San Paolo VI, Papa

29 maggio, Memoria

Giovanni Battista Montini, nato a Concesio (Brescia) il 26 settembre 1897 in una famiglia profondamente cristiana e impegnata nell’ambito sociale, fu ordinato presbitero il 29 maggio 1920. Prestò servizio alla Sede Apostolica e si dedicò alla formazione dei giovani universitari. Nel 1954 venne nominato arcivescovo di Milano. Eletto Sommo Pontefice il 21 giugno 1963, con grande sapienza condusse a termine il Concilio Ecumenico Vaticano II. Promosse la riforma della vita della Chiesa, in modo particolare della liturgia, il dialogo ecumenico e l’annuncio del Vangelo nel mondo contemporaneo, promovendo un’immagine di Chiesa «esperta in umanità», chiamata a diffondere la «civiltà dell’amore» inaugurata da Cristo. Morì il 6 agosto 1978.

Dal Comune dei pastori.

Ufficio delle letture

Seconda lettura

Dall’Omelia in occasione della conclusione del Concilio Ecumenico Vaticano II (7 dicembre 1965, AAS 58 [1966], pp. 51-59)

Per conoscere Dio bisogna conoscere l’uomo

La concezione teocentrica e teologica dell’uomo e dell’universo, quasi sfidando l’accusa d’anacronismo e di estraneità, si è sollevata con questo Concilio in mezzo all’umanità, con delle pretese, che il giudizio del mondo qualificherà dapprima come folli, poi, noi lo speriamo, vorrà riconoscere come veramente umane, come sagge, come salutari; e cioè che Dio è. Sì, è reale, è vivo, è personale, è provvido, è infinitamente buono; anzi, non solo buono in sé, ma buono immensamente altresì per noi, nostro creatore, nostra verità, nostra felicità, a tal punto che quello sforzo di fissare in lui lo sguardo e il cuore, che diciamo contemplazione, diventa l’atto più alto e più pieno dello spirito, l’atto che ancor oggi può e deve gerarchizzare l’immensa piramide dell’attività umana. La Chiesa del Concilio, sì, si è assai occupata, oltre che di se stessa e del rapporto che a Dio la unisce, dell’uomo, dell’uomo quale oggi in realtà si presenta: l’uomo vivo, l’uomo tutto occupato di sé, l’uomo che si fa soltanto centro d’ogni interesse, ma osa dirsi principio e ragione d’ogni realtà. Tutto l’uomo fenomenico, cioè rivestito degli abiti delle sue innumerevoli apparenze, si è quasi drizzato davanti al consesso dei Padri conciliari, essi pure uomini, tutti Pastori e fratelli, attenti e perciò amorosi: l’uomo tragico dei suoi propri drammi, l’uomo superuomo di ieri e di oggi e perciò sempre fragile e falso, egoista e feroce; poi l’uomo infelice di sé, che ride e che piange; l’uomo versatile pronto a recitare qualsiasi parte, e l’uomo rigido cultore della sola realtà scientifica, e l’uomo com’è, che pensa, che ama, che lavora, che sempre attende qualcosa; e l’uomo sacro per l’innocenza della sua infanzia, per il mistero della sua povertà, per la pietà del suo dolore; l’uomo individualista e l’uomo sociale; l’uomo ammiratore del passato e l’uomo sognatore dell’avvenire; l’uomo peccatore e l’uomo santo; e così via. L’umanesimo laico profano alla fine è apparso nella sua terribile statura ed ha, in un certo senso, sfidato il Concilio. La religione del Dio che si è fatto Uomo s’è incontrata con la religione – perché tale è – dell’uomo che si fa Dio. Che cosa è avvenuto? Uno scontro, una lotta, un anatema? Poteva essere; ma non è avvenuto. L’antica storia del Samaritano è stata il paradigma della spiritualità del Concilio. Una simpatia immensa lo ha tutto pervaso. La scoperta dei bisogni umani – e tanto maggiori sono, quanto più grande si fa il figlio della terra – ha assorbito l’attenzione del nostro Sinodo. Dategli merito di questo almeno, voi umanisti moderni, rinunciatari alla trascendenza delle cose supreme, e riconoscerete il nostro nuovo umanesimo: anche noi, noi più di tutti, siamo i cultori dell’uomo. La religione cattolica e la vita umana riaffermano così la loro alleanza, la loro convergenza in una sola umana realtà: la religione cattolica è per l’umanità; in un certo senso, essa è la vita dell’umanità. Che se noi ricordiamo come nel volto d’ogni uomo, specialmente se reso trasparente dalle sue lacrime e dai suoi dolori, possiamo e dobbiamo ravvisare il volto di Cristo (cfr. Mt 25, 40), il Figlio dell’uomo e se nel volto di Cristo possiamo e dobbiamo poi ravvisare il volto del Padre celeste: «chi vede me, disse Gesù, vede anche il Padre» (Gv 14, 9), il nostro umanesimo si fa cristianesimo, e il nostro cristianesimo si fa teocentrico; tanto che possiamo altresì enunciare: per conoscere Dio bisogna conoscere l’uomo. Amare l’uomo, diciamo, non come strumento, ma come primo termine verso il supremo termine trascendente, principio e ragione d’ogni amore.

Responsorio – Mt 16, 18; Sal 48 (47), 9

℞. Gesù disse a Simone: Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa, * e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa (T.P. Alleluia).
℣. Dio l’ha fondata per sempre: * e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa (T.P. Alleluia).

Lodi mattutine

Ant. al Ben. Guardiamo a Cristo, Verbo incarnato, Figlio Eterno di Dio,
e offriamogli la nostra ferma fede, la nostra serena speranza,
il nostro incondizionato amore (T.P. Alleluia).

Orazione

O Dio, che hai affidato la tua Chiesa alla guida del papa san Paolo VI, coraggioso apostolo del Vangelo del tuo Figlio, fa’ che, illuminati dai suoi insegnamenti, possiamo cooperare con te per dilatare nel mondo la civiltà dell’amore. Per il nostro Signore.

Vespri

Ant. al Magn. O Cristo, tu la verità! Tu l’amore! Tu la salvezza! Tu la gioia!
Tu sei dove la Chiesa, tuo sacramento, ti annuncia e ti porta. (T.P. Alleluia).