Beato Mosè Tovini, presbitero

9 giugno, Memoria facoltativa

Nasce a Cividate Camuno il 27 dicembre 1877, primo di otto fratelli. Padrino di Battesimo è lo zio, l’avvocato Giuseppe Tovini, beato. Il 9 giugno 1900, a 22 anni, Mosè Tovini è ordinato presbitero nella chiesa cattedrale di Brescia, della quale più tardi diventerà canonico. Il vescovo lo destina agli studi a Roma, dove si specializza in matematica, filosofia e teologia. Dal novembre del 1904 fino alla morte fu professore in Seminario. Nel 1905 entra nella Congregazione dei Sacerdoti Oblati. Il suo stile era fatto di puntualità, preparazione seria, chiarezza, discrezione, obbedienza assoluta alle direttive della Chiesa, del papa, del vescovo. La sua vita fu caratterizzata dall’umiltà e dalla mitezza. Nel 1926 fu nominato rettore del Seminario; si presentò ai chierici parlando dei tre candori che devono riempire il cuore del candidato al sacerdozio: l’Eucaristia, la Vergine Immacolata e il Papa. Morì il 28 gennaio 1930. È stato beatificato a Brescia il 17 settembre 2006. Il suo corpo è venerato nella chiesa parrocchiale di Cividate Camuno.

Dal Comune dei pastori, con salmodia del giorno dal salterio.

Ufficio delle letture

Seconda lettura

Dalla prefazione alla biografia del beato Mosè Tovini di mons. Giovanni Battista Montini, poi san Paolo VI, papa (A. Bertoni, Mons. Mosè Tovini, fulgida gemma del clero bresciano, Brescia 1956, VII-X)

Un buon sacerdote, veramente

Mosè Tovini fu un sacerdote di grande valore. È bene che sia ricordato. È vero che la Chiesa bresciana ha avuto in questi ultimi tempi una schiera numerosa e luminosa di sacerdoti, che tutti meriterebbero devota rimembranza. Tutti ottimi, tutti veramente grandi, tutti ormai quasi nascosti al ricordo della presente generazione. Qualcuno emerge; è consolante vedere fra questi la figura buona e saggia di Mosè Tovini. «L’ombra sua torna ch’era dipartita». Dipartita dalla scena della vita vissuta e perciò dalla conoscenza dei giovani, non dalla memoria di chi ebbe la fortuna di avvicinarlo. Anch’io fui tra questi; e solo rimpiango di non aver goduto che poco della sua conversazione. Devo però a lui la mia prima iniziazione alla filosofia scolastica e alla teologia; e ne serbo riconoscente ricordo. Pio, dotto, zelante; e si potrebbero aggiungere, a profusione, tanti altri aggettivi: affabile, umile, sereno, fine, generoso, paziente, leale… in quo dolus non est. Un sacerdote completo, come si deve. Aveva, sì, qualità singolari; un forte impegno speculativo lo distingueva certamente dal comune; una bontà, velata di candore e di timidezza, in lui non si smentiva mai; ma tutto in lui era così modesto e raccolto, che, per apprezzarlo per quanto valeva, bisognava avvicinarlo e conoscerlo bene. E dopo averlo conosciuto ed apprezzato, l’elogio sarà una conferma non tanto alla singolarità delle sue virtù, quanto piuttosto all’equilibrio di esse, all’armonia, all’insieme di quelle doti, naturali ed acquisite, che fanno del sacerdote l’uomo più raro ed insieme l’uomo più comune; l’uomo relativamente perfetto da ammirarsi, ed insieme a tutti accessibile da imitarsi. È stato detto che nel mondo c’è bisogno di uomini buoni, forse ancora di più che di uomini grandi; e questo è pur vero anche nel campo ecclesiastico, dove vorremmo che la bontà, la perfezione, la santità fosse di tutti; e piacerebbe perciò che, pur alimentandosi alla luce delle anime eccezionali ed aspirando sempre ai carismata meliora, la figura del sacerdote si distinguesse per l’edificante armonia del suo essere e del suo agire. Sembra misura codesta; e, applicata al sacerdote, mediocre misura per lui, la cui sapienza dev’essere il mistero, la cui aspirazione l’infinito e la cui prudenza la carità. Ma mediocre misura non è. È ordine. È governo di sé, prima dote per un benefico governo degli altri. È legge di Dio, divenuta legge personale. È ascesi vittoriosa, nella pace, nella bellezza spirituale. È pazienza, fedeltà, umiltà come un prete deve avere.
È capacità di ascoltare, è volontà di insegnare, è perseveranza di sopportare. È arte di trovare sempre nuovo ciò che è divino, sempre interessante ciò che è umano. È sintesi di poesia e di prosa, voglio dire di preghiera e di sofferenza, di silenzio e di parola, di vita interiore e di apostolato. È occhio puro e tranquillo per guardare la profondità del cielo. Perché così ha da essere la vita del prete: una vita estremamente ordinata, perché soggetta a regole innumerevoli e ad esigenze che non transigono; ma proprio per questo aperta alla conversazione con Dio e all’assistenza del prossimo. Il passo è cauto, perché si muove sugli abissi: la Messa, il Breviario, l’amministrazione della grazia e della verità, l’edificazione della Chiesa, l’amicizia col dolore, il colloquio con l’aldilà. «Cominciare la giornata con la celebrazione della Messa – mi ricordo che monsignor Tovini ebbe a dirmi una volta – è una gioia, una grande gioia; poiché le altre ore della giornata sono spesso ben altra cosa». Ecco: l’uomo di Dio sa vivere in interiorità il programma sacerdotale comune, che a torto chiameremmo ordinario, perché mai ordinario non è. Egli aveva la capacità di scoprire le ricchezze spirituali d’un piano di vita volutamente contenuto nel disegno più modesto, dell’obbedienza, dell’oblazione, dell’abnegazione.
E fu, a mio avviso, questa capacità che lo rese esemplare, che lo fece maestro; ed ora lo fa modello, degno di ricordo e di imitazione. Scoprire e rivelare, quasi a sua insaputa: erano fuggevoli espressioni d’entusiasmo che gli montavano alle labbra spiegando aride tesi dottrinali, erano cadenze salmodiche che gli scorrevano dalla penna nelle ore commosse d’una vita piena di affetti e di prove. Un buon sacerdote. Veramente. Come vorremmo esserlo quanti abbiamo ricevuto questo santo e tremendo nome.

Responsorio – 1Cor 4, 1-2; Prov 20, 6

℞. Ognuno ci consideri come servi di Cristo e amministratori dei misteri di Dio. * A chi amministra, si chiede di essere fedele (T.P. Alleluia).
℣. Molti proclamano la propria bontà, ma una persona fidata chi la trova? * A chi amministra, di chiede di essere fedele (T.P. Alleluia).

Orazione

Dio onnipotente ed eterno, che nel beato Mosè [Tovini], hai dato alla tua Chiesa un sacerdote insigne per umiltà e mitezza, concedi anche a noi, per sua intercessione, di perseverare ogni giorno nella santità, per divenire partecipi con lui della gloria del cielo. Per il nostro Signore.