S. Messa con Te Deum

Brescia, Basilica di S. Maria delle Grazie | Venerdì 31 dicembre 2021

“Dio abbia pietà di noi e ci benedica”. Così abbiamo insieme pregato nel ritornello del Salmo responsoriale che la liturgia ci propone per questa celebrazione eucaristica di fine anno. Lo abbiamo fatto in risposta alla prima lettura, che, come ogni anno, ci fa riascoltare la formula di benedizione pronunciata da Aronne sui figli di Israele: “Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto. Ti faccia grazia e ti conceda pace”. Sono parole toccanti, che ci consegnano una grande verità: per chi crede, il tempo scorre sotto la benedizione di Dio. Gli anni si susseguono e l’umanità si trasforma, si evolve, progredisce, raggiunge sempre nuove mete. Nel quotidiano, poi, il ritmo della vita sembra a volte sopraffarci. I giorni scappano via e potremmo ritrovarci a dire anche in questo momento: ma siamo già alla fine di un anno! Sembra che il tempo ti sfugga tra le mani, che tutto si rincorra e precipiti nel passato, consegnato al ricordo. Ciò che non passa, ciò che resta saldo e non viene meno, ciò che mai sarà semplicemente consegnato al passato è la benedizione di Dio. L’umanità sarà sempre benedetta da Dio, in ogni momento della sua storia, qualsiasi cosa accada. Per la benedizione di Dio c’è solo il presente. Non basteranno le nostre ingiustizie e miserie, i nostri errori e le nostre colpe, le nostre grettezze e le nostre ingratitudini a scalfire la benevolenza di Dio verso di noi.

Come immaginare in concreto l’esperienza di questa benedizione? In che modo essa giunge a noi nel corso del tempo? La pagina del Libro dei Numeri che riporta la benedizione di Aronne ci consegna un’immagine molto efficace e molto suggestiva. Ci dice che la benedizione di Dio si concretizza nel suo sguardo. “Il Signore faccia risplendere su di te il suo volto”. Il volto risplende quando si distende nel sorriso. È un volto amorevole, nel quale gli occhi diventano luminosi. È il volto della madre che si china sul proprio bambino tenendolo fra le braccia. È il volto del figlio riconoscente che si rivolge con sollecitudine al padre o alla madre ormai carichi di anni. È il volto di chi incontra lo sguardo impaurito del malato o quello smarrito dello straniero e sorridendo gli tende la mano. Per troppo tempo una certa educazione religiosa ci ha impedito di gustare questo sguardo. Troppe volte ci è stato detto che Dio vede tutto, che nulla gli sfugge, che di tutto renderemo conto a lui. Il retto giudizio di Dio di cui parlano le Sacre Scritture non è questo, non può avere la forma dell’inquisizione. Lo sguardo di Dio che ci raggiunge in ogni momento è carico di amorevolezza. Può diventare severo e renderci consapevoli dei nostri errori, ma sempre e solo perché diventiamo ai suoi occhi ciò che da sempre egli desidera: perfetti nel bene. Quando cadiamo, sempre ci rialzerà; quando sbagliamo, sempre ci correggerà; quando lo offendiamo, sempre ci perdonerà; quando toccheremo con mano nostri limiti, sempre ci consolerà. Il suo sguardo è come un abbraccio nel quale trovare rifugio in ogni momento.

I nostri anni trascorrono sotto questo sguardo e noi questa sera siamo qui a salutarne uno che si chiude e un altro che si apre. È l’occasione per elevare al Signore il nostro Te deum, cioè l’inno di ringraziamento per i doni ricevuto nell’anno che finisce. Di che cosa – Signore – dobbiamo giustamente ringraziarti? Di che cosa ci hai fatto grazia in questo anno trascorso? Dove abbiamo visto la tua benedizione? Occorre qui affinare lo sguardo. Occorre creare una profonda sintonia, di modo che il bene suscitato dalla Provvidenza divina possa essere riconosciuto nello scorrere del tempo e nella semplicità del quotidiano. C’è bisogno di quella capacita di sorprendersi e di rallegrarsi di cui parla la pagina del Vangelo di Luca che abbiamo ascoltato e di cui sono protagonisti i pastori. Essi vedono un bambino avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia: spettacolo di una semplicità disarmante, tenero ma anche del tutto irrilevante agli occhi dei potenti di questo mondo. Eppure, per chi sa vedere, qui si compie la grande rivelazione: Dio visita il suo popolo e lo salva.

Chiedendo la grazia di uno sguardo simile, umile e profondo, provo dunque a riandare a questo anno che si chiude. Di cosa – Signore – è giusto ringraziarti? Che cosa, di quello che abbiamo potuto vedere, ci ha permesso di riconosce all’opera la tua benevolenza. Quando e come è brillato su di noi il tuo volto? Sicuramente – mi sento di dire – ti dobbiamo il nostro ringraziamento per la tenacia, la pazienza, la perseveranza con cui abbiamo affrontato e ancora stiamo affrontando questo momento difficile. Non sono venuti meno l’impegno, la dedizione, l’attenzione, il senso di responsabilità soprattutto in quanti sono chiamati ad assumere compiti di servizio a favore della collettività, nelle amministrazioni, negli enti sanitari, nelle scuole, ma anche nelle associazioni e nelle imprese. Non è venuto meno il senso di comunità che ci ha mantenuto uniti nell’ampio territorio in cui viviamo. E ancora – o Signore – è giusto renderti grazie per il tanto bene nascosto che nel corso di questo anno è stato compiuto: tanti uomini e donne che non sono stati con le mani in mano, che hanno operato con intelligenza e generosità senza mettere nulla in vetrina. Una bontà discreta e sollecita – tipica della gente bresciana – che sa giungere dove c’è bisogno senza fare troppo rumore e senza pretendere ringraziamenti. Quella bontà su cui eventi come il Premio Bulloni – nobile iniziativa ormai cara alla nostra città – accendono solo per un attimo le luci della ribalta. Noi ti lodiamo o Signore per la preziosa testimonianza di questi uomini e donne di buona volontà, che impediscono al mondo di perder il suo buon sapore, che vengono in soccorso a chi ha bisogno, che non permettono ai poveri di diventare invisibili, che rifiutano con i fatti la logica dello scarto e rivendicano la dignità di tutti. Vorrei che mai si spegnesse questa sollecitudine per i poveri e per i più deboli, alla quale avrei piacere che si affiancasse – in modo sempre più intenso– l’amore per i nostri giovani, per il loro e nostro futuro, per i loro legittimi sogni, per l’ambiente che domani consegneremo loro.

Ed infine vorrei cantare la tua lode – o Signore – in questa sera che chiude l’anno, per la tua Chiesa che è in Brescia, per i suoi sacerdoti, i suoi diaconi, i suoi consacrati e le sue consacrate, per tutti coloro che nelle comunità cristiane si spendono generosamente affinché la tua Chiesa sia veramente se stessa. A tutti vorrei esprimere la mia gratitudine per lo sforzo che insieme stiamo compiendo di camminare insieme, ponendoci in ascolto dello Spirito del Signore e cercando di capire come vivere oggi il Vangelo della salvezza. In un tempo di profondi cambiamenti è necessario ascoltarsi, parlarsi, stimarsi, confrontarsi, soprattutto amarsi e farlo nel nome del Signore. Ognuno che opera in questa direzione – e molti per grazia di Dio lo stanno facendo – testimonia al mondo, attraverso la sua Chiesa, che lo sguardo benedicente di Dio accompagna il nostro cammino. Il Signore è fedele e non lascerà mancare ai suoi servi fedeli la sua ricompensa. A lui sia lode nei secoli dei secoli. Amen.