Visita Giubilare Zona 9

Chiesa parrocchiale di Orzinuovi | Mercoledì 19 febbraio 2025

Siamo la Chiesa del Signore, volgiamo essere tessitori di speranza. Offrire al mondo speranza è quanto il Signore domanda ai suoi discepoli di ogni tempo.  Lo chiede anche a noi oggi.  C’è una missione che la Chiesa deve fare sua. Questo vale sin dall’inizio per i discepoli del Signore, in particolare per i Dodici, ma non solo per loro. Il brano del Vangelo di Luca che vogliamo meditare insieme questa sera ci racconta l’esperienza della missione di altri settantadue discepoli. Vorremmo insieme cercare raccogliere l’insegnamento che ci giunge circa la missione della Chiesa alla luce di questa singolare esperienza che vissero i primi discepoli di Gesù. Seguiamo dunque il racconto del terzo Vangelo.

“Dopo questi fatti – scrive Luca – il Signore designò altri settantadue discepoli e li mandò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi”. Ci impressiona anzitutto il numero dei discepoli inviati: settantadue. Viene immediatamente spontaneo chiedersi quanti fossero i discepoli di Gesù. Certamente più di questi. E capiamo meglio, allora, che quella dei Dodici era una cerchia ristretta: essi erano i discepoli più vicini, quelli che stavano sempre con lui. Li aveva chiamati apostoli pensando alla Chiesa futura e al suo rapporto con il mondo. I Dodici erano già stati inviati in missione quando Gesù si trovava con loro nel territorio della Galilea. Ora egli invia altri discepoli, in numero decisamente maggiore.

Come mai così tanti? Inviati a due a due, essi potranno raggiungere un numero di luoghi decisamente rilevante. Li invia, inoltre, davanti a sé, nei luoghi dove poi lui stesso giungerà. Per quale ragione, dunque, Gesù ritiene necessario che i suoi discepoli vadano prima di lui nei luoghi in cui poi lui stesso arriverà? Anche i settantadue discepoli se lo saranno chiesto: perché prima noi?

È Gesù stesso a dare loro la risposta, quando dice, riferendosi ai destinatari della loro azione: “Dite loro: è giunto vicino a voi il Regno di Dio”. La frase suona piuttosto misteriosa. In che cosa consiste precisamente il Regno di Dio che essi dovranno annunciare? E come potranno i discepoli mostrare che si è fatto vicino? Chi li incontrerà, sarà in grado di capire il significato di questa loro dichiarazione?

Come meglio vedremo, sarà proprio quello che loro diranno e faranno a dimostrare ciò che loro stessi hanno compreso, che cioè il Regno di Dio si è fatto vicino nella persona di Gesù. La loro sarà soprattutto sarà una testimonianza. Come se dicessero: “Noi siamo qui a raccontarvi quello che abbiamo visto e udito, quello che abbiamo provato incontrando Gesù, conoscendolo, stando con lui. Il Regno di Dio si sta avvicinando a voi perché avrete modo tra poco di incontrarlo, come noi l’abbiamo incontrato. Noi gli stiamo preparando la strada. Tra poco arriverà”.

Si capisce meglio allora la ragione di questo numero così alto di discepoli missionari. L’evangelista Luca ha raccontato in precedenza che Gesù ha preso la ferma decisione di incamminarsi verso Gerusalemme (Lc 9,51). Lo ha fatto dopo aver annunciato per due volte ai discepoli che a Gerusalemme egli sarà arrestato, condannato e ucciso e che il terzo giorno risorgerà (Lc 9,22.43b-45). A Gerusalemme Gesù concluderà la sua vicenda terrena ed entrerà nella sua gloria. Già subito dopo aver preso quella decisione – ci racconta sempre Luca – Gesù aveva inviato davanti a sé alcuni messaggeri (Lc 9,52). Ora decide di dare forma più chiara e più ampia a questa missione: i discepoli inviati saranno settantadue. Un numero decisamente importante. La sua intenzione è di raggiungere il maggior numero possibile di luoghi, mentre va verso l’epilogo della sua vita. Gli preme inoltre che quanti egli vedrà per l’ultima o l’unica volta siano preparati a questo incontro. Lo saranno appunto grazie all’opera di quanti sono già suoi discepoli.

Vediamo dunque come avviene questo annuncio, che in realtà è una testimonianza di vita. Capiremo meglio in che cosa consiste la missione che Gesù affida ai suoi discepoli di sempre e quindi anche a noi oggi.

Anzitutto, essi andranno a due a due. A quel tempo la testimonianza era considerata valida se i testimoni erano almeno due, proprio perché doveva essere concorde. Anche i discepoli dovranno dimostrare di essere concordi, non solo nella parola ma anche nei sentimenti. La loro fraternità, la loro reciproca amicizia sarà il primo segno del Vangelo che annunceranno. Ciò che immediatamente dovrà apparire agli occhi di chi li incontrerà sarà la loro comunione.

“La messe è molta, ma gli operai sono pochi” – dice poi il Signore, rivolgendosi a loro. Gesù sa che la buona notizia riguardante la sua persona si è ormai diffusa in quei territori e ha suscitato reazioni positive. Il Vangelo è capace di attivare le migliori energie delle persone che coltivano una retta coscienza o sono anche solo alla ricerca della verità. Queste persone vengono paragonate a un campo pieno di messe. C’è bisogno allora di operai che siano dei mietitori, che raccolgano il frutto di questa semina. È bene preparare tutte queste persone ad accogliere il Signore in persona. L’opera dei discepoli testimoni e missionari avrà questa funzione. Ma questo accadrà anche in seguito, quando l’annuncio del Regno di Dio che si diffonderà nel mondo intero in forza della risurrezione di Gesù e attraverso la testimonianza della Chiesa.

I discepoli sono poi invitati a pregare il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe. Dunque, è chiesta prima di tutto loro la preghiera. È piuttosto sorprendente che a quanti stanno per partire come missionari Gesù dica di pregare. Sembrerebbe una condizione preliminare ma forse è piuttosto un modo costante di procedere. La preghiera dovrà accompagnare la missione. Non sono infatti loro che agiscono, ma la grazia di Dio. Le loro capacità personali saranno poste a servizio della grazia. Chi vive la missione della Chiesa non agisce a titolo personale e in vista del proprio successo.

Dice ancora il Signore: “Ecco, io vi mando come agnelli in mezzo a lupi”. Un’espressione questa che ci sconcerta. Il destino degli agnelli in mezzo ai lupi è inesorabilmente segnato: che speranza avranno? Ma l’insegnamento è chiaro: i discepoli di Cristo scelgono la mansuetudine, che non esclude il sacrificio. Il mondo è ferito dalla violenza, ma il Regno di Dio muove nella direzione opposta: “Beati i miti – dice Gesù – perché erediteranno la terra”. La vittoria degli agnelli è l’amore che si dona per il bene del mondo. Li accompagna la promessa del Signore: la morte non avrà su di loro l’ultima parola, lui solo sa come.

Lo stile di vita dei missionari sarà poi quello della sobrietà e del distacco. “Non portate borsa, né bisaccia, né sandali” – dice loro il Signore. Niente pane nella borsa, niente denaro nella bisaccia, niente ricambio di sandali. Saranno poveri come il loro maestro, che non ha dove posare il capo e che aveva raccomandato: “Cercate anzitutto il Regno di Dio e il resto vi sarà dato in aggiunta”. Ai missionari non mancherà il necessario, perché saranno amati. Il Vangelo che annunciano susciterà gratitudine e affetto. Dalla fede infatti scaturisce la fraternità e in questo modo di presentarsi, senza personali esigenze, gli uomini riconosceranno la bontà del loro annuncio.

Le prime parole che i missionari dovranno pronunciare entrando in una casa saranno: “Pace a questa casa”. È ciò che raccomanda loro il Signore. Più che una preghiera sembra sia l’offerta di un dono. Essi sono portatori della pace, perché per primi l’hanno ricevuta da colui che solo è in grado di donarla. Il Regno di Dio, infatti, che in Gesù si è fatto vicino, “è giustizia, pace e gioia nello Spirito santo” – come dice bene san Paolo (Rm 14,17). Stare con lui ha permesso loro di respirarla. Pace è la parola che tutti capiscono, è il biglietto da visita dei discepoli di Cristo, crea subito il clima, fa capire immediatamente le intenzioni, è ciò che ogni persona desidera.

Dalla casa alla città. I discepoli missionari del Regno di Dio compiranno anche azioni pubbliche. “Quando entrerete in una città e vi accoglieranno – dice loro Gesù – curate i malati che vi si trovano”. La cura dei malati è un atto di pietà, un modo di farsi carico dei più deboli. Questa cura amorevole che riscatta la vita compromessa è il segno visibile del Regno di Dio ed è una delle forme più belle della missione compiuta nel nome di Gesù. Si deve tuttavia riconoscere che la guarigione dei malati oltrepassa le umane capacità. Essa è il segno più evidente che i missionari non agiscono a nome proprio, ma nel nome di Gesù. Quanti li incontrano hanno certamente sentito parlare delle guarigioni da lui compiute. Ora è chiaro che sono inviati da lui. A questo punto essi possono dire con verità: “Si è avvicinato a voi il Regno di Dio”.

Tutto questo la Chiesa è chiamata a compiere anche oggi. In forza del nostro Battesimo, il Signore manda anche noi come suoi missionari nel mondo e ci dice: “Tenete viva la fiducia nella vita, confidate nella forza del bene che abita ogni cuore umano, guardate al mondo senza ingenuità ma prima di tutto con affetto, perché Dio rivolge all’umanità il suo volto misericordioso. La vostra missione abbia anzitutto la forma della testimonianza. Amatevi tra di voi e presentatevi al mondo come fratelli. Sentite viva la passione per il Vangelo e non dimenticate che il Regno di Dio è giustizia, pace e gioia ed è già all’opera nei cuori degli uomini. La vostra missione sia sempre accompagnata dalla preghiera, perché siete ministri della grazia. La vostra condotta sia ispirata alla mitezza: non cedete a nessuna forma di violenza e siate pronti a sacrificare molto di voi stessi. La pace abiti nei vostri cuori e sia il dono prezioso che offrite ad ognuno che vi incontra. La povertà sia il vostro stile di vita e il vostro modo di presentarvi, con semplicità e umiltà. Non confidate in ciò che il mondo esalta e ricerca, troppo spesso diventando prigioniero di una illusione. La cura per chi è nel bisogno e nel dolore, per chi sperimenta la debolezza ed è tentato dallo scoraggiamento sarà il compito che dovrete assumere nel mio nome. In questo modo sarete tra quelli che tengono viva nel mondo la speranza. Sarete tessitori di speranza!

+ Pierantonio Tremolada