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STRUTTURA DEL CAMMINO FORMATIVO PER IL DIACONATO PERMANENTE

(Tratto da: PROGETTO FORMATIVO PER IL DIACONATO PERMANENTE, Diocesi di Brescia, 9 giugno 2007)

Struttura del cammino formativo. Fin dai tempi della prima comunità cristiana, in cui prese forma l’esperienza diaconale, si sentì il bisogno di specificare i requisiti delle persone a cui affidare il ministero i diacono: “Siano dignitosi, non doppi nel parlare, non dediti a molto vino né avidi di guadagno disonesto, e conservino il mistero della fede in una coscienza pura. Perciò siano prima sottoposti a una prova e poi, se trovati irreprensibili, siano ammessi al loro servizio. […] I diaconi non siano sposati che una sola volta, sappiano dirigere bene i propri fi gli e le proprie famiglie. Coloro infatti che avranno ben servito, si acquisteranno un grado onorifico e una grande sicurezza nella fede in Cristo Gesù” (1Tm 3,8-10.12-13). La tradizione della Chiesa ha ulteriormente completato e precisato i requisiti che sostengono l’autenticità di una chiamata al diaconato. Essi sono prima di tutto quelli che valgono per gli ordini in generale: “Siano promossi agli ordini soltanto quelli che […] hanno fede integra, sono mossi da retta intenzione, posseggono la scienza debita, odono buona stima, sono di integri costumi e di provate virtù e sono dotati di tutte quelle altre qualità fi siche e psichiche congruenti con l’ordine che deve essere ricevuto”

Ordinariamente il cammino di formazione ha la durata minima di cinque anni e prevede:

a) Un anno propedeutico. È l’anno in cui l’aspirante, presentato dal suo parroco, si accosta al cammino diaconale. In questo anno egli incontra personalmente il Delegato vescovile per l’itinerario Diaconale, secondo una frequenza da questi stabilita, volta a verificare le attitudini e la disponibilità dell’aspirante. Inoltre incontra l’incaricato per la formazione spirituale, secondo i ritmi concordati e partecipa agli incontri (almeno quattro) con il gruppo degli aspiranti. Tali incontri hanno il compito di dare alcune nozioni generali sul diaconato permanente, far incontrare gli aspiranti e le rispettive mogli con i diaconi e le loro mogli, aiutare a capire le esigenze che l’esercizio del diaconato permanente nella Chiesa comporta, accompagnare nel primo discernimento vocazionale.

b) Un quadriennio. Costituito dai quattro elementi strutturali della formazione: umano, spirituale, dottrinale, pastorale.

Formazione umana. Non si può essere cristiani e al servizio degli altri senza prima essere umanamente maturi. Fra le virtù umane necessarie per il ministero diaconale, i documenti della Chiesa ci ricordano: “l’amore per la verità, la lealtà, il rispetto per ogni persona, il senso della giustizia, la fedeltà alla parola data, la vera compassione, la coerenza, l’equilibrio di giudizio e di comportamento”. Così pure: “la maturità psichica, la capacità di dialogo e di comunicazione, il senso di responsabilità, la laboriosità, l’equilibrio e la prudenza”. A queste si aggiungano l’attitudine alla relazione con gli altri, la maturità affettiva e l’educazione alla libertà, che si configura come obbedienza alla verità del proprio essere. Tutte queste qualità dovranno crescere, oltre che mediante l’ascesi personale, anche attraverso l’aiuto della guida spirituale, il rapporto ed il confronto con i membri della comunità diaconale e con il Delegato vescovile.

Formazione spirituale. Mira a formare il diacono secondo lo Spirito. “L’elemento maggiormente caratterizzante la spiritualità diaconale è la scoperta e la condivisione dell’amore di Cristo Servo, che venne non per essere servito, ma per servire. Il candidato dovrà perciò essere aiutato ad acquisire progressivamente quegli atteggiamenti che, pur non esclusivamente, sono tuttavia specificamente diaconali, quali la semplicità di cuore, il dono totale e disinteressato di sé, l’amore umile e servizievole verso i fratelli, soprattutto i più poveri, sofferenti e bisognosi, la scelta di uno stile di condivisione e di povertà”. La fonte di questa capacità di amare è l’Eucaristia, che dovrà, perciò, essere al centro della vita del candidato, insieme con la Parola di Dio, la preghiera personale e quella della Chiesa (la Liturgia delle Ore con la celebrazione quotidiana almeno delle Lodi mattutine, del Vespro e della Compieta). Nel cammino spirituale il candidato dovrà altresì coltivare l’obbedienza e la comunione ecclesiale.

Il candidato curerà e svilupperà tutto ciò attraverso:
– l’ascesi personale;
– la direzione spirituale costante, con il Responsabile della formazione spirituale o con un altro sacerdote scelto liberamente, dopo aver sottoposto la richiesta al Vescovo. In questo secondo caso, almeno due volte all’anno il candidato avrà un colloquio anche con il suddetto padre spirituale della Comunità diaconale, per impostare il proprio cammino e verificarlo rispetto alla situazione della Comunità diaconale;
– i ritiri spirituali mensili, programmati per tutta la comunità diaconale;
– la frequente celebrazione del sacramento della Riconciliazione;
– l’Eucaristia, possibilmente quotidiana;
– gli esercizi spirituali annuali;
– i diversi momenti di meditazione e di preghiera proposti dall’itinerario annuale per la comunità diaconale.

In particolare “nella formazione spirituale dei candidati coniugati hanno incidenza peculiare il sacramento del matrimonio e la sua spiritualità. […] Nella disponibilità allo Spirito i candidati camminino verso una sempre più intensa armonia tra il ministero diaconale e il ministero coniugale e familiare. […] Occorre anche una particolare attenzione alle spose dei diaconi, affinché crescano nella consapevolezza della vocazione del marito e del proprio compito accanto a lui. Esse sono invitate a partecipare regolarmente agli incontri di formazione spirituale”. È opportuno che anche i figli, adolescenti o giovani, siano invitati ad alcuni di questi incontri. Occorre poi dedicare una specifica attenzione alla formazione dei candidati celibi, nei quali la Chiesa ritrova e promuove quella coerenza tra il carisma della verginità e la dedizione nel ministero ordinato, che fa parte della tradizione della Chiesa latina ed è un dono prezioso da tutelare e diffondere.

Formazione telogico-dottrinale. “La formazione intellettuale è una dimensione necessaria della formazione diaconale, in quanto off re al diacono un sostanzioso alimento per la sua vita spirituale e un prezioso strumento per il suo ministero”. La formazione teologica è finalizzata ad acquisire una conoscenza completa, approfondita e critica dei contenuti della fede, quindi della “dottrina” cattolica. Gli aspiranti devono essere in possesso, ordinariamente, di un diploma di scuola secondaria, che abiliti agli studi universitari. Per la formazione teologica la comunità diaconale si avvale dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose dell’Università Cattolica del S. Cuore, che prevede l’indirizzo ministeriale per i Diaconi permanenti. I candidati, anche coloro che, mancando del diploma di scuola superiore, venissero autorizzati a frequentare come uditori, sono tenuti a sostenere tutti gli esami del triennio, completandoli con la dissertazione scritta, e gli esami del biennio successivo, giungendo alla tesi finale. Coloro che possiedono il diploma di scuola media superiore conseguiranno in tal modo il diploma accademico di Magistero in Scienze Religiose. Casi particolari verranno contemplati dal Vescovo direttamente.

Formazione pastorale. La formazione dei diaconi, in quanto orientata a preparare ministri della Chiesa, ha già di per sé valore e carattere pastorale. Tuttavia, in senso stretto, si può indicare come formazione pastorale la cura destinata a far acquisire i princìpi, i metodi e le capacità operative concernenti l’esercizio del ministero diaconale, secondo la triplice articolazione della Catechesi, della Liturgia e della Carità e a far assumere un atteggiamento di piena comunione e di cordiale collaborazione col Vescovo, i presbiteri, i consacrati e i laici impegnati ecclesialmente, in sintonia col piano pastorale della diocesi.

A tal fine, il candidato dovrà:
– scegliere o accogliere fi n dall’inizio del cammino di formazione una determinata comunità parrocchiale in cui svolgere la sua preparazione;
– farsi accompagnare dal parroco nell’esercizio di alcuni compiti pastorali, compatibili con gli altri elementi della formazione e gli impegni di lavoro e famiglia;
– definire gradualmente, insieme con i responsabili della formazione, i settori privilegiati del suo servizio, qualificando la specificità della propria azione e maturando atteggiamenti e competenze necessarie per acquisire autorevolezza ed efficacia;
– inserirsi gradualmente nel piano organico della pastorale diocesana, conseguendo capacità di collaborazione con le altre componenti della parrocchia, con i diversi settori pastorali diocesani e con gli altri operatori pastorali;
– maturare una sensibilità veramente ecclesiale, stimando ed amando la Chiesa universale, la Chiesa diocesana e, in essa, le componenti e le relazioni a livello zonale e, dove esiste, di unità pastorale.
È possibile che, alla luce delle proprie attitudini e in risposta a sempre nuove esigenze parrocchiali, zonali e diocesane, i candidati siano indirizzati dai superiori ad una specializzazione in corrispondenza alla missione cui presumibilmente saranno chiamati. Si faciliterà in questo caso l’eventuale frequenza di corsi appropriati.

Responsabili della formazione. Come per la formazione di tutti i battezzati e degli altri ministri, è evidente che anche quella dei diaconi è compito di tutta la Chiesa. Inoltre, la fede scorge il primo protagonista nello Spirito Santo, che chiama, accompagna e plasma i cuori dei chiamati al diaconato, perché possano riconoscere la sua grazia e corrispondere generosamente. Nella formazione dei diaconi permanenti il primo segno e strumento dello Spirito di Cristo è il Vescovo, il quale si avvale di una commissione di responsabili da lui nominata (Commissione diocesana per la formazione dei diaconi permanenti).

Il discernimento vocazionale. La vocazione procede da Dio come avvenimento di grazia, che interpella la persona e insieme suppone e domanda un cammino di fede da parte di tutta la comunità diocesana e parrocchiale cui il chiamato appartiene. Contesto idoneo alle vocazioni al diaconato è, quindi, una Chiesa intenta a discernere le vie per le quali oggi il Signore la chiama a sostenere la responsabilità dell’evangelizzazione, a vivere e manifestare il mistero della comunione, a tradurre in opere e in istituzioni le sollecitudini della carità e i diversi servizi pastorali. In tale contesto, ordinariamente gli aspiranti al diaconato devono essere presentati dal proprio parroco, il quale si preoccuperà di usufruire delle opportune consultazioni, informandosi, quando occorra, anche presso i responsabili delle realtà ecclesiali alle quali gli aspiranti già appartengano e nelle quali operino. Negli aspiranti si devono riscontrare la ricchezza delle virtù teologali, lo spirito di preghiera, l’amore alla Chiesa e alla sua missione, il possesso delle virtù umane, quali l’equilibrio, la prudenza, il senso di responsabilità e la capacità di dialogo, come pure la salute fi sica e la disponibilità di tempo adeguati all’esercizio del ministero. In particolare, essi devono dimostrare di desiderare il diaconato non per interessi puramente personali, prestigio, onorabilità, né per progetti di singoli gruppi o movimenti e neppure primariamente per la propria realizzazione spirituale privata, ma per una chiamata a servire la Chiesa. L’aspirante al diaconato deve essere sollecitato ad un discernimento libero e consapevole della propria vocazione, in riferimento sia a ciò che il ministero diaconale è in se stesso, sia al significato che esso assume nella Chiesa particolare e nella situazione storica della Chiesa universale oggi. L’età minima per l’accettazione tra gli aspiranti al diaconato è, per i celibi, di anni 21; per i coniugati di anni 31. L’età massima di ammissione al cammino di formazione per il diaconato è di anni 55. Solo per motivazioni straordinarie, la Commissione può ammettere al cammino entro il compimento del 60° anno di età. L’ordinazione potrà avvenire solo dopo il compimento del venticinquesimo anno per i celibi e del trentacinquesimo anno per i coniugati. L’itinerario per l’ammissione fra i candidati al diaconato culmina nel Rito di ammissione celebrato in Cattedrale. Prima di esso si terrà lo scrutinio sia nella Commissione diaconale, sia nel Consiglio per l’ammissione ai ministeri e agli ordini sacri. Forniranno elementi per la conoscenza dei candidati i parroci, dopo aver consultato tanto i propri collaboratori, quanto il Consiglio pastorale parrocchiale ed i responsabili per la formazione. Al Vescovo spetta l’ultima decisione. Tale scrutinio si effettuerà anche per l’ammissione ai ministeri del Lettorato e dell’Accolitato e all’Ordinazione diaconale. Il giudizio di ammissione alle varie tappe del cammino dovrà essere sempre accompagnato dal parere scritto del parroco, nonché dalla dichiarazione del direttore spirituale circa la regolarità della frequenza alla direzione spirituale. In via generale dopo il secondo anno di formazione, gli aspiranti possono presentare domanda scritta di ammissione fra i candidati al diaconato. Dopo il terzo anno può essere conferito loro il ministero del Lettorato e dopo il quarto anno quello dell’Accolitato, sempre in seguito a domanda scritta. Al termine del quinto anno, i candidati possono presentare la domanda di Ordinazione. Il discernimento, che è comunitario e personalizzato, potrà stabilire tempi diversi per i singoli candidati. È bene che il cammino non si prolunghi oltre i dieci anni. I ministeri del Lettorato e dell’Accolitato vanno considerati come preziosa opportunità di intimo e personale legame con la Parola di Dio e con l’Eucaristia, come vero e proprio servizio delle due mense che nutrono sia la fede dei candidati al diaconato, sia la vita delle loro comunità. Tali ministeri non siano pertanto intesi come mera tappa verso l’Ordinazione diaconale, ma visti e vissuti come specifico servizio ecclesiale e come tirocinio personale in relazione alla Parola e all’Eucaristia. Circa i requisiti per i ministeri si tenga conto di quanto segue: Lettorato. Il ministro lettore, “sentendo la responsabilità dell’ufficio ricevuto, si adoperi in ogni modo e si valga dei mezzi opportuni per acquistare ogni giorno più pienamente il soave e vivo amore e la conoscenza della Sacra Scrittura, per divenire un più perfetto discepolo del Signore”. I compiti del ministro lettore attengono alla proclamazione della Parola di Dio nell’assemblea liturgica, al canto, alla preghiera universale, ma anche alla preparazione e alla formazione dei fedeli affinché il popolo di Dio partecipi alla celebrazione in modo pieno e profondo. L’efficacia di questo ministero sull’intera comunità e su di sé dipenderà dalla “meditazione assidua della Sacra Scrittura” da parte, anzitutto, del ministro lettore stesso, nonché dall’intensificarsi del suo amore per la liturgia e per la spiritualità che da essa naturalmente promana. Tutto questo sarà sostenuto dallo studio accurato e serio della Scrittura e dall’esercizio fedele della lectio divina. Accolitato. Il ministro accolito è al servizio dei ministri ordinati e della comunità. La sua competenza attiene alla celebrazione liturgica, soprattutto eucaristica, ed in particolare alla preparazione della mensa, alla distribuzione dell’Eucaristia all’assemblea radunata e agli infermi nelle case, alla purificazione dei vasi sacri e all’esposizione e reposizione del Santissimo Sacramento per la pubblica adorazione.

Le esperienze pastorali. Nel cammino formativo è lasciato uno spazio adeguato perché ogni candidato possa assumersi uno o più impegni pastorali, nella parrocchia o nella zona, in accordo con il Delegato per la comunità diaconale. Ciò mira a far crescere nel candidato la passione pastorale, ma anche a favorire in lui la coscienza e il sentimento del legame con la realtà ecclesiale che un giorno dovrà servire come diacono. Le esperienze, che possono spaziare nei diversi settori della pastorale e nelle unità pastorali, devono anche aiutare a discernere le inclinazioni e le competenze del candidato, in vista del servizio diaconale. In questa fase egli sarà accompagnato dal parroco e dal responsabile del settore o dell’ufficio pastorale presso cui svolge l’esperienza. Questo accompagnatore dovrà conferire con il Delegato vescovile e dare un parere scritto per contribuire a formulare il giudizio di idoneità all’ammissione, ai ministeri e al diaconato.

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