S. Messa di ringraziamento per la Beatificazione di suor Lucia Ripamonti

Brescia, Chiesa di S. Lorenzo | Domenica 24 ottobre 2021

È molto suggestiva e anche molto bella questa immagine, la figura di questo cieco di nome Bartimeo che, ricevuta la vista, si mette subito a seguire il Signore. E molto avremmo da imparare da questa circostanza che ci viene raccontata nel Vangelo che la liturgia propone quest’oggi alla nostra meditazione. Quest’uomo che, appena riesce a vedere, viene attirato dal volto di Gesù e si mette a seguirlo e dice: io starò con te, adesso che ti ho visto, io non ti lascerò. Ed entra a far parte del gruppo dei suoi discepoli e con lui si avvia verso Gerusalemme dove sappiamo che Gesù consumerà il suo sacrificio.

Ma credo sia importante, senza offesa per la Parola di Dio, lasciare che questa meditazione venga a partire da quell’Evangelo vivente che è la testimonianza di una persona, appunto della nostra nuova Beata, Suor Lucia.

Una breve parola che va ad aggiungersi a quelle che già abbiamo ascoltato in questi giorni e davvero molto  preziose. Vorrei però anch’io provare a offrire qualche considerazione che, devo dire, raccolgo da quello che io stesso ho vissuto e attingo – piace dire – da ciò che è stato espresso dalla Congregazione stessa. Farò riferimento a questo canto che è stato composto e che abbiamo anche sentito eseguire all’inizio di questa celebrazione.

La prima strofa di questo canto comincia così: “umile ancella, umile ancella”. Di Suor Lucia è unanimemente riconosciuta questa caratteristica dell’umiltà. La sua grande testimonianza si riconduce a questa parola, l’umiltà. Mi colpiva il fatto che questa stessa parola viene utilizzata nel Magnificat, la Madonna la usa per definire sé stessa: “ha guardato l’umiltà della sua serva, o della sua ancella”, e forse anche per questo – ma non so, qui non vorrei dire più di quello che fosse opportuno dire – in ogni caso mi piace, e mi colpisce, questa denominazione: Beata Lucia dell’Immacolata. Per cui la figura di questa Beata va posta in diretto rapporto con la figura di Maria, e ciò che le accomuna è l’umiltà: umile ancella ha guardato l’umiltà della sua ancella.

Questa parola “umiltà” è molto ricca e sarebbe proprio importante provare a declinarla, cioè a farne emergere i vari aspetti. Quando una persona è umile? E da che cosa si capisce che è umile? Ecco, questo canto che è stato composto ci aiuta a comprenderlo e credo fa tesoro di una vita che è stata spesa e riconosciuta nella forma di una testimonianza.

La prima parola è la serenità, la dolcezza: sul volto sereno e radioso risplende il tuo angelico sorriso. Una persona il cui volto era normalmente contraddistinto da questa dolcezza nella forma del sorriso. Beh è una bella caratteristica questa; l’amabilità, la dolcezza, la serenità, quanto bisogno abbiamo di persone che danno serenità mentre stiamo vivendo un’esperienza di vita che rischia davvero troppo volte di essere triste. C’è bisogno di qualche volto davvero capace di trasmettere questa serenità perché in grado di attingerla costantemente da qualcosa che misteriosamente opera dentro di lei.

La seconda parola che qui trovo e che mi fa pensare è “la modestia”, capolavoro di modestia. Sì, la persona umile è una persona modesta ma nel senso positivo della parola. Che cos’è la modestia? Credo si debba identificare nella ricerca dell’ultimo posto. Chi non pretende di stare al primo posto, ma neanche al secondo, neanche al terzo, come ricordava giustamente ieri il cardinal Marcello Semeraro nell’omelia, citando un episodio: lei stava sempre indietro, e quanto gli chiedono; ma perché? Lei dice: devo stare e voglio stare al mio posto; il mio posto è l’ultimo.

La terza caratteristica che emerge da questo canto e che fa tesoro di un’esperienza, la terza parola è la parola “servizio”. Pronta a soccorrere il prossimo nel servizio e nell’amore di ogni gesto quotidiano.

Servire. Un servizio – appunto – umile o forse meglio, una umiltà che si fa servizio. Una delle ultime – mi diceva madre Gabriella – delle mandatarie, mandatarie erano le sorelle che svolgevano i servizi, non avevano incarichi particolarmente significativi come l’insegnamento, come altro. E allora quando c’era da compiere qualche servizio di vario genere si chiamava loro, a disposizione per qualsiasi cosa si dovesse fare, per qualsiasi cosa ci fosse bisogno e a maggior ragione per servizi umili.

La quarta parola che raccolgo da quello che abbiamo ascoltato è il “nascondimento”: avvolta nel nascondimento la via percorri della croce. Il nascondimento è il non farsi vedere nel compiere il bene, è il non pretendere riconoscimento, è il non aspettarsi neanche un grazie e quindi non rischiare mai di sentirsi – come dire – feriti dall’ingratitudine degli altri. Ma chi non si aspetta nulla dagli altri non rimane male se gli altri non gli danno nulla, e nemmeno lo ringraziano per il bene che hanno fatto. Il nascondimento è un evidente segno di umiltà. Vi ricordate l’episodio delle nozze di Cana? Gesù dona questo vino meraviglioso che è di altissima qualità e lo dà in abbondanza esagerata e nessuno lo ringrazia perché gli sposi neanche si sono accorti che è stato fatto un dono così prezioso, peraltro, che ha salvato la loro festa, semplicemente Gesù ha piacere di donare. E così anche questa donna non ha chiesto nulla, e quello che faceva preferiva farlo nel nascondimento.

E l’ultima parola è la “semplicità”: sorella mite e semplice. Le persone semplici il mondo le ritiene di poco valore, perché semplici, invece che valgono sono le persone importanti, quelle che sono in vista per varie ragioni. Sono persone semplici, l’aggettivo “semplice”, è un aggettivo – direi – tra quelli che dobbiamo considerare più veri e più rari. La semplicità non è sinonimo di povertà ma è una forma particolare della ricchezza. La persona semplice è una persona ricca, è una persona che ha unificato tante realtà, le percepisce nella loro verità ed è capace di offrirle attraverso un modo di essere e anche un modo di parlare che non è banale, è molto profondo ma, appunto, è semplice. Le persone semplici hanno quella spontaneità e quella naturalezza che però rivelano una straordinaria profondità di vita. Sanno che cosa è la vita, sono persone sagge.

Ecco le quattro sfaccettature dell’umiltà: la dolcezza, la modestia, il servizio, il nascondimento, la semplicità. L’umiltà è una realtà non da poco. È un diamante con tante sfaccettature. Qual è il segreto dell’umiltà vera?  Il segreto è stato costantemente ripetuto nel ritornello, che riprende, se non dico male, le ultime parole della nostra Beata: nella mia vita ho sempre tenuto gli occhi fissi in Dio. Questo è il segreto di ogni vera umiltà, è il segreto dell’umiltà della Beata Vergine Maria ed è il segreto dell’umiltà della nostra nuova e cara Beata Lucia dell’Immacolata.