Ordinazioni Diaconali

Brescia, Chiesa Cattedrale | Sabato 11 settembre 2021

 

 

Carissimi fratelli e sorelle nel Signore,

è con profonda gioia e con viva gratitudine che celebriamo questa solenne Eucaristia, nella quale sette giovani riceveranno l’ordinazione diaconale. Cinque di loro appartengono alla nostra Chiesa diocesana e due all’Ordine Carmelitano. Il ministero del diaconato che viene loro conferito, è donato loro in vista dell’ordinazione presbiterale, che – a Dio piacendo – riceveranno successivamente. La Chiesa fino a questo momento ha ritenuto opportuno che si giunga al ministero presbiterale avendo prima ricevuto l’ordinazione diaconale: l’essere pastori nella Chiesa di Cristo non è pensabile se non nella forma dell’essere servi, servi di Cristo e dei fratelli. L’ordinazione diaconale imprime in chi la riceve il sigillo del servo, rende il discepolo del Signore simile al suo maestro, che è venuto non per essere servito ma per servire e dare la sua vita in riscatto per la moltitudine degli uomini.

Con questa consapevolezza e in piena disponibilità di cuore ci poniamo ora in ascolto della Parola di Dio che è stata proclamata e lasciamo che sia lei ad illuminare i nostri cuori e le nostre menti, affinché ci sia dato di vivere con piena verità questo momento di grazia.

Dal brano del Vangelo che abbiamo ascoltato ci giunge un appello forte e chiaro da parte di Gesù: “Voi siete il sale della terra: non perdete il vostro sapore! Voi siete la luce del mondo: non nascondetevi! “Per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra della morte e dirigere i nostri passi sulla via della pace” (Lc 1,79).

Il mondo ha bisogno della testimonianza dei discepoli del Signore, testimonianza umile ma tenace.

San Paolo afferma: “Fate tutto senza mormorare e senza esitare, per essere irreprensibili e puri, figli di Dio innocenti in mezzo a una generazione malvagia e perversa. In mezzo a loro voi risplendete come astri nel mondo” (Fil 2,14-15).

L’umanità – che il Signore ci raccomanda di amare – può trasformarsi in generazione malvagia, quando le tenebre si diffondono nei cuori e il male intacca la vita. Allora occorre tenere viva la luce della verità e custodire il buon sapore della vita.

Può succedere purtroppo che l’esistenza: si corrompa e perda il suo buon sapore. Questo accade quando non risulta più chiaro il senso delle cose: una confusione disorientante comincia a regnare, perché le passioni ingannatrici conquistano i cuori. Allora cala una nebbia che rende tutto confuso. Insieme alla identità si perde anche la bellezza e con essa il gusto del vivere. Una rassegnata freddezza si diffonde, accompagnata dall’affanno nervoso degli impegni da portare avanti senza lo slancio della passione.

“Voi siete sale e luce!”.

La missione affidata alla Chiesa: far sentire il buon profumo e il buon sapore della vita, non perdere la speranza, non permettere che venga oscurato il senso ultimo delle cose, che attinge al mistero di Dio, mistero di luce e di amore. Servire l’umanità nel nome di Cristo significa anche questo.

Come si attuerà nel concreto questa missione di salvaguardia della bellezza del mondo che Dio ha creato e redento? Sicuramente attraverso una testimonianza che ha la misura e la ricchezza del vivere.

La pagina del Libro degli Atti degli Apostoli:

L’istituzione dei sette. Per quale ragione?

“Perché nell’assistenza quotidiana venivano trascurate le vedove [dei cristiani di lingua greca].

Che nessuno sia trascurato. Che nessuno rimanga indietro. Che nessuno sia scartato.

Lo scarto. La dignità non conosce età, condizione sociale, livello culturale.

A maggior ragione deve essere salvaguardata se intervengono la debolezza e la fragilità.

“In fondo le persone non sono più sentite come un valore primario da rispettare e tutelare, specie se poveri e disabili, se non servono ancora – come i nascituri – o se non servono più – come gli anziani … così, oggetto di scarto non sono solo il cibo o i beni superflui, ma spesso gli stessi esseri umani” (FT 18-19).

All’opposto del trascurare abbiamo il prendersi cura. I due verbi si richiamano, ma in realtà il verbo di riferimento è questo: curare. Trascurare significa tradire quella cura a cui siamo chiamati gli uni versi gli altri.

Tutta la vita di Gesù in mezzo a noi, il Signore della gloria, è stata un prendersi cura della vita umana. Il suo sguardo compassionevole nei confronti dell’umanità ferita traspare da tutte le pagine dei Vangeli. La sua compassione per le folle disorientate e smarrite, la sua sollecitudine verso i malati, il suo pianto davanti alla morte di persone care, il suo affetto verso i peccatori – disprezzati dai benpensanti – la sua ospitale accoglienza verso tutti quelli che per qualche ragione venivano tenuti a distanza. “Venite a me voi tutti che siete affaticati e dispersi – disse un giorno rivolgendosi a tutti quelli che li ascoltavano – io vi ristorerò” (Mt 11,28).

Ognuno che per qualche motivo sente il peso della vita potrà trovare in lui consolazione e forza, un abbraccio benedicente. Il samaritano si prese cura di lui (Lc 10,10.34).

Come una madre che si prende cura delle proprie creature, così Paolo dei cristiani di Tessalonica (1Ts 2,7).

“Chi è l’uomo perché te ne ricordi, il figlio dell’uomo perché te ne curi?” (Sal 8).

Prendersi cura significa avere a cuore. Prima della mano che si allunga per donare ma anche per sostenere e per … c’è un cuore che si è lasciato toccare e ferire dal dolore altrui, c’è lo sguardo buono di chi si sente fratello e proprio per questo non può rimanere indifferente e inerte. La cura del samaritano verso l’uomo lasciato dai briganti sul ciglio della strada deriva dalla sua compassione, dal suo sguardo commosso, dalla pietà sincero vero un fratello. All’opposto abbiamo quel ricco di cui parla la parabola raccontata da Gesù, che non vede il povero Lazzaro seduto ogni giorno davanti alla porta del suo palazzo. Accecato dai beni materiale che gli hanno carpito il cuore, quest’uomo sfortunato e triste ha perso ogni sentimento di pietà e quindi ogni.

La fraternità della tenerezza e della accoglienza: la rivoluzione della tenerezza.

Oggi, quando le reti e gli strumenti della comunicazione umana hanno raggiunto sviluppi inauditi, sentiamo la sfida di scoprire e trasmettere la “mistica” di vivere insieme, di mescolarci, di incontrarci, di prenderci in braccio, di appoggiarci, di partecipare a questa marea un po’ caotica che può trasformarsi in una vera esperienza di fraternità, in una carovana solidale, in un santo pellegrinaggio (EG 87).

Siate persone che si prendono cura. Veri servitori del Signore.

Riusciremo a vivere così? Ce la faremo?

Non rimarrà tutto questo un pio desiderio, un ideale irraggiungibile?

Siamo chiamati ad un’esperienza anzitutto contemplativa, che accompagni il vissuto.

Il segreto di un sentire profondo, misterioso.

“L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito che ci è stato dato” (Rm 5,5).

Un’acqua viva che diventa fonte che zampilla per la vita eterna (cfr. Gv 4).

È quanto io chiedo per voi e per tutti noi. Faccio mia la preghiera di san Paolo: 14Per questo io piego le ginocchia davanti al Padre, 15dal quale ha origine ogni discendenza in cielo e sulla terra, 16perché vi conceda, secondo la ricchezza della sua gloria, di essere potentemente rafforzati nell’uomo interiore mediante il suo Spirito. 17Che il Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, e così, radicati e fondati nella carità, 18siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, 19e di conoscere l’amore di Cristo che supera ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio (Ef 3,14-19).

Concludo – cari candidati- con un appello accorato e paterno: siate persone che amano la Parola di Dio. Questa esperienza contemplativa che permette al cuore di sentire la presenza e la potenza dell’amore di Cristo riversato dallo Spirito santo ha bisogno della Parola di Dio. Desideratela. Cercatela.

Mettetevi in cammino con l’intera nostra Chiesa diocesana che in questo anno pastorale e il prossimo sarà chiamata a rendere più vigile l’attenzione sul valore inestimabile della Parola che lo Spirito ci ha donato.

“Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino” perché nella tua luce Signore noi vediamo la luce.

Carissimi fratelli e sorelle nel Signore,

è con profonda gioia e con viva gratitudine che celebriamo questa solenne Eucaristia, nella quale sette giovani riceveranno l’ordinazione diaconale. Cinque di loro appartengono alla nostra Chiesa diocesana e due all’Ordine Carmelitano. Il ministero del diaconato che viene loro conferito, è donato loro in vista dell’ordinazione presbiterale, che – a Dio piacendo – riceveranno successivamente. La Chiesa fino a questo momento ha ritenuto opportuno che si giunga al ministero presbiterale avendo prima ricevuto l’ordinazione diaconale: l’essere pastori nella Chiesa di Cristo non è pensabile se non nella forma dell’essere servi, servi di Cristo e dei fratelli. L’ordinazione diaconale imprime in chi la riceve il sigillo del servo, rende il discepolo del Signore simile al suo maestro, che è venuto non per essere servito ma per servire e dare la sua vita in riscatto per la moltitudine degli uomini.

Con questa consapevolezza e in piena disponibilità di cuore ci poniamo ora in ascolto della Parola di Dio che è stata proclamata e lasciamo che sia lei ad illuminare i nostri cuori e le nostre menti, affinché ci sia dato di vivere con piena verità questo momento di grazia.

Dal brano del Vangelo che abbiamo ascoltato ci giunge un appello forte e chiaro da parte di Gesù: “Voi siete il sale della terra: non perdete il vostro sapore! Voi siete la luce del mondo: non nascondetevi! “Per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra della morte e dirigere i nostri passi sulla via della pace” (Lc 1,79).

Il mondo ha bisogno della testimonianza dei discepoli del Signore, testimonianza umile ma tenace.

San Paolo afferma: “Fate tutto senza mormorare e senza esitare, per essere irreprensibili e puri, figli di Dio innocenti in mezzo a una generazione malvagia e perversa. In mezzo a loro voi risplendete come astri nel mondo” (Fil 2,14-15).

L’umanità – che il Signore ci raccomanda di amare – può trasformarsi in generazione malvagia, quando le tenebre si diffondono nei cuori e il male intacca la vita. Allora occorre tenere viva la luce della verità e custodire il buon sapore della vita.

Può succedere purtroppo che l’esistenza: si corrompa e perda il suo buon sapore. Questo accade quando non risulta più chiaro il senso delle cose: una confusione disorientante comincia a regnare, perché le passioni ingannatrici conquistano i cuori. Allora cala una nebbia che rende tutto confuso. Insieme alla identità si perde anche la bellezza e con essa il gusto del vivere. Una rassegnata freddezza si diffonde, accompagnata dall’affanno nervoso degli impegni da portare avanti senza lo slancio della passione.

“Voi siete sale e luce!”.

La missione affidata alla Chiesa: far sentire il buon profumo e il buon sapore della vita, non perdere la speranza, non permettere che venga oscurato il senso ultimo delle cose, che attinge al mistero di Dio, mistero di luce e di amore. Servire l’umanità nel nome di Cristo significa anche questo.

Come si attuerà nel concreto questa missione di salvaguardia della bellezza del mondo che Dio ha creato e redento? Sicuramente attraverso una testimonianza che ha la misura e la ricchezza del vivere.

La pagina del Libro degli Atti degli Apostoli:

L’istituzione dei sette. Per quale ragione?

“Perché nell’assistenza quotidiana venivano trascurate le vedove [dei cristiani di lingua greca].

Che nessuno sia trascurato. Che nessuno rimanga indietro. Che nessuno sia scartato.

Lo scarto. La dignità non conosce età, condizione sociale, livello culturale.

A maggior ragione deve essere salvaguardata se intervengono la debolezza e la fragilità.

“In fondo le persone non sono più sentite come un valore primario da rispettare e tutelare, specie se poveri e disabili, se non servono ancora – come i nascituri – o se non servono più – come gli anziani … così, oggetto di scarto non sono solo il cibo o i beni superflui, ma spesso gli stessi esseri umani” (FT 18-19).

All’opposto del trascurare abbiamo il prendersi cura. I due verbi si richiamano, ma in realtà il verbo di riferimento è questo: curare. Trascurare significa tradire quella cura a cui siamo chiamati gli uni versi gli altri.

Tutta la vita di Gesù in mezzo a noi, il Signore della gloria, è stata un prendersi cura della vita umana. Il suo sguardo compassionevole nei confronti dell’umanità ferita traspare da tutte le pagine dei Vangeli. La sua compassione per le folle disorientate e smarrite, la sua sollecitudine verso i malati, il suo pianto davanti alla morte di persone care, il suo affetto verso i peccatori – disprezzati dai benpensanti – la sua ospitale accoglienza verso tutti quelli che per qualche ragione venivano tenuti a distanza. “Venite a me voi tutti che siete affaticati e dispersi – disse un giorno rivolgendosi a tutti quelli che li ascoltavano – io vi ristorerò” (Mt 11,28).

Ognuno che per qualche motivo sente il peso della vita potrà trovare in lui consolazione e forza, un abbraccio benedicente. Il samaritano si prese cura di lui (Lc 10,10.34).

Come una madre che si prende cura delle proprie creature, così Paolo dei cristiani di Tessalonica (1Ts 2,7).

“Chi è l’uomo perché te ne ricordi, il figlio dell’uomo perché te ne curi?” (Sal 8).

Prendersi cura significa avere a cuore. Prima della mano che si allunga per donare ma anche per sostenere e per … c’è un cuore che si è lasciato toccare e ferire dal dolore altrui, c’è lo sguardo buono di chi si sente fratello e proprio per questo non può rimanere indifferente e inerte. La cura del samaritano verso l’uomo lasciato dai briganti sul ciglio della strada deriva dalla sua compassione, dal suo sguardo commosso, dalla pietà sincero vero un fratello. All’opposto abbiamo quel ricco di cui parla la parabola raccontata da Gesù, che non vede il povero Lazzaro seduto ogni giorno davanti alla porta del suo palazzo. Accecato dai beni materiale che gli hanno carpito il cuore, quest’uomo sfortunato e triste ha perso ogni sentimento di pietà e quindi ogni.

La fraternità della tenerezza e della accoglienza: la rivoluzione della tenerezza.

Oggi, quando le reti e gli strumenti della comunicazione umana hanno raggiunto sviluppi inauditi, sentiamo la sfida di scoprire e trasmettere la “mistica” di vivere insieme, di mescolarci, di incontrarci, di prenderci in braccio, di appoggiarci, di partecipare a questa marea un po’ caotica che può trasformarsi in una vera esperienza di fraternità, in una carovana solidale, in un santo pellegrinaggio (EG 87).

Siate persone che si prendono cura. Veri servitori del Signore.

Riusciremo a vivere così? Ce la faremo?

Non rimarrà tutto questo un pio desiderio, un ideale irraggiungibile?

Siamo chiamati ad un’esperienza anzitutto contemplativa, che accompagni il vissuto.

Il segreto di un sentire profondo, misterioso.

“L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito che ci è stato dato” (Rm 5,5).

Un’acqua viva che diventa fonte che zampilla per la vita eterna (cfr. Gv 4).

È quanto io chiedo per voi e per tutti noi. Faccio mia la preghiera di san Paolo: 14Per questo io piego le ginocchia davanti al Padre, 15dal quale ha origine ogni discendenza in cielo e sulla terra, 16perché vi conceda, secondo la ricchezza della sua gloria, di essere potentemente rafforzati nell’uomo interiore mediante il suo Spirito. 17Che il Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, e così, radicati e fondati nella carità, 18siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, 19e di conoscere l’amore di Cristo che supera ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio (Ef 3,14-19).

Concludo – cari candidati- con un appello accorato e paterno: siate persone che amano la Parola di Dio. Questa esperienza contemplativa che permette al cuore di sentire la presenza e la potenza dell’amore di Cristo riversato dallo Spirito santo ha bisogno della Parola di Dio. Desideratela. Cercatela.

Mettetevi in cammino con l’intera nostra Chiesa diocesana che in questo anno pastorale e il prossimo sarà chiamata a rendere più vigile l’attenzione sul valore inestimabile della Parola che lo Spirito ci ha donato.

“Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino” perché nella tua luce Signore noi vediamo la luce.

 

Carissimi fratelli e sorelle nel Signore,

è con profonda gioia e con viva gratitudine che celebriamo questa solenne Eucaristia, nella quale sette giovani riceveranno l’ordinazione diaconale. Cinque di loro appartengono alla nostra Chiesa diocesana e due all’Ordine Carmelitano. Il ministero del diaconato che viene loro conferito, è donato loro in vista dell’ordinazione presbiterale, che – a Dio piacendo – riceveranno successivamente. La Chiesa fino a questo momento ha ritenuto opportuno che si giunga al ministero presbiterale avendo prima ricevuto l’ordinazione diaconale: l’essere pastori nella Chiesa di Cristo non è pensabile se non nella forma dell’essere servi, servi di Cristo e dei fratelli. L’ordinazione diaconale imprime in chi la riceve il sigillo del servo, rende il discepolo del Signore simile al suo maestro, che è venuto non per essere servito ma per servire e dare la sua vita in riscatto per la moltitudine degli uomini.

Con questa consapevolezza e in piena disponibilità di cuore ci poniamo ora in ascolto della Parola di Dio che è stata proclamata e lasciamo che sia lei ad illuminare i nostri cuori e le nostre menti, affinché ci sia dato di vivere con piena verità questo momento di grazia.

Dal brano del Vangelo che abbiamo ascoltato ci giunge un appello forte e chiaro da parte di Gesù: “Voi siete il sale della terra: non perdete il vostro sapore! Voi siete la luce del mondo: non nascondetevi! “Per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra della morte e dirigere i nostri passi sulla via della pace” (Lc 1,79).

Il mondo ha bisogno della testimonianza dei discepoli del Signore, testimonianza umile ma tenace.

San Paolo afferma: “Fate tutto senza mormorare e senza esitare, per essere irreprensibili e puri, figli di Dio innocenti in mezzo a una generazione malvagia e perversa. In mezzo a loro voi risplendete come astri nel mondo” (Fil 2,14-15).

L’umanità – che il Signore ci raccomanda di amare – può trasformarsi in generazione malvagia, quando le tenebre si diffondono nei cuori e il male intacca la vita. Allora occorre tenere viva la luce della verità e custodire il buon sapore della vita.

Può succedere purtroppo che l’esistenza: si corrompa e perda il suo buon sapore. Questo accade quando non risulta più chiaro il senso delle cose: una confusione disorientante comincia a regnare, perché le passioni ingannatrici conquistano i cuori. Allora cala una nebbia che rende tutto confuso. Insieme alla identità si perde anche la bellezza e con essa il gusto del vivere. Una rassegnata freddezza si diffonde, accompagnata dall’affanno nervoso degli impegni da portare avanti senza lo slancio della passione.

“Voi siete sale e luce!”.

La missione affidata alla Chiesa: far sentire il buon profumo e il buon sapore della vita, non perdere la speranza, non permettere che venga oscurato il senso ultimo delle cose, che attinge al mistero di Dio, mistero di luce e di amore. Servire l’umanità nel nome di Cristo significa anche questo.

Come si attuerà nel concreto questa missione di salvaguardia della bellezza del mondo che Dio ha creato e redento? Sicuramente attraverso una testimonianza che ha la misura e la ricchezza del vivere.

La pagina del Libro degli Atti degli Apostoli:

L’istituzione dei sette. Per quale ragione?

“Perché nell’assistenza quotidiana venivano trascurate le vedove [dei cristiani di lingua greca].

Che nessuno sia trascurato. Che nessuno rimanga indietro. Che nessuno sia scartato.

Lo scarto. La dignità non conosce età, condizione sociale, livello culturale.

A maggior ragione deve essere salvaguardata se intervengono la debolezza e la fragilità.

“In fondo le persone non sono più sentite come un valore primario da rispettare e tutelare, specie se poveri e disabili, se non servono ancora – come i nascituri – o se non servono più – come gli anziani … così, oggetto di scarto non sono solo il cibo o i beni superflui, ma spesso gli stessi esseri umani” (FT 18-19).

All’opposto del trascurare abbiamo il prendersi cura. I due verbi si richiamano, ma in realtà il verbo di riferimento è questo: curare. Trascurare significa tradire quella cura a cui siamo chiamati gli uni versi gli altri.

Tutta la vita di Gesù in mezzo a noi, il Signore della gloria, è stata un prendersi cura della vita umana. Il suo sguardo compassionevole nei confronti dell’umanità ferita traspare da tutte le pagine dei Vangeli. La sua compassione per le folle disorientate e smarrite, la sua sollecitudine verso i malati, il suo pianto davanti alla morte di persone care, il suo affetto verso i peccatori – disprezzati dai benpensanti – la sua ospitale accoglienza verso tutti quelli che per qualche ragione venivano tenuti a distanza. “Venite a me voi tutti che siete affaticati e dispersi – disse un giorno rivolgendosi a tutti quelli che li ascoltavano – io vi ristorerò” (Mt 11,28).

Ognuno che per qualche motivo sente il peso della vita potrà trovare in lui consolazione e forza, un abbraccio benedicente. Il samaritano si prese cura di lui (Lc 10,10.34).

Come una madre che si prende cura delle proprie creature, così Paolo dei cristiani di Tessalonica (1Ts 2,7).

“Chi è l’uomo perché te ne ricordi, il figlio dell’uomo perché te ne curi?” (Sal 8).

Prendersi cura significa avere a cuore. Prima della mano che si allunga per donare ma anche per sostenere e per … c’è un cuore che si è lasciato toccare e ferire dal dolore altrui, c’è lo sguardo buono di chi si sente fratello e proprio per questo non può rimanere indifferente e inerte. La cura del samaritano verso l’uomo lasciato dai briganti sul ciglio della strada deriva dalla sua compassione, dal suo sguardo commosso, dalla pietà sincero vero un fratello. All’opposto abbiamo quel ricco di cui parla la parabola raccontata da Gesù, che non vede il povero Lazzaro seduto ogni giorno davanti alla porta del suo palazzo. Accecato dai beni materiale che gli hanno carpito il cuore, quest’uomo sfortunato e triste ha perso ogni sentimento di pietà e quindi ogni.

La fraternità della tenerezza e della accoglienza: la rivoluzione della tenerezza.

Oggi, quando le reti e gli strumenti della comunicazione umana hanno raggiunto sviluppi inauditi, sentiamo la sfida di scoprire e trasmettere la “mistica” di vivere insieme, di mescolarci, di incontrarci, di prenderci in braccio, di appoggiarci, di partecipare a questa marea un po’ caotica che può trasformarsi in una vera esperienza di fraternità, in una carovana solidale, in un santo pellegrinaggio (EG 87).

Siate persone che si prendono cura. Veri servitori del Signore.

Riusciremo a vivere così? Ce la faremo?

Non rimarrà tutto questo un pio desiderio, un ideale irraggiungibile?

Siamo chiamati ad un’esperienza anzitutto contemplativa, che accompagni il vissuto.

Il segreto di un sentire profondo, misterioso.

“L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito che ci è stato dato” (Rm 5,5).

Un’acqua viva che diventa fonte che zampilla per la vita eterna (cfr. Gv 4).

È quanto io chiedo per voi e per tutti noi. Faccio mia la preghiera di san Paolo: 14Per questo io piego le ginocchia davanti al Padre, 15dal quale ha origine ogni discendenza in cielo e sulla terra, 16perché vi conceda, secondo la ricchezza della sua gloria, di essere potentemente rafforzati nell’uomo interiore mediante il suo Spirito. 17Che il Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, e così, radicati e fondati nella carità, 18siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, 19e di conoscere l’amore di Cristo che supera ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio (Ef 3,14-19).

Concludo – cari candidati- con un appello accorato e paterno: siate persone che amano la Parola di Dio. Questa esperienza contemplativa che permette al cuore di sentire la presenza e la potenza dell’amore di Cristo riversato dallo Spirito santo ha bisogno della Parola di Dio. Desideratela. Cercatela.

Mettetevi in cammino con l’intera nostra Chiesa diocesana che in questo anno pastorale e il prossimo sarà chiamata a rendere più vigile l’attenzione sul valore inestimabile della Parola che lo Spirito ci ha donato.

 

“Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino” perché nella tua luce Signore noi vediamo la luce.

Carissimi fratelli e sorelle nel Signore,

è con profonda gioia e con viva gratitudine che celebriamo questa solenne Eucaristia, nella quale sette giovani riceveranno l’ordinazione diaconale. Cinque di loro appartengono alla nostra Chiesa diocesana e due all’Ordine Carmelitano. Il ministero del diaconato che viene loro conferito, è donato loro in vista dell’ordinazione presbiterale, che – a Dio piacendo – riceveranno successivamente. La Chiesa fino a questo momento ha ritenuto opportuno che si giunga al ministero presbiterale avendo prima ricevuto l’ordinazione diaconale: l’essere pastori nella Chiesa di Cristo non è pensabile se non nella forma dell’essere servi, servi di Cristo e dei fratelli. L’ordinazione diaconale imprime in chi la riceve il sigillo del servo, rende il discepolo del Signore simile al suo maestro, che è venuto non per essere servito ma per servire e dare la sua vita in riscatto per la moltitudine degli uomini.

Con questa consapevolezza e in piena disponibilità di cuore ci poniamo ora in ascolto della Parola di Dio che è stata proclamata e lasciamo che sia lei ad illuminare i nostri cuori e le nostre menti, affinché ci sia dato di vivere con piena verità questo momento di grazia.

Dal brano del Vangelo che abbiamo ascoltato ci giunge un appello forte e chiaro da parte di Gesù: “Voi siete il sale della terra: non perdete il vostro sapore! Voi siete la luce del mondo: non nascondetevi! “Per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra della morte e dirigere i nostri passi sulla via della pace” (Lc 1,79).

Il mondo ha bisogno della testimonianza dei discepoli del Signore, testimonianza umile ma tenace.

San Paolo afferma: “Fate tutto senza mormorare e senza esitare, per essere irreprensibili e puri, figli di Dio innocenti in mezzo a una generazione malvagia e perversa. In mezzo a loro voi risplendete come astri nel mondo” (Fil 2,14-15).

L’umanità – che il Signore ci raccomanda di amare – può trasformarsi in generazione malvagia, quando le tenebre si diffondono nei cuori e il male intacca la vita. Allora occorre tenere viva la luce della verità e custodire il buon sapore della vita.

Può succedere purtroppo che l’esistenza: si corrompa e perda il suo buon sapore. Questo accade quando non risulta più chiaro il senso delle cose: una confusione disorientante comincia a regnare, perché le passioni ingannatrici conquistano i cuori. Allora cala una nebbia che rende tutto confuso. Insieme alla identità si perde anche la bellezza e con essa il gusto del vivere. Una rassegnata freddezza si diffonde, accompagnata dall’affanno nervoso degli impegni da portare avanti senza lo slancio della passione.

“Voi siete sale e luce!”.

La missione affidata alla Chiesa: far sentire il buon profumo e il buon sapore della vita, non perdere la speranza, non permettere che venga oscurato il senso ultimo delle cose, che attinge al mistero di Dio, mistero di luce e di amore. Servire l’umanità nel nome di Cristo significa anche questo.

Come si attuerà nel concreto questa missione di salvaguardia della bellezza del mondo che Dio ha creato e redento? Sicuramente attraverso una testimonianza che ha la misura e la ricchezza del vivere.

La pagina del Libro degli Atti degli Apostoli:

L’istituzione dei sette. Per quale ragione?

“Perché nell’assistenza quotidiana venivano trascurate le vedove [dei cristiani di lingua greca].

Che nessuno sia trascurato. Che nessuno rimanga indietro. Che nessuno sia scartato.

Lo scarto. La dignità non conosce età, condizione sociale, livello culturale.

A maggior ragione deve essere salvaguardata se intervengono la debolezza e la fragilità.

“In fondo le persone non sono più sentite come un valore primario da rispettare e tutelare, specie se poveri e disabili, se non servono ancora – come i nascituri – o se non servono più – come gli anziani … così, oggetto di scarto non sono solo il cibo o i beni superflui, ma spesso gli stessi esseri umani” (FT 18-19).

All’opposto del trascurare abbiamo il prendersi cura. I due verbi si richiamano, ma in realtà il verbo di riferimento è questo: curare. Trascurare significa tradire quella cura a cui siamo chiamati gli uni versi gli altri.

Tutta la vita di Gesù in mezzo a noi, il Signore della gloria, è stata un prendersi cura della vita umana. Il suo sguardo compassionevole nei confronti dell’umanità ferita traspare da tutte le pagine dei Vangeli. La sua compassione per le folle disorientate e smarrite, la sua sollecitudine verso i malati, il suo pianto davanti alla morte di persone care, il suo affetto verso i peccatori – disprezzati dai benpensanti – la sua ospitale accoglienza verso tutti quelli che per qualche ragione venivano tenuti a distanza. “Venite a me voi tutti che siete affaticati e dispersi – disse un giorno rivolgendosi a tutti quelli che li ascoltavano – io vi ristorerò” (Mt 11,28).

Ognuno che per qualche motivo sente il peso della vita potrà trovare in lui consolazione e forza, un abbraccio benedicente. Il samaritano si prese cura di lui (Lc 10,10.34).

Come una madre che si prende cura delle proprie creature, così Paolo dei cristiani di Tessalonica (1Ts 2,7).

“Chi è l’uomo perché te ne ricordi, il figlio dell’uomo perché te ne curi?” (Sal 8).

Prendersi cura significa avere a cuore. Prima della mano che si allunga per donare ma anche per sostenere e per … c’è un cuore che si è lasciato toccare e ferire dal dolore altrui, c’è lo sguardo buono di chi si sente fratello e proprio per questo non può rimanere indifferente e inerte. La cura del samaritano verso l’uomo lasciato dai briganti sul ciglio della strada deriva dalla sua compassione, dal suo sguardo commosso, dalla pietà sincero vero un fratello. All’opposto abbiamo quel ricco di cui parla la parabola raccontata da Gesù, che non vede il povero Lazzaro seduto ogni giorno davanti alla porta del suo palazzo. Accecato dai beni materiale che gli hanno carpito il cuore, quest’uomo sfortunato e triste ha perso ogni sentimento di pietà e quindi ogni.

La fraternità della tenerezza e della accoglienza: la rivoluzione della tenerezza.

Oggi, quando le reti e gli strumenti della comunicazione umana hanno raggiunto sviluppi inauditi, sentiamo la sfida di scoprire e trasmettere la “mistica” di vivere insieme, di mescolarci, di incontrarci, di prenderci in braccio, di appoggiarci, di partecipare a questa marea un po’ caotica che può trasformarsi in una vera esperienza di fraternità, in una carovana solidale, in un santo pellegrinaggio (EG 87).

Siate persone che si prendono cura. Veri servitori del Signore.

Riusciremo a vivere così? Ce la faremo?

Non rimarrà tutto questo un pio desiderio, un ideale irraggiungibile?

Siamo chiamati ad un’esperienza anzitutto contemplativa, che accompagni il vissuto.

Il segreto di un sentire profondo, misterioso.

“L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito che ci è stato dato” (Rm 5,5).

Un’acqua viva che diventa fonte che zampilla per la vita eterna (cfr. Gv 4).

È quanto io chiedo per voi e per tutti noi. Faccio mia la preghiera di san Paolo: 14Per questo io piego le ginocchia davanti al Padre, 15dal quale ha origine ogni discendenza in cielo e sulla terra, 16perché vi conceda, secondo la ricchezza della sua gloria, di essere potentemente rafforzati nell’uomo interiore mediante il suo Spirito. 17Che il Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, e così, radicati e fondati nella carità, 18siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, 19e di conoscere l’amore di Cristo che supera ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio (Ef 3,14-19).

Concludo – cari candidati- con un appello accorato e paterno: siate persone che amano la Parola di Dio. Questa esperienza contemplativa che permette al cuore di sentire la presenza e la potenza dell’amore di Cristo riversato dallo Spirito santo ha bisogno della Parola di Dio. Desideratela. Cercatela.

Mettetevi in cammino con l’intera nostra Chiesa diocesana che in questo anno pastorale e il prossimo sarà chiamata a rendere più vigile l’attenzione sul valore inestimabile della Parola che lo Spirito ci ha donato.

“Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino” perché nella tua luce Signore noi vediamo la luce.