Carissimi candidati, siamo felici di condividere con voi questo momento, che segna profondamente la vostra vita ed è per voi, e anche per tutti noi, un evento di grazia. Oggi ricevete con il rito solenne dell’ordinazione la grazia del Diaconato che vi costituisce ministri nella Chiesa del Signore. Noi ci stringiamo intorno a voi, ai vostri cari a cui va tutto il nostro affetto e la nostra gratitudine. La nostra Chiesa diocesana, con i sacerdoti – particolarmente quelli qui presenti che vi hanno conosciuto e accompagnato – e con le comunità che per vari motivi vi sono legate, insieme alla Congregazione dei figli spirituali di San Giovanni Piamarta, eleva al Signore la sua lode per questa vostra libera scelta che riceve oggi il suo sigillo sacramentale.
Vogliamo porci all’ascolto della Parola di Dio, quella Parola che voi avete scelto, quella che abbiamo ascoltato. L’avete scelta pensando a questo momento e queste letture vengono ora offerte anche alla nostra meditazione. Che cosa ci dicono? Vorrei partire dalla parola di Gesù che si rivolge ai suoi discepoli e dice loro «Voi siete il sale della terra»: il sale, ciò che dà sapore; poi dice «Voi siete la luce del mondo». Ecco io vorrei fermarmi in particolare su questa frase: «Voi siete la luce del mondo». Voi miei discepoli, dice il Signore – quindi anche noi tutti, noi che crediamo in lui -, siete la luce del mondo. Poi Gesù continua e dice: «Non può restare nascosta una città che sta sopra un monte la si vede subito da lontano -, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti a tutti gli uomini» (Mt 5,13-16).
Che cosa significherà questa luce? Come si fa a risplendere di luce davanti agli uomini? Gesù lo spiega e dice: «… perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli» (Mt 5,16). Ecco in che modo si diventa luce nel nome del Signore: attraverso le opere buone, il bene compiuto e, tutto questo, in realtà, è stato già attuato da Gesù stesso.
Questo ce lo dice la prima lettura, che abbiamo ascoltato, dove San Pietro, entrato nella casa del centurione Cornelio, un romano, quindi non appartenente al popolo di Israele, sente il bisogno di annunciare il Vangelo della salvezza nella persona di Gesù. Parla di lui e dice: «Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando…» (At 10,38), cioè facendo del bene. Ecco, queste buone opere che il Signore ci chiede di fare, in realtà le ha compiute prima lui. È un po’ come se ci dicesse: «Vedete di fare un po’ come ho fatto io, passate tra la gente facendo del bene».
Cosa ha fatto il Signore di bene quando era in mezzo a noi? Molte cose! Ricordate tutti i suoi miracoli che alla fine, se ci pensiamo, erano fondamentalmente delle guarigioni. Il bene fatto ha come effetto la vita che rifiorisce, il cieco che ricomincia a vedere, lo zoppo che comincia a camminare, il sordo che comincia a udire, le folle affamate, affezionate a lui che ricevono un pane in una maniera incredibile, perché da cinque pani che gli vengono offerti il Signore diventa capace di sfamare cinquemila persone. San Pietro ricorda che il bene fatto da Gesù aveva queste due caratteristiche: era per tutti, passò facendo del bene a tutti senza distinzioni; ed era un bene che veniva destinato in particolare a chi, in qualche modo, vedeva compromessa la sua vita: agli ultimi, ai piccoli, ai più fragili, a chi per qualche ragione si sentiva schiavo del mondo o anche di se stesso.
Le sue opere buone si rivolgevano in particolare a chi era nel bisogno. Ecco già qui, cari candidati, una bella lezione di vita. La luce di cui parla il Signore è una luce che si manifesta nelle buone opere che si compiono o, più precisamente, nelle opere di bene, in quelle opere dove risplende il bene. Credo che oggi ci sia un gran bisogno di quelle opere dove risplenda il bene, il bene che contrasta il male, che non lo accetta, non lo tollera, lo denuncia e lo vince attraverso una testimonianza decisamente positiva.
C’è poi un’altra cosa che vorrei dire in ordine alla luce e la possiamo ricavare dalla seconda lettura. San Paolo, scrivendo ai cristiani di Corinto, così si esprime, pensando al suo compito di apostolo: «Dio, che disse: “Rifulga la luce dalle tenebre”, rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria di Dio sul volto di Cristo». La luce che da lui si irradiò sul monte della trasfigurazione, la luce della vita, del verbo di Dio che venne in mezzo a noi, questa luce può splendere in voi e deve splendere in voi.
Ecco, questa luce – dice sempre San Paolo – è una luce riflessa, non viene da noi, è la luce del volto di Cristo che traspare in noi. Perciò dobbiamo intendere che questa luce ha una radice interiore. Certo, si manifesta nelle opere, ma quando una persona fa il bene o fa del bene, la domanda che ci viene è «da dove arriva tutto questo?». E magari in altre circostanze sarebbe forse più facile far del male, fare i propri conti e dire «ma che cosa ne ricavo?», «qual è l’interesse che me ne viene?». A volte il bene è una scelta che non ti ritorna indietro positivamente. A volte il bene deve essere gratuito, non deve avere la pretesa di un riscontro, di una ricompensa; perciò quella luce che traspare dalle opere di bene, deriva da un cuore buono, da un cuore che è stato visitato dalla grazia di Dio, che è stato illuminato dal sorriso del Cristo Redentore.
Ecco, cari candidati, questo è quello che io vi auguro: di essere luce, di esserlo attraverso le opere buone che compite. Alla fine il bene è molto semplice. Bisogna semplicemente provare a immaginare la vita nella sua bellezza, perché oggi la vita è offesa in tanti modi, forse anche un po’ tradita nella sua verità, nella sua piena espressione. Siamo un po’ tutti condizionati da ciò che proviamo dentro di noi e alle volte fatichiamo a leggere e pure ad accettare le opere buone che nascono dal cuore buono.
Vi dia il Signore, anche in forza di questa ordinazione che ricevete, la grazia di avere un cuore buono che compie opere buone. Questo sarà il vostro modo di servire la Chiesa e il mondo perché, credo lo sappiate, la parola diacono vuol dire: colui che si mette al servizio, colui che serve gli altri, colui che accetta la regola che il Signore ci ha dato: “Vi è più gioia nel dare che nel ricevere” (At 20,35), mai dimenticando che Cristo «non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mc 10,45).
Il Signore vi accompagni in questo vostro cammino che poi, se egli vorrà, vi condurrà al presbiterato. Però non dimenticate che il diaconato non si cancella più, diventerete preti, ma sarete sempre diaconi. Il Signore sembra dirvi: «Anche quando sarai pastore, ricordati che dovrai servire, non devi farti servire, non devi pensare all’autorità come un modo per comandare sugli altri, devi inchinarti sempre davanti a loro, lavando i piedi come ho fatto io con i miei discepoli».
Sia così, cari candidati: sarete un dono prezioso – comunque lo siete! – per la nostra Chiesa.
+ Pierantonio Tremolada
