Celebriamo con gioia la solennità del Corpus Domini. È la grande festa che conclude l’anno liturgico e che ci invita a contemplare il mistero della presenza reale del Signore, sotto i segni del pane e del vino. Nella loro semplicità, questi semplici elementi della nostra vita ordinaria rendono costantemente attiva per noi l’opera della redenzione.
Il Signore nostro Gesù Cristo ci ha fatto dono dell’Eucaristia durante un banchetto. Nell’ultima sua cena i suoi discepoli sono con lui. Egli aveva tanto desiderato stare con loro prima di avviarsi verso la sua passione. Sono riuniti con lui e lo sono grazie a lui. È lui che li tiene uniti. Li aveva chiamati personalmente, lo hanno seguito e ora con lui condividono questo ultimo momento. Da lui ricevono il pane che è il suo corpo e il calice che sancisce la Nuova Alleanza nel suo sangue. Gesù dice loro: “Prendete e mangiatene tutti”, e ancora: “Prendete e bevetene tutti”. Tutti ricevono da lui quanto egli dona. Quel pane spezzato, che è la sua vita offerta per loro, li unirà per sempre a lui e tra di loro. E ogni volta che quel gesto sarà ripetuto in sua memoria, quanti lo compiono saranno, nel suo nome, in comunione tra loro. Lo dice bene san Paolo: “Il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo? Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane 1Cor 10,16-17).
Davvero l’Eucaristia è principio della comunione dei credenti, ne è il fondamento, la sorgente. Noi che celebriamo l’Eucaristia, che la adoriamo, che la portiamo per le strade della nostra città, siamo un corpo solo, siamo chiamati ad esserlo e a testimoniarlo, siamo persone che conoscono la gioia di stare insieme. Lo Spirito santo, che fa del pane e del vino offerti sull’altare il corpo e sangue del Signore, fa di noi la Chiesa in comunione. Così il mondo ci deve vedere, come persone che vivono nella concordia, che cioè – come dice la parola stessa – hanno lo stesso cuore, gli stessi sentimenti, gli stessi pensieri, lo stesso sguardo sul mondo. È quanto raccomanda san Paolo: “Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù”, e ancora: “Abbiate gli stessi sentimenti gli uni verso gli altri” (Rom 12,16). I sentimenti di Cristo si riconducono alla carità, al suo amore misericordioso per l’umanità. Quanti formano la sua Chiesa e sono uniti in lui come i tralci alla vite, saranno ambasciatori del suo Regno anzitutto vivendo in comunione tra loro.
Comunione è anzitutto accoglienza reciproca, riconoscimento della dignità di ciascuno, rispetto e gentilezza nel modo di rapportarsi, incrocio di sguardi che rivela a ciascuno il volto dell’altro con tutto il suo valore. Chi vive in comunione non teme le differenze, vince quel sospetto e quel senso di estraneità che creano separazione e distanza. Non cede mai alla tentazione del pregiudizio. La comunione trova la sua espressione più vera nella fraternità, che è il vero nome della pace: “Ogni comunità diventi una casa della pace – ha raccomandato papa Leone a noi vescovi italiani accolti in udienza pochi giorni fa – una casa della pace dove si impara a disinnescare l’ostilità attraverso il dialogo”.
L’unione dei cuori genera poi la solidarietà, il desiderio di rallegrarsi con chi è nella gioia e di soffrire con chi è nel pianto, di non vedere nessuno bisognoso, di soccorrere ciascuno nelle sue fragilità. Un cuore ripiegato su di sé diventa freddo e si perde nel deserto della solitudine. L’apertura all’altro e la condivisione del suo desiderio di vita ritorna a beneficio di chi ha il coraggio di farne la regola del proprio agire.
A chi appartiene alla sua Chiesa e celebra con gioia l’Eucaristia, il Signore raccomanda poi la fiducia reciproca. Gareggiare nello stimarsi a vicenda è una delle caratteristiche più attraenti dello stile di vita di una comunità cristiana. L’invidia e la gelosia sono i grandi nemici della comunione anche tra i discepoli del Signore. Dalla concordia si passa allora alla discordia, si diventa nemici gli uni di altri e si cade così nella logica del mondo, che fa dell’orgoglio il suo principio ispiratore. Per questo è tanto importante coltivare l’umiltà: “Chi vuole diventare grande tra voi – aveva detto il Signore ai suoi discepoli – sarà vostro servitore (Mt 20,26)”. E san Paolo raccomanda ai suoi fratelli nella fede: “Non stimatevi sapienti da voi stessi … Non nutrite desideri di grandezza, volgetevi piuttosto a ciò che è umile” (Rm 12,9.16). L’umiltà pacifica le relazioni, porta con sé la mitezza e la pazienza e rende possibile ciò che il mondo ritiene impossibile, cioè il perdono. Amare anche i propri nemici è il miracolo che solo l’amore di Cristo è in grado di realizzare. Di questo amore l’Eucaristia è la perenne sorgente.
La comunione tra credenti, infine, è condivisione della gioia che viene dalla fede. Nel Libro degli Atti degli Apostoli si dice della prima comunità che “spezzando il pane nelle case, prendevano il cibo con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo” (At 2,26-47). L’Eucaristia allora si celebrava nelle case e la comunione che si condivideva procurava grande gioia ai credenti e sincera stima ai non credenti. Una vita felice, coraggiosa nel custodire la serenità anche nelle prove, diventa la migliore testimonianza anche per il mondo di oggi. Ma la gioia della fede è una gioia condivisa, è la gioia di chi insieme celebra e adora l’Eucaristia, riconoscendovi l’anima stessa della Chiesa e della sua missione. Sentirci felicemente uniti nel nome del Signore e presentarci così al mondo, renderà ragione della nostra speranza.
Di questa comunione oggi abbiamo particolarmente bisogno, comunione nelle comunità cristiane e comunione tra comunità cristiane. Ci conceda il Signore di camminare nella direzione di una sempre maggiore unità, per la potenza del suo Spirito che opera nei nostri cuori. La Beata Vergine Maria, madre di Dio e della Chiesa, ci accompagni nel nostro cammino e interceda per noi.
+ Pierantonio Tremolada
