Come diacono, quando alla fine della messa raccolgo le briciole per pulire la patena e il calice, penso a tutte quelle siro-fenicie, a tutte quelle donne che faticano a trovare il loro posto nelle comunità cristiane. L’ Eucaristia, alla fine, è anche l’ Eucaristia delle briciole. Molte persone arrivano in briciole, non arrivano a ricomporre tutti i bocconi della loro esistenza, talvolta fanno fatica a relazionarsi con gli altri in modo normale perché, nella loro vita, tutto è spezzato, tutto è in briciole. E allora esse vi aggrediscono. Talvolta la Chiesa, in ciò che è, nel suo stesso modo di radunare il popolo di Dio attorno all’Eucaristia, a causa anche delle storie complicate degli uni o degli altri riguardo alla loro vita affettiva, al loro stato, alla relazione alla fede, alla disciplina della Chiesa, fa sì che alcuni si sentano fuori gioco, messi da parte come la siro-fenicia. Quando arrivano (…) verso la chiesa, si sentono un po’ messi fuorilegge.
L’Eucaristia ci invita ad entrare nel mistero anche dell’apertura e della condivisione, che è il mistero dell’incontro di Gesù con la siro-fenicia. La Chiesa non è mai totalmente radunata, non è mai totalmente sé stessa, perché ci saranno sempre delle siro-fenicie che vengono a bussare alla sua porta, ci sono sempre degli indesiderabili che ci invitano ad aprirci all’incontro; ci sono sempre nelle nostre relazioni delle persone che vengono a ricordarci che c’è qualcosa di noi stessi che non è totalmente adeguato alla volontà del Padre. C’è sempre in noi un cammino che si apre per diventare uomini e donne dell’Eucaristia, uomini e donne dell’apertura e della condivisione.
(C.Rebésce, brano di una conferenza sull’Eucaristia ai monaci di Lérins)