Viviamo con profonda gratitudine questo momento di grazia. Nella celebrazione liturgica del sacramento dell’ordine, questi nostri quattro fratelli saranno costituiti per la potenza dello Spirito Santo, ministri della Chiesa. Segno vivente del Cristo venuto non per essere servito, ma per servire e dare la propria vita, in riscatto per tutti. Questo è il senso del termine diacono, colui che serve nel nome del Signore.
Abbiamo ascoltato nel brano del Vangelo di Matteo, che la liturgia ci propone per questa celebrazione, la parola stessa di Gesù. Egli si rivolge ai suoi discepoli dicendo, la messe è abbondante, ma sono pochi gli operai. Pregate dunque il padrone della messe, perché mandi operai nella sua messe. Voi cari candidati siete questi operai e la messa di cui il Signore parla è il mondo, l’umanità intera. Che è rappresentata in quel momento in cui Gesù parla dalla folla che lo circonda, tanta gente. Certo, tutti siamo operai della messe, che è il mondo, lo siamo in forza del nostro battesimo, ma voi da oggi lo sarete in un modo singolare, in forza di questa stessa ordinazione che state per ricevere.
San Paolo ci ha spiegato, nella seconda lettura che abbiamo ascoltato, che vi sono doni diversi nella Chiesa secondo la grazia data a ciascuno. A voi, cari candidati, viene oggi data una grazia particolare, la grazia di un ministero che d’ora in avanti vi qualificherà. Non è qualcosa che si aggiunge, ma qualcosa che vi costituisce, che vi dà una particolare identità, sarete diaconi del Signore Gesù nella sua Chiesa per la salvezza dell’intera umanità. Siete chiamati dunque ad essere in quella che è la messe del Signore, servitori fedeli che nulla domandano per sé, ma che fanno dell’amore per il prossimo e della cura per la vita di tutti, in particolare dei più deboli, la loro regola di vita. Guardando voi, tutti noi nella Chiesa, anche io Vescovo, anche i presbiteri, ma tutti noi che siamo stati battezzati, saremo aiutati a non dimenticare mai che nella vita si serve e non si viene serviti. Ci si mette al servizio degli altri e non si approfitta di loro. Si fa del bene della vita di tutti, il fine, l’obiettivo del proprio impegno, della propria vita.
A voi è chiesto, dunque di assumere anzitutto lo sguardo di Gesù. Il Vangelo di Matteo, che abbiamo ascoltato, ci ricorda un episodio della vita di Gesù. Prima di istituire i dodici, di sceglierli nel gruppo dei discepoli che era più vasto, Gesù è come commosso davanti alle folle che continuamente lo seguono, sono tantissimi, dice il Vangelo, vedendo le folle, ne sentì compassione perché erano stanche e affaticate come pecore che non hanno pastore. Il desiderio che non manchino gli operai per la messe deriva da questo interiore sentimento di Gesù nel guardare le folle, un sentimento di affetto, una sorta di commozione interiore di fronte a tanta gente, a quella folla che in realtà rappresenta l’umanità intera. Le folle sono stanche e sfinite, dice l’evangelista, perché vagano senza pastore. Quando si continua a camminare senza sapere dove andare, alla fine ci si stanca, le forze vengono meno. Queste pecore non sanno dove trovare pascolo per nutrirsi, acqua per dissetarsi, sono esposte alle intemperie, non hanno riparo e sono anche esposte agli attacchi dei predatori. Non c’è più il pastore, ognuno va per suo conto ebbene, cari candidati, a voi è chiesto di avere lo stesso sguardo di Gesù, quello sguardo che lui aveva sulla folla, voi dovete averlo su tutti coloro che, in qualche modo, intercettano la vostra vita, incrociano la vostra strada a cominciare da quelli più vicini, la vostra famiglia. Lo sguardo del Signore è uno sguardo carico di affetto e di benevolenza, uno sguardo mite. Si è servitori di Cristo, come ci insegna San Paolo, se si ha il suo stesso modo di sentire, la sua passione per il bene di tutti, dietro lo sguardo c’è il cuore. Dietro il vedere c’è un sentire. Il modo di guardare le persone dipende molto da ciò che si ha dentro e lo si percepisce subito. C’è lo sguardo cattivo e c’è lo sguardo buono, lo diceva Gesù stesso, il tuo occhio rivela il tuo cuore. Il diacono deve essere una persona il cui sguardo è simile allo sguardo di Gesù quando si rivolge alle folle. Uno sguardo benevolo, uno sguardo mite, in una parola, uno sguardo capace di lasciar trasparire la misericordia di Dio, la sua compassione per l’umanità, soprattutto per chi soffre, per chi è debole, ma anche per chi sbaglia. Questa è la prima cosa che volevo dirvi, lo sguardo. Non dimenticate questo brano del Vangelo che vi è stato proposto, ci è stato proposto, nel momento della vostra ordinazione, lo sguardo che ricorda lo sguardo di Gesù sulla folla.
E poi la seconda cosa che vorrei dirvi riguarda la prima lettura che abbiamo ascoltato. Qui si parla di un diacono di nome Filippo; è uno dei 7, per chi se ne intende un po’, che erano stati scelti nella prima comunità di Gerusalemme per affiancare gli apostoli nel servizio delle mense, quella che chiameremmo “la carità verso i poveri”, uno di questi era Filippo. Nel brano degli atti degli apostoli che abbiamo ascoltato emergono quattro caratteristiche di Filippo, che sono, secondo me, quattro belle caratteristiche del diacono. Ne accenno soltanto molto brevemente, poi lascio a voi, se vorrete, di ritornare con calma su questo testo.
La prima caratteristica è che Filippo si lascia guidare dalla parola di Dio. L’angelo del Signore, dice il libro degli atti, si rivolge a lui e gli dice, va, alzati e vai dove io ti indicherò questa strada deserta che conduce, che unisce Gerusalemme alla costa mediterranea, non c’è nessuno su questa strada. Filippo non capisce bene come mai gli è stato chiesto di mettersi lì e poi invece capisce perché da quella strada passa un uomo che lui deve incontrare. Si lascia guidare, non è uno che decide in proprio, chi fa le cose semplicemente perché le ha deciso personalmente, si mantiene in ascolto della voce di Dio che ci raggiunge attraverso le circostanze della vita. Imparate, cari candidati, ad essere persone in ascolto della parola del Signore. Imparate a capire qual è la volontà Sua su di voi, a partire da ciò che vi accade.
Secondo, Filippo si fa compagno di viaggio di questo funzionario etiope che lui non conosce, personaggio altolocato, che viene dall’Etiopia, è venuto a Gerusalemme per un pellegrinaggio, sta ritornando e lo spirito gli dice affiancati, raggiungilo, è su una portantina, una specie di carrozza di quel tempo. Filippo si accosta e sente cosa sta leggendo, si accosta. Gli viene in mente quello che ha fatto il risorto con i due di Emmaus, mentre camminavano. Lui si mette a fianco, non lo riconoscono e comincia a parlare con loro. Si fa un po’ raccontare quello di cui stanno parlando e quindi condividere i loro sentimenti, le loro attese, le speranze deluse, anche questo fa il diacono, è uno che si mette a fianco, capace di intercettare il vissuto delle persone che ha piacere di ascoltarle, che fa sue le loro domande, che non ha la pretesa di dare risposte chiare, ma prima di dare le risposte è molto più importante ascoltare le domande. Siate così dunque, imparate da Filippo.
La terza caratteristica è questa: Filippo conosce le scritture e quando si accorge che il funzionario, quest’uomo così importante, ma che non è ebreo, sta leggendo le scritture, allora chiede di potersi affiancare, salire su questa portantina. Quell’uomo gli dice, guarda, sto leggendo questo testo, ma non lo capisco, tu mi puoi dire di chi sta parlando il profeta? Ecco la parola di Dio. Imparare a leggere la realtà nella luce della parola di Dio. Coltivare questo amore per le scritture. Fatevi anche aiutare in questo, bisogna umilmente riconoscere che nessuno di noi conosce benissimo la parola di Dio, però è un tesoro la parola, perché attraverso di questa noi possiamo interpretare con verità ciò che viviamo e ciò che nel mondo succede. Non abbiamo la pretesa così di possedere la verità, però abbiamo la possibilità di accoglierla come rivelazione attraverso quella parola, che dovrebbe diventare sempre più familiare a noi.
Infine, Filippo ha piacere di far conoscere Gesù, a partire da quella parola che lui sa interpretare ormai. Dice guarda, il profeta, sta parlando di Gesù e io ho il piacere di fartelo conoscere e quest’uomo poi viene battezzato, non sappiamo bene che cosa abbia detto Filippo a lui per convincerlo a farsi battezzare. Però avrà intuito, quest’uomo, che quel Gesù di cui parla Filippo è veramente qualcuno per il quale vale la pena donare la vita e lasciarsi istruire nel comprendere ciò che si vive. Viene battezzato, poi Filippo scompare e lui prosegue pieno di gioia.
Ecco, queste quattro caratteristiche, cari candidati, non dimenticatele, se avrete occasione più avanti, in varie circostanze, di rileggere questo testo, che la liturgia abbia proposto, che forse avete scelto anche voi per la vostra ordinazione, qui troverete queste quattro caratteristiche che mi sembrano importanti per dare alla vostra missione quel carattere, quella forma, che il Signore si aspetta da voi.
+ Pierantonio Tremolada
