo corpo è venerato nella chiesa parrocchiale di Berzo Inferiore.
Dal Comune dei pastori, con salmodia del giorno dal salterio.
Ufficio delle letture
Seconda lettura
Dai «Discorsi» del cardinale Giovanni Battista Montini (26 novembre 1961; G. B. Montini, Discorsi e scritti milanesi, II, Brescia 1997, 4753-4754)
Fisionomia di umiltà, di povertà, di rinuncia
Innocenzo da Berzo è veramente un umile frate. Era sacerdote prima o poi si è fatto religioso e sempre nella zona della sua Valle Camonica. È un santo schivo, ritroso, un santo che sfugge, piuttosto che tendere a manifestarsi, un santo che semplifica l’opera dello storico e dell’oratore.
E poi è difficile parlare di lui, perché gli elementi che compongono la sua vita e la sua santità sono le virtù cosiddette “negative”. Manca in essa lo splendore delle azioni e dei fatti, si caratterizza nel servire a tutti, nel non reagire mai.
Questa fisionomia di umiltà, di povertà, di rinuncia è splendida in Innocenzo da Berzo. Chi vuole davvero conoscerlo non ingrandisca altre virtù o altri aspetti, lo colga proprio nella sua genuina e, direi, voluta fisionomia, che è questa: del nascondimento, dell’umiltà. Noi moderni, che viviamo in una società che invece valorizza aspetti ben diversi della vita ci sentiamo quasi non familiari con lui, ci sentiamo confusi e viene in evidenza la sua distanza di statura, come un po’ diceva san Paolo scrivendo ai Corinzi: «Voi nobili, io ignobile; voi grandi, io piccolo; voi potenti, io debole». E vediamo che lo stesso confronto si fa un po’ con noi. Noi vantiamo tutti i nostri beni, quello che siamo, quello che vogliamo, quello che possiamo.
Noi siamo intenti sempre a magnificare, anzi a ricercare lo sviluppo della nostra personalità, l’affermazione del nostro volere, la capacità del nostro affermarsi nella vita, il possedere, l’esser forte. Di tutti questi beni, invece, Innocenzo ha fatto getto; li ha quasi disprezzati, senza gesti drammatici, ma con un continuo, uniforme atto di rinuncia, di distacco; non li ha mai voluti apprezzare, non li ha mai voluti per sé, e, quando sembrava che gli si avvicinassero, li ha respinti. Ha voluto vivere nella più letterale povertà, nel più reale nascondimento, nell’umiltà non detta, non predicata, ma vissuta, fatta propria, con la ricerca di quelle condizioni reali di lontananza dal mondo, di silenzio dell’opinione altrui, che veramente fanno l’uomo pieno di abnegazione e di sacrificio di sé. Questa è l’immagine che ci presenta di sé, all’aspetto fenomenico. Lo vediamo così, e restiamo, sì se volete, ammirati, ma anche un po’ sconcertati. Non c’è unità di misura tra noi e lui, non c’è capacità di facile simpatia, appunto perché camminiamo su due vie diverse: noi verso i valori così detti positivi e terreni, lui, invece, verso lo spogliamento di questi valori e verso altri a lui solo noti, che gli bastavano e che erano di soddisfazione più che ogni altra conquista.
Registriamo, fratelli miei, che qui abbiamo un vero francescano, abbiamo un vero figlio di quel prodigio di santità che dopo sette secoli ancora meraviglia il mondo: Francesco d’Assisi.
Proprio in questa arte di capovolgere le cose umane e di cercare diletto e soddisfazione in ciò che gli uomini invece temono, la povertà e la rinuncia ai beni di questa terra, troviamo una corrispondenza testuale, quasi fotografica, fra san Francesco e Innocenzo; e questa non è una piccola cosa; ci dice almeno che il beato Innocenzo entra davvero nel catalogo degli “autentici”, nel catalogo delle persone che hanno veramente seguito l’esempio del santo fondatore della famiglia francescana.
Responsorio
℞. L’amico di Dio ha fatto cose mirabili davanti a Dio; lo ha onorato con tutto il cuore: * interceda per i peccati degli uomini.
℣. Irreprensibile, vero adoratore di Dio, nemico di ogni colpa, perseverante nel bene,
℞. interceda per i peccati degli uomini.
Orazione
O Dio, che hai dato al beato Innocenzo [da Berzo] la grazia di seguire sino in fondo Cristo povero e umile, concedi anche a noi di vivere fedelmente la nostra vocazione, per giungere alla perfetta carità che ci hai proposto nel tuo Figlio. Egli è Dio.

