Sant’Anàtalo, vescovo

25 settembre, Memoria facoltativa

Secondo una leggenda, sant’Anátalo sarebbe stato consacrato vescovo di Milano e di Brescia da san Barnaba, e per questo sarebbe stato fondatore delle due Chiese. Al di là dell’aspetto leggendario, resta il fatto che la Chiesa bresciana è storicamente la più antica suffraganea della Chiesa milanese. L’introduzione del culto di sant’Anátalo a Brescia, come primo vescovo di Milano e di Brescia, potrebbe essere fatta risalire all’epoca dell’episcopato di Landolfo II (1004-5/1030), fratello dell’arcivescovo di Milano Arnolfo II, allo scopo di rafforzare il legame tra le due Diocesi. In ogni caso le più antiche liste dei vescovi bresciani non lo ricordano come primo vescovo. Il primo documento che indica un culto per sant’Anátalo a Brescia è un calendario liturgico della Cattedrale datato 1346. Nel 1472 le reliquie, prodigiosamente ritrovate nella chiesa di S. Fiorano sui Ronchi, sarebbero state traslate in Duomo vecchio e nel 1791 nel nuovo Duomo, ove tuttora si venerano.

Dal Comune dei pastori, con salmodia del giorno dal salterio.

Ufficio delle letture

Seconda lettura

Dall’«Omelia per l’ordinazione di nuovi Vescovi», di San Paolo VI, papa (Insegnamenti di Paolo VI, 29 giugno 1973, Tipografia Poliglotta Vaticana, pp. 668-673)

Nella persona del vescovo è presente lo stesso Gesù Cristo

Nella persona del vescovo, circondato dai suoi presbiteri, è presente in mezzo a voi lo stesso Gesù Cristo, nostro Signore, costituito pontefice in eterno. È lui, infatti, che, nel ministero del vescovo, non cessa di predicare il Vangelo e di dispensare ai credenti i misteri della fede. È lui che, mediante il carisma paterno del vescovo, aggiunge e aggrega nuove membra al suo corpo. È lui che, con la sapienza pastorale del vescovo, vi conduce durante il pellegrinaggio terreno verso la beatitudine eterna.
Accogliete, pertanto, con animo grato e festoso i nostri fratelli che noi vescovi, mediante l’imposizione delle mani, chiamiamo a far parte del nostro collegio episcopale. Onorateli come ministri di Cristo e dispensatori dei misteri di Dio, perché ad essi è affidata la testimonianza del Vangelo di verità ed il ministero della santificazione. Ricordatevi delle parole di Cristo, che dice ai suoi Apostoli: «Chi ascolta voi, ascolta me, e chi disprezza voi, disprezza me. Ma chi disprezza me, disprezza colui che mi ha mandato». Queste sono le parole che la Chiesa propone alla meditazione dei fedeli, del clero e dei nuovi eletti all’ordine episcopale. Rimangano esse scolpite nella nostra memoria. Esse sono una sintesi densa e preziosa del mistero sacramentale, che stiamo celebrando; esse ci riportano all’istituzione divina della gerarchia apostolica, facendoci risalire alla sua sorgente stessa nella Santissima Trinità: Dio, il Padre, genera in se stesso e manda nel mondo il Verbo, Figlio di Dio fatto uomo, Gesù Cristo; il quale proclamerà la linea sovrana dell’economia della nostra salvezza: «Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi» (Gv 20, 21; cfr. 6, 57; 7, 29; 17, 18).
Questa derivazione dell’episcopato dalla profondità della vita divina, e dalla storicità del disegno di Cristo, disegno che si compie nella missione dello Spirito Santo (cfr. Gv 16, 7; cfr. 14, 16, 26), fa del Padre il principio unico e sommo e il capo di Cristo stesso (cfr. 1Cor 11, 3); fa di Cristo il capo della Chiesa (cfr. Ef 5, 23), e fa del vescovo, continuatore e rappresentante di Cristo, il maestro, il sacerdote, il pastore del Popolo di Dio, la Chiesa, Corpo mistico di Cristo. Non avremo mai abbastanza studiato e contemplato questa suprema teologia, che ci riguarda ormai personalmente, e che ora noi non solo stiamo enunciando, ma compiendo. Ora è da notare che nessuna chiamata è così esigente come questa. Essa domanda tutto al seguace del Signore (cfr. Mt 4, 20; 10, 37; Lc 5, 11, 28). Essa domanda per sempre (cfr. Gv 6, 67). Essa, sebbene fin d’ora sia tanto prodiga di beatitudine, non promette nulla in questo mondo, eccetto il sacrificio di sé (Mt 10, 38; Gv 12, 24 ss.), e l’impopolarità e l’avversione degli uomini (Mt 5, 11; Gv 16, 20; 21, 18). Essa non porta con sé soltanto la partecipazione allo stato sacerdotale di Cristo, ma la partecipazione altresì al suo sacrificio, al suo stato di vittima. Egli vuole da noi un dono totale della nostra vita, una partecipazione senza riserve alla sua passione (Col 1, 24; Gal 6, 2). Uno stile di dedizione (cfr. Gv 13, 16 ss.) e di coraggio per tutta la vita (Lc 12, 32; Mt 10, 28; etc.): così è il programma offerto da Cristo, specialmente ai suoi immediati discepoli e apostoli. Ma questo è il programma della salvezza, per noi e per il mondo alla cui salute noi siamo destinati. Il mondo si salva così, mediante la Croce e mediante la nostra partecipazione al sacrificio della Croce.

Responsorio – Cfr. At 20, 28; 1Cor 4, 2

℞. Vegliate su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti come custodi, * per essere pastori della Chiesa di Dio, che si è acquistata con il sangue del proprio Figlio.
℣. Agli amministratori si richiede di essere fedeli,
℞. per essere pastori della Chiesa di Dio, che si è acquistata con il sangue del proprio Figlio.

Orazione

Dio onnipotente ed eterno, che hai chiamato il santo vescovo Anàtalo a presiedere il tuo popolo, per la sua intercessione dona a noi la grazia della tua misericordia. Per il nostro Signore.