Archivi della categoria: Progetti Missionari

Albania – Per i carcerati

Le carceri albanesi ospitano circa 2.800 detenuti, di cui 980 sono in espiazione di pena. L’Italia ha un interesse specifico nel garantire che almeno i detenuti condannati vengano trasferiti e scontino la pena nel loro paese di origine. In Albania, le condizioni carcerarie sono state oggetto di attenzione e preoccupazione, con segnalazioni di sovraffollamento e problemi di igiene e salute. Negli ultimi anni, sono stati effettuati lavori di ristrutturazione in alcune strutture, come i reparti Amenano e Simeto del carcere di Catania, tra il 2000 e il 2004 secondo il Ministero della Giustizia. Questi interventi hanno riguardato principalmente la riqualificazione di aree specifiche, ma le problematiche generali del sistema carcerario albanese persistono. Le Rassegna Penitenziaria e Criminologica ha evidenziato l’importanza di trovare soluzioni per migliorare le condizioni di vita dei detenuti e garantire il rispetto dei diritti umani.

Don Matteo, nella diocesi di Rreshen, vorrebbe essere segno tangibile di speranza per i detenuti all’ interno del Carcere di Burrel con due proposte: piccoli laboratori e cure mediche-dentistiche. La prima vuole incentivare lavori di artigianato che permettono il recupero della dignità di ogni persona mentre la seconda vuole offrire le cure mediche e dentistiche a chi è abbandonato dalla famiglia o non può essere aiutato per la condizione di povertà. Purtroppo all’ interno del Carcere di Burrel molti detenuti sono lasciati soli e inoltre non possono permettersi cure per cui si aggiungono sofferenze ad altre sofferenze. Piccoli gesti di carità possono non solo alleviare la durezza del carcere ma accendere la speranza a chi sperimenta ogni giorno la triste realtà della reclusione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Uganda – Per le donne malate e abbandonate

In Uganda, l’HIV/AIDS ha un impatto significativo, specialmente sulle donne. Le donne costituiscono una parte significativa della popolazione affetta da HIV e sono particolarmente vulnerabili a causa di fattori sociali e di genere. La lotta all’AIDS in Uganda richiede un approccio che tenga conto delle specifiche esigenze delle donne, compreso l’accesso a servizi di prevenzione, cura e supporto.

Impatto dell’HIV/AIDS sulle donne in Uganda:

  • Vulnerabilità: le donne sono spesso più vulnerabili all’infezione a causa di fattori come la povertà, la mancanza di potere decisionale nelle relazioni, la violenza di genere e le norme sociali che limitano il loro accesso all’informazione e ai servizi sanitari.
  • Trasmissione madre-figlio: le donne incinte affette da HIV possono trasmettere il virus ai loro bambini durante la gravidanza, il parto o l’allattamento. La prevenzione della trasmissione madre-figlio è quindi un aspetto cruciale della lotta all’AIDS in Uganda.
  • Stigma e discriminazione: le donne affette da HIV spesso affrontano stigma e discriminazione, che possono rendere difficile l’accesso ai servizi sanitari e compromettere la loro qualità di vita.

Michele Filippini, missionario laico bresciano fidei donum nella Diocesi di Lira, ci chiede un aiuto per migliorare la qualità della vita e l’inclusione sociale di vedove affette da HIV, attraverso assistenza sanitaria, supporto psicologico e programmi di sviluppo economico. Gli obiettivi sono garantire l’accesso alle cure e al trattamento per la gestione dell’HIV, offrire supporto psicosociale per affrontare la povertà, prendersi cura dei propri orfani e fornire un avvio economico sostenibile per promuovere l’indipendenza finanziaria. I destinatari saranno le vedove affette da HIV con priorità a quelle con figli e che vivono in condizioni di vulnerabilità economica.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Perù – Un tetto per la Chiesa di Victor Raul

Giovanna, missionaria laica nella regione costiera nel nord del Perù, ci chiede una mano. Nel paesino di Víctor Raúl, dove si trova la “Casa de la Juventud”, una chiesa c’è, ma non è mai stata terminata. Si era dato inizio ai lavori di costruzione ma è rimasta una struttura solo con muri in puro mattone, finestre senza vetri, un pavimento di sabbia, una parte cementata per l’altare, un portone d’ingresso e una semplicissima sacrestia sotto chiave. Una struttura così, rende difficile educare al raccoglimento adatto a momenti di preghiera e celebrazioni. Nessuno ha mai pensato di terminare questa struttura sia per la mancanza di senso di appartenenza dovuto a come è nato Víctor Raúl sia per il contesto economico. Però, perché non aiutare questa comunità iniziando dal tetto?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Burundi – Per i malnutriti di Kiremba

Medicus Mundi Italia è legata al Burundi dal 1968, anno di nascita dell’ospedale «Renato Monolo» della Diocesi di Kiremba, divenuto ospedale di riferimento per il Distretto. Il Burundi è uno dei Paesi più poveri al mondo: l’80% della popolazione vive con meno di 1,25 dollari al giorno e l’aspettativa di vita alla nascita è di soli 57,9 anni. Circa una famiglia su due soffre di insicurezza alimentare e la malnutrizione infantile è estremamente diffusa. Nell’area del Distretto di Kiremba, che comprende più di 340.000 abitanti, la situazione sanitaria e l’accesso ai servizi di salute di base sono precarie, con problematiche legate alle condizioni di povertà diffusa. I fattori che incidono negativamente sulle condizioni sanitarie della popolazione includono: la carenza di servizi di prevenzione, le difficoltà di accesso alle strutture sanitarie dovute alle distanze, la scarsità di attrezzature sanitarie adeguate, un livello di preparazione del personale non adeguato, la scarsità di fonti di acqua pulita e la disponibilità limitata di elettricità. Inoltre, per tutto il Distretto, è disponibile una sola ambulanza e le strade che collegano i CdS all’ospedale sono in pessime condizioni per la mancanza totale di manutenzione.

Proprio per questo, si rinnova il legame e il cammino con l’Ospedale “Renato Monolo di Kiremba” in Burundi, un luogo fortemente legato alla nostra storia missionaria e un luogo ancora caratterizzato da alcune forti povertà, sulle quali vogliamo continuare a offrire il nostro contributo. Ancora oggi molti bambini si presentano a Kiremba, ai diversi servizi dell’ospedale vittime della malnutrizione e, molto spesso, questi piccoli appartengono alle fasce più deboli e indigenti della popolazione. Insieme alla rete delle realtà bresciane continuiamo a lavorare per Kiremba mettendo in atto un progetto che ci consenta la presa in carico dei piccoli indigenti malnutriti offrendo a loro e alle loro famiglie le prime cure e l’inizio di un percorso di accompagnamento per uscire da questa situazione. Insieme alla diocesi, il progetto è seguito da Medicus Mundi Italia e dalla nostra associazione in loco, Kura Neza (in kirundi “crescere bene”).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Filippine – Per gli orfani di Palo

La situazione degli orfani nelle Filippine è complessa, con diversi fattori che contribuiscono alla loro vulnerabilità. Si stima che milioni di bambini vivano in condizioni di strada, alcuni con legami familiari, altri completamente abbandonati. La criminalità, la povertà e la mancanza di accesso all’istruzione e all’assistenza sanitaria sono alcune delle sfide principali.  
Un rapporto del 1998 stimava circa 1,5 milioni di minori che vivevano o lavoravano stabilmente per le strade. Questi bambini rientrano in diverse categorie: alcuni lavorano ma hanno una casa a cui tornare, altri vivono stabilmente per strada, e una piccola percentuale è completamente abbandonata e senza legami familiari. La povertà, la mancanza di opportunità educative e la criminalità sono fattori che contribuiscono alla condizione di vulnerabilità dei bambini nelle Filippine. Purtroppo i bambini di strada sono esposti a rischi come sfruttamento, abuso e violenza. 
Sr. Mary Jerome Irlandez, Suora Francescana nell’arcidiocesi di Palo, attraverso la comunità filippina di Brescia, ci chiede una mano per continuare l’opera verso gli orfani della struttura che segue da tempo. Sono bambini che devono essere accompagnati e sostenuti in tutte le loro necessità: da quelle sanitarie a quelle scolastiche. Vengono da famiglie che li hanno abbandonati o da situazioni in cui entrambi i genitori sono morti: storie dolorose che i bambini purtroppo si ritrovano a dover affrontare e che Suor Mary si impegna ad accompagnare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Palestina – Per i bambini audiolesi

L’Istituto Effatà Paolo VI, è sorta per desiderio di Papa Paolo VI, oggi S. Paolo VI, che nel 1964 è venuto in pellegrinaggio in Terra Santa. Nella sua visita il Papa venne a conoscenza che in questa terra erano presenti numerosi bambini sordi privi di assistenza, ed espresse il desiderio che fosse realizzata un’opera educativa per la loro riabilitazione.

La Congregazione delle Suore Maestre di S. Dorotea – Figlie dei Sacri Cuori, che era già presente in Terra Santa dal 1927, accolse con gioia la proposta e il 30 Giugno 1971 inaugurò la Scuola. Attualmente è frequentata da circa 200 alunni/e, dalla Scuola Materna alla Maturità, viene offerta loro la riabilitazione audiofonetica e quotidianamente un intervento logopedico personalizzato e di insegnamento didattico specialistico. In questo ultimo periodo e precisamente dallo scoppio della guerra, la situazione di Betlemme e dei villaggi di provenienza degli alunni si è fatta difficile, dolorosa, esposta a continui scontri e cattura di persone ricercate. Si vive un clima di grande incertezza e di non libertà. È una prigione a cielo aperto.

Tante persone hanno perso il lavoro, non è consentito che escano dal loro territorio, l’accesso a Gerusalemme è riservato a pochi. I pellegrinaggi sono stati bloccati e con essi tutte le persone che lavoravano, sono a casa. E questo fino a quando? L’Istituto per facilitare le alunne che abitano lontano dalla Scuola e non possono raggiungerla ogni giorno, offre la possibilità di un convitto e questo comporta un supplemento di assistenza e di sostegno nello studio pomeridiano.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Brasile – Una casa per i Migranti

Tra gennaio del 2017 e giugno del 2023 sono entrati in Brasile circa un milione di cittadini venezuelani, tra cui 700 mila attraverso la frontiera nord, che è il passaggio principale dei migranti.  Ovviamente le spese per le gestione di queste persone sono a carico del governo regionale e sovraccaricano sulle casse e sui servizi pubblici. Per questo motivo, la Caritas diocesana di Macapà, dove opera don Raffaele Donneschi sacerdote fidei donum bresciano, ha deciso di mettere a disposizione un edificio da destinare a Casa di Accoglienza per migranti.

La casa è aperta 24 ore su 24, e si sforza di garantire l’accoglienza di tutti coloro che chiedendo ospitalità. La casa non ha risorse economiche per il suo funzionamento, sopravvive solo grazie alle donazioni dei soci e degli amici esterni.  La struttura fisica presenta alcune aree danneggiate che necessitano di riparazioni, ma ci sono spazi che consentono l’espansione, che, per mancanza di risorse non è ancora possibile eseguire.

La volontà è quella di fornire, oltre all’accoglienza, anche un’assistenza completa ai migranti, soddisfacendo le loro esigenze di base, sanitarie, legali e sociali. Inoltre si propone di facilitare l’integrazione dei migranti nella società ospitante fornendo corsi di lingua, formazione professionale e supporto per l’accesso ai servizi locali. L’obiettivo è quello di attrezzare la Casa in modo che possa accogliere migranti e rifugiati e ospitare fino a 20 persone per tutto il tempo necessario.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Repubblica del Congo – Borse di studio

Nella Diocesi di Aru operano in una scuola Andrea Bosio e Federica Maifredi, coppia di missionari laici fidei donum bresciani. Siamo ad Aru, all’estremo Nord-Est della Repubblica Democratica del Congo, nel martoriato stato dell’Ituri. Il loro villaggio è per lo più rurale e i suoi abitanti vivono dei prodotti della terra, di allevamento e della pesca del vicino lago Albert. Sono le donne a popolare i mercati, a marciare per chilometri con pesanti ceste sul capo e un fagottino di qualche mese legato al dorso.

Sempre loro le vittime di tradizioni ancestrali che non permettono la loro scolarizzazione favorendo invece unioni e matrimoni precoci e forzati. Inoltre, dal 1996 l’Est del Paese, dove ci troviamo, è teatro di disordini interminabili: guerre civili, conflitti tribali, presenza di gruppi armati che danno alle fiamme interi villaggi per il controllo delle terre, multinazionali che mettono in fuga migliaia di famiglie per fare il loro business.

Tra guerra e povertà il contesto è molto critico e l’unica possibilità di garantire il futuro è quella di investire sull’istruzione, che ha un costo non sempre sostenibile per le famiglie. Molta gente trova rifugio ad Aru e ricomincia una vita. Sono persone volenterose che si ingegnano vendendo qualsiasi cosa ma, la vita, la scuola, gli affitti e gli spostamenti sono più cari rispetto ai villaggi di provenienza e molte famiglie non ce la fanno. Spesso l’economia domestica piega e taglia quello che apparentemente non è essenziale, ossia l’istruzione dei figli.

L’obiettivo è quello di poter fornire 40 borse di studio agli studenti più meritevoli della Scuola locale, coprendo le spese delle uniformi, del materiale scolastico, dei libri e delle tasse scolastiche.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Uganda – Maggiori opportunità per le donne

Nella Diocesi di Moroto regione del Karamoja, nord-est dell’Uganda al confine con il Kenya e il Sud Sudan, suor Fernanda Cristinelli, missionaria comboniana originaria di Costa Volpino, lavora per offrire un’opportunità di riscatto a tante donne che vivono all’interno di una società ancora fortemente patriarcale. Le donne Karimojong sono donne forti, resilienti, creative, lodate nella tradizione come portatrice di vita, eppure sistematicamente marginalizzate a livello sociale, economico e politico.

L’alfabetizzazione femminile è molto più bassa che per la popolazione maschile, sono comuni i matrimoni combinati in età adolescenziale e purtroppo la violenza contro le ragazze che si oppongono è molto forte.  Le donne non hanno diritto di proprietà e normalmente non partecipano ai processi decisionali. Le donne lavorano molto per mantenere la famiglia, poter avere del cibo da cucinare ogni giorno mandare alcuni dei figli/e a scuola, sostenere le spese quando una malattia colpisce i membri della famiglia allargata. Devono contare sulle loro forze e sulla terra arida del Karamoja e spesso ottengono davvero poco.

L’obiettivo è quello di offrire alle donne maggiori opportunità economiche per renderle più autonome, in condizione di poter migliorare la loro vita e quella delle loro famiglie. Le offerte verranno utilizzate per iniziative di miglioramento economico come micro credito, piccoli allevamenti di galline e suini, rivendita di beni di prima necessità e piccoli punti vendita di pranzi semplici per lavoratori, sarà possibile sostenere circa 100 donne.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Burundi – I più poveri tra i poveri

Vogliamo continuare ad aiutare i poveri e soprattutto i più poveri tra i poveri del Burundi. Questo paese ha una densità di popolazione altissima, tante malattie, tante difficoltà anche all’accesso ai servizi sanitari, povertà diffusa così tanti poveri che molti non possono permettersi di pagare le cure.

Purtroppo nei paesi dove non c’è un sistema sanitario nazionale che copre le spese sanitarie, le cure mediche devono essere pagati e lo scopo principale è quello di continuare ad aiutare i poveri tra i poveri che hanno grandi difficoltà che in molti casi non potrebbero curare: nell’ambito sia materno-infantile che nella traumatologia o nella medicina generale dove compaiono patologie che magari un tempo erano sconosciute, una su tutti il diabete.

Molti pazienti oltre a doversi far curare, spesso devono spostarsi di molti chilometri e questo significa impegnare molti soldi. Spesso bisogna coinvolgere la famiglia perché spesso non c’è alternativa e quindi tutto questo crea grossi problemi. Lo scopo di questo progetto è quello di avere un’organizzazione che consenta di distinguere di fornire le risorse necessarie di mandare tutto quello che si può verso le persone che veramente hanno bisogno e sostenerle in questo percorso dove le mamme soffrono con le mamme italiane e dove i pazienti soffrono anche di più perché non ci sono gli antidolorifici di cui noi disponiamo. Andiamo avanti anche quest’anno a dare una mano a loro perché sappiamo che tutto quello che versiamo finisce per aiutare qualcuno che ne ha veramente bisogno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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