Santa Geltrude Caterina Comensoli, vergine

Nacque a Bienno il 18 gennaio 1847. È presto attratta da Gesù presente nell’Eucaristia, che riceve per la prima volta bambina di non ancor sette anni.
Parla a tutti dell’Eucaristia, fonte di gioia e scuola di vita. Il suo motto: «Gesù, amarti e farti amare!». Il 15 dicembre 1882 fonda l’Istituto delle Suore Sacramentine di Bergamo, consacrate all’adorazione perpetua di Gesù, presente nell’Eucaristia, e dedite all’educazione cristiana della gioventù. Muore il 18 febbraio 1903. Il suo ultimo pensiero è ancora per Gesù presente nel mistero eucaristico. È stata beatificata il 1° ottobre 1989 e canonizzata il 26 aprile 2009. Il suo corpo è venerato nella chiesa della Casa Generalizia delle Suore Sacramentine a Bergamo.

Dal Comune delle vergini, con salmodia del giorno dal salterio.

Ufficio delle letture

Seconda lettura

Dagli «Scritti» di santa Geltrude Caterina Comensoli (Esortazioni e consigli: 15, 6, 1, 2, 3, 42, 64, 8, 9, 17, 11, 39, 52, 63)

Gesù non cessa di amarti      

Dio è carità, nascondersi in lui è amare, è sacrificarsi, è dimenticarsi di sé. Vivi dunque in Dio solo, come Gesù nel tabernacolo e con le tue preghiere cerca di attirare le anime a lui, i peccatori a conversione sincera, i fratelli e le sorelle a una grande santità. L’anima piena di Dio ama il silenzio e la solitudine, perché ha Dio nel cuore che le parla e l’attira a sé con affetto d’amore. È nella solitudine che si trovano pietre preziose, vive, con cui fabbricare la città di Dio. Dio ha disegni grandi su di te; presentati a lui con cuore largo, confidente, fiducioso. Il cuore piccolo e stretto non farà mai un passo verso la santità. Sii fedele alle ispirazioni e promesse e Gesù ti concederà la grazia di scoprire il fondo della tua miseria per poi innalzarti sopra te stessa e trasformarti in lui. Ogni mattina nella santa Messa alla elevazione dell’Ostia e del Sangue prezioso, chiedigli che distrugga in te la gelosia, la superbia e ti trasformi in tutta umiltà; più avanzerai nella virtù dell’umiltà e più la pace, l’allegrezza, l’amor di Dio riempiranno il tuo cuore da farti gustare il paradiso in terra. Dio si accosta all’umile e lo rischiara con la sua luce divina.
Gesù «non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso assumendo la condizione di servo» (Fil 2, 6). I tesori da conquistare qui sulla terra sono: sacrificio, umiltà, mansuetudine, pazienza, dolcezza, far buon viso a tutti e compatire tutti. Gesù non cessa di amarti, ogni istante della tua vita è un suo tratto d’amore; e tu avrai in cuore un istante per non pensare a lui e non amarlo? L’anima che ama Dio ama poco se stessa e combatte contro l’amore di sé. Bisogna amare puramente: cioè senza interesse, senza consolazione, povere di beni materiali e spirituali; Dio darà e farà ciò che manca. Gesù «umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte di croce» (Fil 2, 8). L’obbedienza è l’olocausto di se stessi, è piena adesione alla volontà di Dio. L’obbediente s’appoggia a Dio solo e fa tutto con calma e pace, perché in unione con Dio portare la croce, tutto diventa soave e leggero. Avanti con coraggio: la vetta è alta, scabrosa, piena di spine. Bisogna sudare, sudare sangue se occorre, ma non dimettersi. Vivi sempre alla presenza di Dio, ama il prossimo con vera carità che abbracci tutti gli uomini e in modo particolare la gioventù. Infine non intraprendere nulla senza aver domandato soccorso al Padre dei lumi, perché discenda con la pienezza dei suoi doni, circondi e penetri il tuo cuore con le sue amorose cure.

Responsorio – Cfr. Sir 16, 24

℞. Ascoltami, figlio, e impara la scienza, e nel tuo cuore tieni conto delle mie parole. * Io parlo nel silenzio e dono pace al cuore.
℣. Ama il silenzio e cerca solo Dio e la sua gloria. * Io parlo nel silenzio e dono pace al cuore.

Lodi mattutine

Ant. al Ben. Gesù Cristo abita in mezzo a noi,
per esserci accanto, sempre pronto ad aiutarci.

Orazione

O Dio, che in santa Geltrude [Comensoli], vergine, ci hai donato un vivo esempio di amore al sacramento dell’Eucaristia, fa’ che, imitando la sua testimonianza, cresca in noi il desiderio di conformare sempre di più la nostra vita al mistero che celebriamo, per dare al mondo un segno luminoso della carità che anticipa la gloria del Regno. Per il nostro Signore.

Vespri

Ant. al Magn. Nell’Eucaristia si gusta la dolcezza spirituale nella sua stessa fonte
e si fa memoria dell’altissima carità di Cristo.


Sant’Ercolano, vescovo

Nei dittici della Chiesa bresciana Sant’Ercolano figura come diciottesimo vescovo e il suo episcopato pare si debba assegnare al secolo VI. Il suo patronato sulla Riviera Benacense è da mettersi in relazione alle notizie di una sua permanenza eremitica, dopo la rinuncia all’episcopato, presso Campione del Garda, dove sarebbe anche morto. Le sue reliquie dal secolo XIII sono conservate e ancora oggi venerate nella chiesa parrocchiale di Maderno.

Dal Comune dei pastori, con salmodia del giorno dal salterio.

Ufficio delle letture

Seconda lettura

Dai «Discorsi» del Cardinale Giovanni Battista Montini, poi San Paolo VI, papa (11 gennaio 1959; G. B. Montini, Discorsi e scritti milanesi, vol. II, Brescia 1997, pp. 2783-2793)

L’ufficio del vescovo

II vescovo è, per natura sua, maestro. «Andate e insegnate», ha detto Gesù: li ha fatti maestri i vescovi, e apostoli. Il maestro ha una scolaresca che gli si stende d’intorno e incomincia a marcarsi un rapporto che può essere d’interesse grande, se il maestro è detentore della verità e se è colui che estrae dalle anime la capacità di intendere questa verità. Il maestro è un benefattore e a chi lo ascolta, egli si avvicina. Non è soltanto maestro; è pure sacerdote il vescovo, sommo sacerdote! Colui che ha la pienezza dei doni divini. La sua parola è potente, il suo gesto è ineffabile. Ancora: il vescovo è la guida. Uomini siamo e, dal momento che in questa terra si vive, in questa terra si deve camminare, c’è bisogno anche di un esercizio esteriore di comando. Il vescovo è il capo e ciò sia detto apertamente e definitivamente, contro tutte le obiezioni fatte dai nostri avversari, dagli spiritualisti, specialmente che stanno al di fuori della Chiesa cattolica e che dicono che il vescovo è un usurpatore della autorità, data da Cristo alla Chiesa collettiva e anonima, al corpo dei fedeli. Mai una comunità è nata da sé. Fin dai primi momenti della Chiesa la comunità è una formazione che si verifica intorno a una persona qualificata: è una società che si catalizza intorno a un mandato, che deve essere legittimo e autorizzato. Nessuno si pone da sé un mandato da cui possa derivare la sua autorità. Il vescovo è come un anello allacciato con un altro anello, fino a formare una catena che risale, per via della apostolicità, fino a Cristo stesso. Tutte queste qualità mostrano, quasi in sintesi, un elemento comune che fa vedere come l’incarico, cioè l’ufficio, la funzione del vescovo sia per se stessa destinata a una sua estensione che supera la persona che è investita da questo incarico. Non si può concepire un vescovo che non abbia una Chiesa. Il vescovo non è un solitario, non è un professore, non è un profeta, non è un eremita, non è un monaco. Il vescovo è un uomo sociale. Il vescovo è la continuità della Chiesa, perché lui solo la organizza, la qualifica, la specifica, la abilita, la rende viva. Noi dobbiamo considerare l’ufficio del vescovo, anche nella nostra concezione di vita spirituale, personale, come indispensabile: egli rappresenta la strada che percorre Cristo per venire a noi.

Responsorio – Mt 25, 20-21

℞. Servo buono e fedele, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto: * prendi parte alla gioia del tuo Signore.
℣. Signore, mi ha consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnato altri cinque:
℞. prendi parte alla gioia del tuo Signore.

Lodi mattutine

Ant. al Ben. Senza mai stancarsi,
sant’Ercolano dispensò il pane della divina Parola,
conquistando le anime alla salvezza.

Orazione

Dio onnipotente ed eterno, che hai chiamato il santo vescovo Ercolano a presiedere il tuo popolo, per la sua intercessione, dona a noi la grazia della tua misericordia. Per il nostro Signore.

Vespri

Ant. al Magn. Con memoria perenne sarà ricordato Ercolano, il giusto;
ha seguito il Signore come ministro fedele.

Orazione come alle Lodi mattutine.

Sant’Arcangelo Tadini, presbitero

Nacque il 12 ottobre 1846 a Verolanuova. Ordinato presbitero nel 1870, esercitò il suo ministero a Lodrino, a La Noce e, come parroco per 25 anni, a Botticino Sera. Vero pastore, si dedicò ai bisogni spirituali della sua parrocchia attraverso la predicazione e la catechesi. Attento ai segni dei tempi, diede vita a iniziative sociali, dedicandosi in particolare alle giovani operaie. Nel l900 fondò le Suore Operaie della Santa Casa di Nazareth, con il compito di educare le giovani lavorando con loro. Devoto dell’Eucaristia e di Maria, uomo di profonda preghiera, fu apostolo instancabile del mondo del lavoro, al quale additò come modello Gesù lavoratore a Nazareth. Morì a Botticino Sera il 20 maggio 1912. Fu proclamato beato il 3 ottobre 1999 e canonizzato il 26 aprile 2009. Il suo corpo è venerato nella cappella della Casa Madre delle Suore Operaie della S. Casa di Nazareth a Botticino.

Dal Comune dei pastori, con salmodia del giorno dal salterio.

Ufficio delle letture

Seconda lettura

Dalle Omelie di sant’Arcangelo Tadini (Pertransiit benefacendo, Sermones, II, pp. 677-690; Botticino, Archivio della Congregazione)

Amore per l’umanità

Umanità: di questa parola alcuni uomini amano infiorarsi le labbra. Ma quale uomo ebbe mai tanto amore per l’umanità come Gesù? Chi mai discenderebbe dal cielo o uscirebbe dalla sua tomba per assumere l’umanità negli stadi più dolorosi? No, nessuno dei mortali per il solo amore verso l’umanità ritornerebbe alle strettezze dell’infanzia, alle angosce della vita. Noi, o signori, ritorneremmo volentieri ai giorni del collegio? Quando lo immaginiamo nel sonno, alla mattina ci consoliamo nell’assicurarci che è stato un sogno! Non così Gesù. Solo Gesù è il vero amante dell’umanità. Non intendo narrare per esteso tutto ciò che ha fatto per l’umanità; è una meravigliosa epopea che gli occhi più non vedranno, ma che la riconoscenza ha scolpito nei cuori.
Il nome di Gesù fa trasalire le anime; lo ripete la madre sulla culla del suo bambino; lo invoca il morente, raggio di speranza, pegno di perdono. I poeti esaltano la sua gloria, gli oratori ne celebrano le virtù; la pittura, la scultura, la musica ne disegnano l’immagine; l’architettura si volge all’inerte materia, la scuote e le grida: «Levati e manda anche tu la tua voce!». La pietra trasale, esulta e freme sotto le mani dell’artista ed ecco che si innalzano al cielo le volte grandiose, si ergono le maestose cupole delle stupende cattedrali a cantare un inno al benefattore dell’umanità. Il grido dell’innocenza si mescola alla voce del pentimento, il silenzio dei chiostri al rumore del mondo; è il grido dell’uomo che loda, che celebra, che esalta Gesù. Egli è il centro di tutti i cuori, il segno dell’unione.
Quando nella capanna di Betlemme si udì un vagito, era il vagito di Dio, che, pazzo d’amore per l’umanità, volle assumerla, farla sua. «Io vi lascio la mia immagine – egli dirà – vi lascio l’uomo. Amatelo. Tutto ciò che farete al fratello nel mio nome, lo avrete fatto a me». O natura, natura dell’uomo, dove sei? Vieni a destare un palpito in questi cuori di ferro, di’ loro che cessino di divorarsi. Sono fratelli. No! La natura non seppe dirla questa parola, ci volle Gesù. Sì, fu Gesù che prese l’umanità, se la fece sua, se la pose sul cuore e di lei diventò rappresentante solidale: «Tutto ciò che farete all’uomo sarà come fatto a me».
Appena Gesù spirò sulla croce, una nuova era apparve, iniziò il regno dell’amore puro e disinteressato: si ama l’uomo per Dio, si ama Dio per mezzo dell’uomo. O grandezza, o sublimità d’amore! O uomo, ecco Gesù, il benefattore dell’umanità, ecco il principio di ogni beneficenza. Gesù Cristo come uomo è il rappresentante più completo dell’umanità e chi ama l’umanità deve necessariamente amare Gesù, come chi odia questi, dovrà inevitabilmente odiare anche quella. L’umanità sarà amata o odiata né più né meno di come sarà trattato Gesù. Ecco l’ineffabile misura: chi ama Dio, ama anche il prossimo. Abbiamo vera compassione dell’umanità e ameremo Gesù; amiamo Gesù e noi saremo fornaci d’amore per l’umanità. Amanti appassionati di Dio diventano necessariamente amanti appassionati dell’umanità!

Responsorio – Gv 15, 12-13

℞. Questo è il mio comandamento: * che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi, (T.P. Alleluia).
℣. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. * che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi, (T.P. Alleluia).

Lodi mattutine

Ant. al Ben. Non siete voi a parlare,
ma parla in voi lo Spirito del Padre.

Orazione

O Dio, sostegno nella debolezza, che ci hai donato nel presbitero sant’Arcangelo [Tadini] un mirabile esempio di zelante pastore a servizio della famiglia e del mondo del lavoro, concedi anche a noi, per sua intercessione, di contribuire con il nostro impegno quotidiano a edificare la Chiesa nella carità. Per il nostro Signore.

Vespri

Ant. al Magn. Ti rendo grazie, o Cristo, buon pastore,
che mi hai guidato alla gloria:
il gregge che mi hai dato, sia con me nel tuo regno.


Sant’Apollonio, vescovo

Il vescovo Apollonio compare nella Passio dei Ss. Faustino e Giovita nel ruolo classico del vescovo contemporaneo dei martiri. Secondo la Vita Sancti Apollonii, scritta dopo il 1025, venne sepolto nella chiesa di S. Apollonio a est della città nei pressi della via romana Milano-Aquileia. Nel sec. X, per iniziativa del vescovo Goffredo, la testa e il braccio destro del santo furono portati a Canossa, mentre il 6 ottobre 1025 il vescovo Landolfo II, per evitare ulteriori sottrazioni, fece trasferire le reliquie nella cattedrale. Attualmente tali reliquie si conservano nell’arca marmorea di S. Apollonio in Duomo nuovo, dove furono deposte il 3 giugno 1674. Fino al 1485, insieme a S. Filastrio, S. Apollonio fu considerato patrono principale della Chiesa bresciana, mentre in seguito vennero sostituiti dai due martiri Faustino e Giovita. Il fervore devozionale nei confronti di S. Apollonio è attestato da numerose sue raffigurazioni pittoriche e scultoree, dalla dedicazione in suo onore di molti altari e varie chiese, più che a qualunque altro santo vescovo bresciano.

Dal Comune dei pastori, con salmodia del giorno dal salterio.

Ufficio delle letture

Seconda lettura

Dai «Discorsi» di sant’Agostino, vescovo (Disc. 46, 1-2; CCL 41, pp. 529-530)

Pastori siamo, ma prima cristiani

Ogni nostra speranza è posta in Cristo. È lui tutta la nostra salvezza e la vera gloria. È una verità, questa, ovvia e familiare a voi che vi trovate nel gregge di colui che porge ascolto alla voce di Israele e lo pasce. Ma poiché vi sono dei pastori che bramano sentirsi chiamare pastori, ma non vogliono compiere i doveri dei pastori, esaminiamo che cosa venga detto loro dal profeta. Voi ascoltatelo con attenzione, noi lo sentiremo con timore.
«Mi fu rivolta questa parola del Signore: Figlio dell’uomo, profetizza contro i pastori di Israele predici e riferisci ai pastori d’Israele» (Ez 34, 1-2). Abbiamo ascoltato or ora la lettura di questo brano, quindi abbiamo deciso di discorrerne un poco con voi. Dio stesso ci aiuterà a dire cose vere, anche se non diciamo cose nostre. Se dicessimo infatti cose nostre saremmo pastori che pascono se stessi, non il gregge; se invece diciamo cose che vengono da lui, egli stesso vi pascerà, servendosi di chiunque.
«Dice il Signore Dio: Guai ai pastori di Israele che pascono se stessi! I pastori non dovrebbero forse pascere il gregge?» (Ez 34, 2), cioè i pastori non devono pascere se stessi, ma il gregge. Questo è il primo capo di accusa contro tali pastori: essi pascono se stessi e non il gregge. Chi sono coloro che pascono se stessi? Quelli di cui l’Apostolo dice: «Tutti infatti cercano i propri interessi, non quelli di Gesù Cristo» (Fil 2, 21).
Ora noi che il Signore, per bontà sua e non per nostro merito, ha posto in questo ufficio – di cui dobbiamo rendere conto, e che conto! – dobbiamo distinguere molto bene due cose: la prima cioè che siamo cristiani, la seconda che siamo posti a capo. Il fatto di essere cristiani riguarda noi stessi; l’essere posti a capo invece riguarda voi.
Per il fatto di essere cristiani dobbiamo badare alla nostra utilità, in quanto siamo messi a capo dobbiamo preoccuparci della vostra salvezza.
Forse molti semplici cristiani giungono a Dio percorrendo una via più facile della nostra e camminando tanto più speditamente, quanto minore è il peso di responsabilità che portano sulle spalle. Noi invece dovremo rendere conto a Dio prima di tutto della nostra vita, come cristiani, ma poi dovremo rispondere in modo particolare dell’esercizio del nostro ministero, come pastori.

Responsorio

℞. Li hai posti come sentinelle, * vegliano sulla tua Chiesa. Li hai posti come sentinelle, vegliano sulla tua Chiesa.
℣. Giorno e notte annunziano il tuo nome, vegliano sulla tua Chiesa. Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
℞. Li hai posti come sentinelle, vegliano sulla tua Chiesa.

Orazione

Dio onnipotente ed eterno, che hai chiamato il santo vescovo Apollonio a presiedere il tuo popolo, per la sua intercessione dona a noi la grazia della tua misericordia. Per il nostro Signore.


Sant’Anàtalo, vescovo

Secondo una leggenda, sant’Anátalo sarebbe stato consacrato vescovo di Milano e di Brescia da san Barnaba, e per questo sarebbe stato fondatore delle due Chiese. Al di là dell’aspetto leggendario, resta il fatto che la Chiesa bresciana è storicamente la più antica suffraganea della Chiesa milanese. L’introduzione del culto di sant’Anátalo a Brescia, come primo vescovo di Milano e di Brescia, potrebbe essere fatta risalire all’epoca dell’episcopato di Landolfo II (1004-5/1030), fratello dell’arcivescovo di Milano Arnolfo II, allo scopo di rafforzare il legame tra le due Diocesi. In ogni caso le più antiche liste dei vescovi bresciani non lo ricordano come primo vescovo. Il primo documento che indica un culto per sant’Anátalo a Brescia è un calendario liturgico della Cattedrale datato 1346. Nel 1472 le reliquie, prodigiosamente ritrovate nella chiesa di S. Fiorano sui Ronchi, sarebbero state traslate in Duomo vecchio e nel 1791 nel nuovo Duomo, ove tuttora si venerano.

Dal Comune dei pastori, con salmodia del giorno dal salterio.

Ufficio delle letture

Seconda lettura

Dall’«Omelia per l’ordinazione di nuovi Vescovi», di San Paolo VI, papa (Insegnamenti di Paolo VI, 29 giugno 1973, Tipografia Poliglotta Vaticana, pp. 668-673)

Nella persona del vescovo è presente lo stesso Gesù Cristo

Nella persona del vescovo, circondato dai suoi presbiteri, è presente in mezzo a voi lo stesso Gesù Cristo, nostro Signore, costituito pontefice in eterno. È lui, infatti, che, nel ministero del vescovo, non cessa di predicare il Vangelo e di dispensare ai credenti i misteri della fede. È lui che, mediante il carisma paterno del vescovo, aggiunge e aggrega nuove membra al suo corpo. È lui che, con la sapienza pastorale del vescovo, vi conduce durante il pellegrinaggio terreno verso la beatitudine eterna.
Accogliete, pertanto, con animo grato e festoso i nostri fratelli che noi vescovi, mediante l’imposizione delle mani, chiamiamo a far parte del nostro collegio episcopale. Onorateli come ministri di Cristo e dispensatori dei misteri di Dio, perché ad essi è affidata la testimonianza del Vangelo di verità ed il ministero della santificazione. Ricordatevi delle parole di Cristo, che dice ai suoi Apostoli: «Chi ascolta voi, ascolta me, e chi disprezza voi, disprezza me. Ma chi disprezza me, disprezza colui che mi ha mandato». Queste sono le parole che la Chiesa propone alla meditazione dei fedeli, del clero e dei nuovi eletti all’ordine episcopale. Rimangano esse scolpite nella nostra memoria. Esse sono una sintesi densa e preziosa del mistero sacramentale, che stiamo celebrando; esse ci riportano all’istituzione divina della gerarchia apostolica, facendoci risalire alla sua sorgente stessa nella Santissima Trinità: Dio, il Padre, genera in se stesso e manda nel mondo il Verbo, Figlio di Dio fatto uomo, Gesù Cristo; il quale proclamerà la linea sovrana dell’economia della nostra salvezza: «Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi» (Gv 20, 21; cfr. 6, 57; 7, 29; 17, 18).
Questa derivazione dell’episcopato dalla profondità della vita divina, e dalla storicità del disegno di Cristo, disegno che si compie nella missione dello Spirito Santo (cfr. Gv 16, 7; cfr. 14, 16, 26), fa del Padre il principio unico e sommo e il capo di Cristo stesso (cfr. 1Cor 11, 3); fa di Cristo il capo della Chiesa (cfr. Ef 5, 23), e fa del vescovo, continuatore e rappresentante di Cristo, il maestro, il sacerdote, il pastore del Popolo di Dio, la Chiesa, Corpo mistico di Cristo. Non avremo mai abbastanza studiato e contemplato questa suprema teologia, che ci riguarda ormai personalmente, e che ora noi non solo stiamo enunciando, ma compiendo. Ora è da notare che nessuna chiamata è così esigente come questa. Essa domanda tutto al seguace del Signore (cfr. Mt 4, 20; 10, 37; Lc 5, 11, 28). Essa domanda per sempre (cfr. Gv 6, 67). Essa, sebbene fin d’ora sia tanto prodiga di beatitudine, non promette nulla in questo mondo, eccetto il sacrificio di sé (Mt 10, 38; Gv 12, 24 ss.), e l’impopolarità e l’avversione degli uomini (Mt 5, 11; Gv 16, 20; 21, 18). Essa non porta con sé soltanto la partecipazione allo stato sacerdotale di Cristo, ma la partecipazione altresì al suo sacrificio, al suo stato di vittima. Egli vuole da noi un dono totale della nostra vita, una partecipazione senza riserve alla sua passione (Col 1, 24; Gal 6, 2). Uno stile di dedizione (cfr. Gv 13, 16 ss.) e di coraggio per tutta la vita (Lc 12, 32; Mt 10, 28; etc.): così è il programma offerto da Cristo, specialmente ai suoi immediati discepoli e apostoli. Ma questo è il programma della salvezza, per noi e per il mondo alla cui salute noi siamo destinati. Il mondo si salva così, mediante la Croce e mediante la nostra partecipazione al sacrificio della Croce.

Responsorio – Cfr. At 20, 28; 1Cor 4, 2

℞. Vegliate su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti come custodi, * per essere pastori della Chiesa di Dio, che si è acquistata con il sangue del proprio Figlio.
℣. Agli amministratori si richiede di essere fedeli,
℞. per essere pastori della Chiesa di Dio, che si è acquistata con il sangue del proprio Figlio.

Orazione

Dio onnipotente ed eterno, che hai chiamato il santo vescovo Anàtalo a presiedere il tuo popolo, per la sua intercessione dona a noi la grazia della tua misericordia. Per il nostro Signore.


Sant’Ambrogio, vescovo e dottore della Chiesa

Ambrogio (Treviri, Germania, 340 ca. – Milano, 4 aprile 397), governatore delle province romane di Emilia e Liguria, con sede a Milano, nel 374 fu acclamato dal popolo alla guida della Chiesa locale, lacerata a causa dell’eresia ariana. Battezzato e ordinato vescovo (30 novembre e 7 dicembre 374), attese allo studio assiduo della Scrittura e dei Padri, per poi trasfonderne il frutto nella predicazione e nei numerosi scritti di contenuto esegetico, dottrinale, liturgico. Promovendo la verginità consacrata e onorando il martirio suggerì un alto ideale di vita cristiana. Esercitò con saggezza il governo pastorale nella Chiesa di Milano, favorendo altresì la fondazione di varie sedi episcopali nel Nord Italia. Fu tra i protagonisti del definitivo prevalere dell’ortodossia nicena sull’eresia ariana. Il suo influsso è stato così profondo che la Chiesa di Milano, con la sua liturgia, è denominata «ambrosiana».

Dalla Liturgia delle Ore.

All’Ufficio delle letture, dopo la seconda lettura e il suo responsorio: Inno Te Deum.


Sant’Angela Merici, Vergine

Angela Merici (Desenzano del Garda, 1470 – Brescia, 1540) fondò a Brescia nel 1535 la Compagnia di sant’Orsola, istituzione di vita consacrata nel mondo, dotandola di Regola propria. I Ricordi e il Testamento manifestano profondo spirito evangelico e intensa vita spirituale. La diffusione della Compagnia e la nascita dei diversi Istituti di suore Orsoline hanno divulgato la venerazione della santa nel mondo. Il suo culto fu confermato il 30 aprile 1768; venne canonizzata il 24 maggio 1807. L’11 novembre 2009 è stata dichiarata Patrona secondaria della città e della Diocesi di Brescia. Il suo corpo è venerato nel santuario a lei dedicato a Brescia.

Dal Comune delle vergini.

Ufficio delle letture

Prima lettura

Dalla prima lettera ai Corinzi di san Paolo, apostolo (7, 25-40)

La verginità cristiana

Fratelli, riguardo alle vergini, non ho alcun comando dal Signore, ma do un consiglio, come uno che ha ottenuto misericordia dal Signore e merita fiducia. Penso dunque che sia bene per l’uomo, a causa delle presenti difficoltà, rimanere così com’è. Ti trovi legato a una donna? Non cercare di scioglierti. Sei libero da donna? Non andare a cercarla. Però se ti sposi non fai peccato; e se la giovane prende marito, non fa peccato. Tuttavia costoro avranno tribolazioni nella loro vita, e io vorrei risparmiarvele.
Questo vi dico, fratelli: il tempo si è fatto breve; d’ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l’avessero; quelli che piangono, come se non piangessero; quelli che gioiscono, come se non gioissero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano i beni del mondo, come se non li usassero pienamente: passa infatti la figura di questo mondo! Io vorrei che foste senza preoccupazioni: chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore; chi è sposato invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere alla moglie, e si trova diviso! Così la donna non sposata, come la vergine, si preoccupa delle cose del Signore, per essere santa nel corpo e nello spirito; la donna sposata invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere al marito. Questo lo dico per il vostro bene: non per gettarvi un laccio, ma perché vi comportiate degnamente e restiate fedeli al Signore, senza deviazioni.
Se però qualcuno ritiene di non comportarsi in modo conveniente verso la sua vergine, qualora essa abbia passato il fiore dell’età – e conviene che accada così – faccia ciò che vuole: non pecca; si sposino pure! Chi invece è fermamente deciso in cuor suo – pur non avendo nessuna necessità, ma essendo arbitro della propria volontà – chi, dunque, ha deliberato in cuor suo di conservare la sua vergine, fa bene. In conclusione, colui che dà in sposa la sua vergine fa bene, e chi non la dà in sposa fa meglio.
La moglie è vincolata per tutto il tempo in cui vive il marito; ma se il marito muore è libera di sposare chi vuole, purché ciò avvenga nel Signore. Ma se rimane così com’è, a mio parere è meglio; credo infatti di avere anch’io lo Spirito di Dio.

Responsorio – 1 Cor 7, 34; Sal 72 (73), 26

℞. Dio è roccia del mio cuore, mia parte per sempre: * con lui, non desidero nulla sulla terra.
℣. Una vergine si preoccupa delle cose del Signore, per essere santa nel corpo e nello spirito:
℞. con lui, non desidero nulla sulla terra.

Seconda lettura

Dal «Testamento Spirituale» di sant’Angela Merici, vergine (Gli scritti. Regola, ricordi, testamento, Brescia 2001, 104-109)

Trattiamo con soavità come Dio

Mie carissime madri e sorelle in Gesù Cristo, sforzatevi, coll’aiuto della grazia, di acquistare e conservare in voi tale intenzione e sentimento buono, da essere mosse alla cura e al governo della Compagnia solo per amore di Dio e per lo zelo della salute delle anime. Se tutte le vostre opere saranno così radicate in questa duplice carità, non potranno portare se non buoni e salutiferi frutti. Perciò dice il Salvator nostro: «Un albero buono non può produrre frutti cattivi» (Mt 7, 18) come volesse dire che il cuore, quando è informato alla carità, non può produrre se non buone e sante opere. Onde ancora diceva sant’Agostino: Ama e fa’ quel che vuoi, come se dicesse chiaramente: la carità non può peccare.  Vi supplico ancora di voler ricordare e tenere scolpite nella mente e nel cuore tutte le vostre figliuole a una a una; e non solo i loro nomi, ma ancora la condizione e indole e stato e ogni cosa loro. Il che non vi sarà cosa difficile, se le abbraccerete con viva carità. Anche le madri secondo la carne, se avessero mille figliuoli, tutti se li terrebbero nell’animo totalmente fissi a uno a uno, perché così opera il vero amore. Anzi pare che, quanti più ne hanno, tanto più cresca l’amore e la cura particolare per ciascuno. Maggiormente le madri secondo lo spirito possono e devono far questo, perché l’amore secondo lo spirito è, senza confronto, molto più potente dell’amore secondo la carne. Dunque, mie carissime madri, se amerete queste nostre figliuole con viva e sviscerata carità, sarà impossibile che non le abbiate tutte particolarmente impresse nella memoria e nel cuore. Impegnatevi a tirarle su con amore e con mano soave e dolce, e non imperiosamente né con asprezza; ma in tutto vogliate esser piacevoli. Ascoltate Gesù Cristo che raccomanda: «Imparate da me che sono mite e umile di cuore» (Mt 11, 29); e di Dio si legge che «governa con bontà eccellente ogni cosa» (Sap 8, 1). E ancora Gesù Cristo dice: «Il mio giogo è dolce e il mio carico leggero» (Mt 11, 30). Ecco perché dovete sforzarvi di usare ogni piacevolezza possibile. Soprattutto guardatevi dal voler ottenere alcuna cosa per forza: poiché Dio ha dato a ognuno il libero arbitrio e non vuole costringere nessuno, ma solamente propone, invita e consiglia. Non dico però che alle volte non si debba usare qualche riprensione e asprezza a tempo e luogo secondo l’importanza, la condizione e il bisogno delle persone, ma solamente dobbiamo essere mosse a questo dalla carità e dallo zelo delle anime.

Responsorio – Ef 5, 8-9; Mt 5, 14. 16

℞. Voi siete luce nel Signore: comportatevi come figli della luce. * Il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità.
℣. Voi siete la luce del mondo: risplenda la vostra luce davanti agli uomini. * Il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità.

Lodi mattutine

Ant. al Ben.  Vergine saggia, Angela
ha alimentato la lampada della sapienza con l’olio della carità
e ha illuminato il cammino di coloro che scelgono Cristo
come sposo e modello di vita.

Orazione

O Signore, l’intercessione della santa vergine Angela [Merici] ci affidi sempre al tuo amore di Padre, perché, seguendo i suoi esempi di carità e prudenza, custodiamo i tuoi insegnamenti e li testimoniamo nella nostra vita. Per il nostro Signore.

Vespri

 Ant. al Magn. Nel mondo, ma non nel mondo.
Angela, discepola fedele, ha aperto nuove strade
per gettare il seme della parola che illumina e che salva.


San Vigilio, vescovo

Vescovo di Brescia nel sec. V, il suo nome ricorre nella lista dei vescovi bresciani elencati nel discorso pronunciato dal vescovo Ramperto nell’838, in occasione della traslazione delle reliquie di San Filastrio. Secondo la tradizione venne sepolto a Iseo, dove si trovava al momento della sua morte. La lontananza dalla sede episcopale è forse da mettere in relazione alle turbolenze delle invasioni barbariche, in particolare la distruzione di Brescia da parte degli Unni di Attila nel 452. Le sue reliquie sono conservate in parte a Iseo e in parte nella chiesa cittadina di San Lorenzo. A San Vigilio sono dedicate le chiese parrocchiali di Cevo e Monterotondo. Nel 2021 S. Vigilio è stato dichiarato patrono della Riviera Sebina bresciana.

Dal Comune dei pastori, con salmodia del giorno dal salterio.

Ufficio delle letture

Seconda lettura

Dalla «Regola Pastorale» di san Gregorio Magno, papa (Opere di Gregorio Magno – Regola Pastorale, a cura di G. Cremascoli, Roma 2008, 29.31.41)

Le qualità necessarie a chi vuol esercitare l’ufficio pastorale

Va in tutti i modi segnalato come modello di vita chi, morendo a tutte le passioni della carne, vive ormai secondo lo spirito, chi disdegna le fortune terrene, non teme alcuna avversità e desidera solo i beni dell’anima. In linea con questa scelta di vita, né il corpo pone ostacoli per la sua fragilità né lo spirito attraverso il disprezzo. Egli, poi non si fa trasportare dalla bramosia dei beni altrui e dona, anzi, i propri. Mosso da pietà, si decide presto al perdono, senza, però concederlo più di quanto sia conveniente ed evitando di abbandonare il baluardo della rettitudine. Non compie azioni malvagie e piange i peccati compiuti dagli altri come fossero propri. Con animo generoso si fa carico della debolezza del prossimo e si rallegra delle fortune altrui come di propri vantaggi. In ogni azione diventa un modello per tutti, così da non avere, di fronte ad alcuno, di che arrossire, neppure per dei trascorsi.
Si sforza di vivere in modo da irrigare con i fiumi della dottrina anche per le menti inaridite degli uomini. Dall’impegno e dall’esperienza dell’orazione ha ormai appreso che può ottenere da Dio i favori richiesti, ed a lui in modo speciale, mediante la voce dei fatti, vien detto: mentre tu stai ancora parlando, esclamerò: Ecco, sono presente. (Is 58,9).
Se per caso si presentasse a noi un individuo per condurci a intercedere per lui presso un personaggio potente, irato nei suoi confronti e a noi ignoto, risponderemmo subito: non ci è possibile intervenire per questa mediazione, perché non abbiamo, nei suoi confronti, né conoscenza né familiarità. Se dunque un uomo si vergogna di farsi mediatore presso un altro quando non ci sono possibilità di riuscita, con quale spirito può assumere il compito di intercedere per il popolo presso Dio chi non ha conoscenza di essere accetto alla sua grazia per i meriti della vita? O come può chiedere misericordia per gli altri chi ignora se a lui è stato concesso il perdona?
Ognuno dunque si esamini con impegno e non osi assumere responsabilità pastorali se in lui domina ancora dannosamente il male, perché non avvenga che un individuo macchiato di proprie colpe aspiri a farsi intercessore per quelle degli altri.
[…] Il pastore sia di esempio nella condotta per indicare la via della vita ai sudditi con il suo comportamento, e il gregge, che ne segue gli insegnamenti e le opere, progredisca attirato degli esempi più che dalle parole. Chi infatti è tenuto, per esigenza di un alto incarico, a proclamare verità sublimi, è costretto, da questa stessa esigenza, a mostrarle in atto.
Nel cuore di chi ascolta penetra infatti più volentieri la parola accreditata dalla vita di chi la proclama, perché questi aiuta con i fatti a porre in atto ciò che la sua voce impone di compiere. Per questo si afferma mediante il profeta: Sali su un alto monte, tu che rechi la buona novella a Sion. (Is. 40,9) Chi si impegna nella predicazione delle realtà del cielo, staccandosi ormai dalle bassezze di quelle terrene, appaia come in vetta ad ogni cosa; attiri più facilmente i fedeli ad una vita migliore testimoniando le realtà eterne con i meriti della vita.

Responsorio Cfr. At 20, 28; 1 Cor 4, 2

℞. Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti come custodi, * per essere pastori della Chiesa di Dio, che si è acquistata con il sangue del proprio Figlio.
℣. A chi amministra, si chiede di essere fedele,
℞. per essere pastori della Chiesa di Dio, che si è acquistata con il sangue del proprio Figlio.

Lodi mattutine

Ant. al Ben. Vigilio, pastore generoso,
ha dispensato con amore la parola che illumina e che salva.

Orazione

O Dio, che hai mirabilmente unito ai santi pastori il vescovo Vigilio, ardente di carità divina e insigne per la fede che vince il mondo, per sua intercessione fa’ che anche noi, perseverando nella fede e nell’amore, diventiamo partecipi della sua gloria. Per il nostro Signore.

Vespri

Ant. al Magn. Seguiamo la via che Vigilio ha tracciato
e che conduce alla salvezza eterna.


San Siro, vescovo

San Siro è considerato patrono della Valle Camonica perché, secondo una leggenda del secolo VIII, ne sarebbe stato l’evangelizzatore nel periodo subapostolico. Assodato rimane solo il fatto che Siro è il primo della serie dei Vescovi di Pavia e si colloca agli inizi del secolo IV. In Valle Camonica il suo culto appare abbastanza antico e sarebbe stato introdotto dai Longobardi nel secolo VIII. Lo attesta anche la vetusta pieve di Cemmo, a lui intitolata, risalente al secolo XI.

Dal Comune dei pastori, con salmodia del giorno dal salterio.

Ufficio delle letture

Seconda lettura

Dal «Commento sui salmi» di Sant’Agostino, vescovo (Salmo 126,3, CL 0283, SL 40)

Al vescovo tocca sorvegliare, cioè custodire il popolo

Tutti gli eletti, presi nel loro insieme, formano l’unica casa di Dio e l’unica sua città: la città di Gerusalemme. Questa città ha i suoi custodi: come ha i costruttori, cioè coloro che lavorano per innalzarla, così ha anche chi la custodisce. Si riferiscono infatti alla custodia della casa di Dio le parole dell’Apostolo: «Temo che come il serpente sedusse Eva con la sua astuzia così anche le vostre menti vengano corrotte, perdendo quella castità che è in Cristo». Custodiva coloro che governava; era un custode che vegliava su di loro come meglio poteva. La stessa cosa fanno oggi i vescovi. Se infatti al vescovo è allestito un seggio più elevato, è perché tocca a lui sorvegliare, cioè custodire, il popolo. Difatti “vescovo” è un termine greco che in latino si dovrebbe rendere con “sorvegliante”, uno cioè che dal di sopra osserva e vede dall’alto. Come al viticultore si costruisce un posto da cui possa custodire la vigna, così si costruisce in alto la sede episcopale.
Quando si sta in un posto elevato come questo, pericoloso comincia a diventare il rendiconto. Occorre una tale disposizione che, sebbene collocati quassù, in virtù dell’umiltà ci sentiamo sotto i vostri piedi, e insieme preghiamo per voi, affinché colui che conosce i vostri sentimenti vi custodisca. È vero infatti che noi possiamo osservarvi quando entrate e quanto uscite; ma è altrettanto vero che non possiamo scorgere i pensieri del vostro intimo, anzi nemmeno ci è dato vedere cosa facciate quando siete a casa vostra. In che modo allora vi custodiamo? Da uomini: come cioè consentito alle nostre possibilità e dentro i limiti delle risorse ricevute. Ora, siccome noi vi custodiamo da uomini e quindi in maniera imperfetta, forse che voi resterete senza custode? Certo no. Dov’è infatti colui del quale si dice: «Se il Signore non custodisce la città, invano lavora colui che la custodisce»? Noi ci diamo da fare per custodirvi, ma sarebbe inutile ogni nostro lavoro se non vi custodisse colui che scruta i vostri pensieri. Egli vi custodisce durante la veglia e durante il sonno. Addormentatosi infatti una sola volta sulla croce, ne è risuscitato e ormai non dorme più. Siate dunque un Israele, poiché il custode d’Israele non dormirà più, né più prenderà sonno. Sì, fratelli! Se vogliamo essere custoditi all’ombra delle sue ali, facciamo in modo d’essere un Israele.
Quanto a noi, infatti, è vero che vi custodiamo in forza dell’ufficio affidatoci, ma vogliamo essere custoditi insieme con voi. Nei vostri confronti siamo come pastori, ma rispetto al sommo Pastore siamo delle pecore come voi. A considerare il posto che occupiamo, siamo vostri maestri, ma rispetto a quell’unico Maestro, siamo vostri condiscepoli e frequentiamo la stessa scuola.

Responsorio – 1 Pt 2, 4-5; Sal 118, 22

℞. Avvicinandovi al Signore, pietra viva, quali pietre vive siete costruiti anche voi come edificio spirituale * La pietra scartata dai costruttori è divenuta la pietra d’angolo.
℣. Divenuti un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo:
℞. La pietra scartata dai costruttori è divenuta la pietra d’angolo.

Orazione come alle Lodi mattutine.

Lodi mattutine

Ant. al Ben. Noi predichiamo Gesù Cristo
e siamo vostri servitori per amore di Gesù.

Orazione

O Dio, che hai reso sacro questo giorno, per la morte gloriosa del santo vescovo Siro, concedi a noi, per sua intercessione, l’abbondanza della tua misericordia. Per il nostro Signore.

Vespri

Ant. al Magn. Vi ho annunciato la testimonianza di Gesù Cristo
perché la vostra fede fosse fondata sulla sapienza di Dio.

Orazione come alle Lodi mattutine.