Visita Giubilare nelle Zone 24 e 25

Abbazia di Rodengo | Mercoledì 24 settembre 2025

L’evento della Pentecoste

Con questa celebrazione riprendiamo il cammino sinodale che ci condurrà al Convegno Diocesano dell’aprile del prossimo anno. Ci stiamo interrogando sulla vita della nostra Chiesa diocesana e ci stiamo domandando che cosa lo Spirito santo si attende oggi da tutti noi, chiamati a essere la Chiesa del Signore e a diventare per il mondo tessitori di speranza. Nelle visite giubilari che sto compiendo nelle Zone Pastorali, tocco con mano come lo Spirito del Signore parla ai cuori e sostiene il desiderio sincero di chi guarda alla Chiesa con affetto e vuole renderla sempre più vera. La Parola di Dio che ascoltiamo e meditiamo in queste veglie giubilari ci illumina e ci ammaestra. È questa Parola che ci conduce nel profondo del mistero della Chiesa e ne svela tutte le sue manifestazioni. Abbiamo sinora meditato sulla realtà della Chiesa a partire dal Vangelo secondo Luca; da questa sera e in tutte le prossimo veglie giubilari ci lasceremo invece guidare dal Libro degli Atti degli Apostoli.

Vorrei offrire qualche spunto di meditazione sul brano che abbiamo ascoltato, nel quale si racconta l’effusione dello Spirito Santo su quanti costituiscono il primo nucleo della Chiesa. Si legge in apertura: “Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste…”. La Pentecoste è festa dei cinquanta giorni, che si celebra appunto cinquanta giorni dopo la Festa di Pasqua. Nella festa ebraica della Pentecoste, i figli di Israele ricordavano e ancora ricordano il dono della legge a Mosè sul Sinai. La Pentecoste cristiana si celebra 50 giorni dopo la Pasqua cristiana, cioè la morte e risurrezione del Signore Gesù, e ricorda l’effusione dello Spirito santo sulla Chiesa del Signore. La Chiesa sorge a partire da questo momento, e da questo momento prende avvio la sua missione. Dice sempre il testo: “Si trovavano tutti insieme nello stesso luogo”. Chi sono questi tutti? La risposta ci viene da quanto in precedenza affermato. Dopo l’ascensione del Signore, “ritornarono a Gerusalemme dal monte detto degli Ulivi, che è vicino a Gerusalemme quanto il cammino permesso in giorno di sabato. Entrati in città, salirono nella stanza al piano superiore, dove erano soliti riunirsi: vi erano Pietro e Giovanni, Giacomo e Andrea, Filippo e Tommaso, Bartolomeo e Matteo, Giacomo figlio di Alfeo, Simone lo Zelota e Giuda figlio di Giacomo. Tutti questi erano perseveranti e concordi nella preghiera, insieme ad alcune donne e a Maria, la madre di Gesù, e ai fratelli di lui” (At 1,12-14). Sono, dunque, gli undici apostoli – Giuda si è perduto – e alcune donne insieme con la madre di Gesù e i suoi familiari. Sono tutti riuniti in uno stesso luogo, probabilmente la stanza al piano superiore dove si è tenuta l’ultima cena di Gesù. Stanno tutti insieme. Qui, dove sono riuniti, nasce la Chiesa. Questa immagine ci interpella. La Chiesa nasce, dunque, nella comunione, non nell’individualismo. La Chiesa è una comunità di credenti uniti nel nome del Signore. Sono persone che camminano insieme, che si aiutano, si sostengono. La Chiesa è per sua natura comunione di persone. Da sempre il Signore Gesù l’ha pensata così, da quando ha chiamato i primi discepoli. In un tempo che esalta l’individuo, la Chiesa ci ricorda che non ci si salva da soli. Ci ricorda anche la fede non è una questione privata, ma è relazione, corpo, popolo. Ognuno di noi è dunque invitato a sentirsi parte attiva in questa comunione, nella sua parrocchia, nella sua comunità. Riuniti insieme, i discepoli ricevono dunque il dono dello Spirito santo. Cosa accade? Ascoltiamo il Libro degli Atti: “Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano”. Il luogo in cui si trovano viene scosso da un vento impetuoso. Tutto accade all’improvviso. L’iniziativa è dunque di Dio, totalmente sua. La Chiesa prende avvio dall’opera di Dio. Non nasce da noi, ma da lui. Si costituisce per la potenza dello Spirito santo che, come vento impetuoso, viene dall’alto.

La Chiesa non è un progetto umano, non siamo noi a costruirla. Essa è frutto della grazia di Dio che opera in noi, nel segreto del nostro cuore e ci rende pietre vive. Quando siamo tentati di scoraggiarci per le fatiche, le divisioni, le crisi ecclesiali, ricordiamo che la Chiesa è opera dello Spirito e cresce nella misura della nostra fede. Non è l’efficienza che conta, ma un cuore umile che lascia spazio all’azione dello Spirito. I risultati non si misurano alla maniera del mondo. Questo vento impetuoso è anche un vento che gonfia le vele. Spesso la Chiesa è stata paragonata ad una barca che solca il mare, che non è ferma ma prende il largo. Lo Spirito santo è forza per la missione. Impedisce alla Chiesa di chiudersi in se stessa. La sollecita, la sprona, la sospinge verso il mondo con il tesoro Vangelo, le dà coraggio e passione per la vita, la rende testimone di speranza. Una Chiesa indifferente alle sofferenze del mondo, troppo preoccupata di sostenere se stessa, non sarebbe degna del suo Signore, che per l’umanità ha versato il suo sangue.

La Chiesa, infatti, non vive per se stessa. La missione è la sua stessa anima. Non può e non deve resistere alla spinta potente dello Spirito Santo, che la invia nel mondo come segno di salvezza. Tornando al testo, leggiamo: “Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo”. Lo Spirito Santo – ci dice il Libro degli Atti – è come fuoco, un fuoco che scalda ma non brucia. Mosè lo aveva già conosciuto quando aveva visto il roveto ardente, cioè un cespuglio avvolto dal fuoco che non veniva consumato. Lo Spirito di Dio è un fuoco che non esiste in natura e che il mondo non conosce. Destinatario di questo fuoco è il cuore umano, di ogni tempo e di ogni luogo. Chi lo accoglie con fede ne viene conquistato. Ai cristiani di Roma, san Paolo Scrive: “L’amore di Cristo è stato riversato nei nostri cuori, grazie allo Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5,5). Lo Spirito Santo dunque rende operante in noi l’amore di Cristo. Ci fa sentire amati e ci rende capaci di amare. La Chiesa vive di questo amore. È la comunità di coloro che nella fede si riconoscono fratelli e guardano al mondo con l’affetto del Cristo Redentore. L’accoglienza, il rispetto, la solidarietà, la stima, la gratuità, il perdono: queste sono le virtù a cui devono tendere le comunità che formano la Chiesa del Signore. Sono chiamate a diventare fraternità! Il nostro brano precisa poi che lo Spirito si posa su ciascuno dei presenti come fiamma ardente, penetra nel cuore e illumina la mente di tutti coloro che sono riuniti insieme. Il grande dono di Dio, cioè lo Spirito santo, è per tutti e opera attraverso tutti. La Chiesa non è una élite di perfetti, ma una comunità in cui ognuno è chiamato a fare la sua parte e ha pari dignità in forza del dono dello Spirito ricevuto nel Battesimo. Il bene di ogni comunità cristiana dipende dall’opera di ciascuno. Papa Francesco ci ha aiutato a capire meglio che questa responsabilità condivisa prende il nome di sinodalità. In questa luce va intesa ogni forma di autorità che viene esercitata nel nome del Signore.

Infine, il testo afferma che i presenti “cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi”. Lo Spirito Santo, che discende su ciascuno come lingua di fuoco, dona la capacità di parlare in tutte le lingue conosciute. Così la lieta notizia della salvezza può raggiungere ogni popolo. Tutti possono comprendere. L’umanità ritrova l’unità che Babele aveva compromesso. La Chiesa del Signore saprà dunque parlare tutte le lingue del mondo. Sarà una Chiesa accogliente. Non sarà mai un soggetto che esclude, ma che include; non alzerà muri, ma costruirà ponti; accoglierà le diversità come una ricchezza. Sarà maestra di dialogo. Non imporrà la verità che ha ricevuto dal suo Signore nella forma dell’ideologia. Saprà mettersi in ascolto, per offrire umilmente il tesoro del Vangelo, che è – per usare un’espressione del beato cardinale Newman – una luce gentile, capace di conquistare il cuore.

Voglio concludere facendo risuonare alcune delle parole di una preziosa preghiera allo Spirito Santo che ci consegna la tradizione: Vieni, Santo Spirito, manda a noi dal cielo un raggio della tua luce. Vieni, padre dei poveri, vieni, datore dei doni, vieni, luce dei cuori. Consolatore perfetto, ospite dolce dell’anima, dolcissimo sollievo. Nella fatica, riposo, nella calura, riparo, nel pianto, conforto. O luce beatissima, invadi nell’intimo il cuore dei tuoi fedeli. Dona ai tuoi fedeli, che solo in te confidano, i tuoi santi doni. Dona virtù e premio, dona morte santa, dona gioia eterna. Amen.

+ Pierantonio Tremolada