PRESENTAZIONE

“Brescia IN-CON-TRA l’Africa” è una mostra fotografica accompagnata dalla viva voce dei protagonisti degli stessi scatti fotografici; è un percorso che racconta l’incontro di Brescia con l’Africa, da una parte attraverso il cammino missionario che ci ha portato in Africa conoscendo popoli e nazioni con cui abbiamo stretto alleanze di fraternità, dall’altra si racconta il nostro incontro con l’Africa che invece da tempo vive con noi in modo stabile attraverso percorsi di migrazione.

Gli scatti sono raggruppati attorno a dieci nuclei tematici che permettono di gustare uno stesso tema visto in Africa o in Europa. Il percorso fotografico e le parole dei protagonisti permettono di gustare la capacità generativa di questo incontro con il continente africano, soprattutto in vista di un percorso interculturale in cui le nostre comunità sono sempre più coinvolte.

INDICAZIONI TECNICHE

N.20 pannelli + 1 introduttivo (misure 70 cm X 100 cm)

Ogni pannello è dotato di cavalletto treppiede per esposizione.

N.10 leggii con note esplicative e codici QR interattivi.

Spazio minimo necessario circa 50 mq

RIFERIMENTI PER RICHIESTE

Tel: 0303722350 – Email : migranti@diocesi.brescia.it

 

COSTO NOLLEGGIO

Il noleggio della mostra è gratuito, si chiede un’offerta libera che andrà per le attività interculturali promosse dalla diocesi di Brescia.

 

 

 

 

 


BRASILE: Una casa per i malati terminali

Il Vescovo bresciano di Castanhal in Brasile, dom Carlo Verzeletti, sta lavorando per costruire “Casa Abbà”, un hospice per accompagnare i malati terminali. L’hospice è stato intitolato a don Pierino Bodei, Fidei Donum bresciano, che ha sempre sognato di costruire un ospedale per i pazienti terminali e che è morto in terra di missione a causa del Covid nel 2020. L’obiettivo di “Casa Abbà” è … Continua a leggere »

Bonus Fiscali

Bonus Facciate Bonus Facciate Ecobonus Guida Agevolazioni Risparmio energetico Vademecum Caldaie a Condensazione Vademecum Coibentazione strutture opache Vademecum serramenti e infissi

Blocchetti mensili per la preghiera Luglio-Dicembre 2025

Aiuto per la preghiera personale e per l’apostolato, con le intenzioni del Papa, dei vescovi e per il clero, oltre alla preghiera di offerta della giornata e altri spunti per la riflessione e la preghiera. 1 blocchetto: 13 FOGLIETTI PER MESE  € 4,00/ blocchetto, chiama il nr. 030 3722253 per richiederlo

L’oratorio è il luogo dell’accoglienza, dell’incontro e della benedizione. È la locanda che ospita tutti. È il luogo della “rivoluzione culturale” che – ci auguriamo – può diventare modello credibile  per la nostra società. Gesù – buon samaritano – cerca, visita, a tutti si fa prossimo; lui che sempre abbatte i sentieri e rimuove le barriere ideologiche e sociali. Locanda (pandochéion) è il termine greco che usa l’evangelista Luca: vuol dire letteralmente “che accoglie tutti”, “dove tutti sono accolti”. L’oratorio accoglie tutti, perché tutti sono stati cercati, visitati, invitati. Il sogno è che le persone con disabilità siano protagoniste delle nostre realtà e la loro presenza ci ricordi la missione originaria della Chiesa che si rivolge da sempre ai poveri, ai deboli e ai fragili.

Un luogo ospitale

L’ospitalità dell’oratorio non si limita alla buona educazione o alla cortesia verso gli ospiti, ma costituisce un fondamento teologico del suo esserci. Dio è Colui che ci accoglie, la sua paternità è ospitale nei confronti di tutti. L’oratorio abbraccia tutti, perché crede in un Dio che è Padre di tutti e accoglie indistintamente. Un principio teologico che diventa operativo per azioni concrete radicate in motivazioni spirituali profonde.

Uno sguardo nuovo

Lo sguardo comunica molto di quello che si pensa: la diversità ci fa paura. Occorre educare il pensiero, liberarci da alcuni pregiudizi e imparare a guardare l’altro non a partire dal suo limite e dalla sua fragilità, ma dalla sua bellezza, dal suo essere una persona meravigliosa, unica e preziosa; bisogna imparare a scoprire come ci guarda Dio. La sfida è riuscire a cambiare lo sguardo. Accogliere le persone con disabilità è una questione di occhi nuovi perché dipende dalla percezione e dall’atteggiamento che assumiamo nei loro confronti. Com’è il nostro sguardo nei confronti di chi è più fragile? Uno sguardo che esclude, insistente, discriminante, pietoso o indifferente, oppure inclusivo, spontaneo, aperto, empatico e sorridente? Il segreto sta nel mettersi in gioco per entrare in relazione.

Il compito della comunità

Chi deve attivare dinamiche e percorsi di inclusione? Tutti. È la comunità che offre mani operose e cuore sensibili. È il nostro compito. L’inclusione diventa così un’arte delicata e artigianale, fatta di gesti e pensieri che permettono all’altro di vivere e abitare gli ambienti serenamente; passa attraverso la costruzione di un contesto promettente che trasmetta vita e autenticità. L’accoglienza nella Chiesa della sinodalità non può mancare perché ne esprime la verità e fa percepire il profumo del Vangelo (cfr. Lettera Pastorale 2023-24 del vescovo Pierantonio Tremolada “Uomini e donne in cammino”). A ciascuno di noi è consegnata la grande responsabilità, personale e comunitaria, che cambia il senso e il significato della vita: possiamo essere promotori di percorsi di sostegno e speranza che aiutano le persone a realizzarsi come uomini e donne oppure, al contrario, diventare elementi che ostacolano questo percorso di realizzazione umana.

Passi possibili

Un approccio che valorizza l’inclusione inizia con il riconoscimento che ogni individuo ha qualcosa di unico e prezioso da offrire alla comunità. Uno sguardo inclusivo non si sofferma su ciò che manca o su ciò che è diverso, ma piuttosto celebra la diversità come una ricchezza e una fonte di arricchimento per tutti. Bisogna creare ambienti, opportunità e risorse che permettano alle persone con disabilità di partecipare pienamente alla vita sociale, educativa e oratoriana. Si tratta di ascoltare le loro esigenze, comprendere le loro sfide e lavorare insieme per superare gli ostacoli che impediscono la piena partecipazione.

Progettazione universale

Uno dei modi più efficaci e semplici per andare nella direzione di un approccio sempre più inclusivo nei nostri oratori è quello che prende il nome di “progettazione universale”. Quando
parliamo di progettazione universale stiamo pensando a progetti che siano già adatti a tutte le persone, in modo da evitare – anche a livello progettuale – la distinzione tra chi ha una disabilità
e chi è senza disabilità. È più semplice agire così, piuttosto che fare progetti da modificare in seconda battuta, sulla scorta delle difficoltà di chi partecipa. Per esemplificare cosa si intende per
progettazione universale in oratorio pensiamo a – in fase di ristrutturazione – a mettere una rampa adatta alle persone in sedia a rotelle, oppure allo scrivere il numero dei piani in modo semplice e con la scrittura che sia leggibile anche da chi non vede, mettere cartelli semplici, scrivere le parole con caratteri più grandi in modo che tutti possano leggere chiaramente, segnare gli ambienti con la CAA (comunicazione alternativa e aumentativa) e tante altre accortezze utili e fruibili per tutti. Attraverso piccoli gesti, parole di incoraggiamento e azioni concrete di  sostegno, possiamo tutti contribuire a fare la differenza.

Non basta la buona volontà

L’accompagnamento e la cura dei ragazzi, e in particolare dei ragazzi che presentano delle fragilità, non possono essere basati solo sulla buona volontà, la premura e la disponibilità. Sempre più spesso catechisti ed educatori avvertono la necessità di una formazione specifica, a sostegno del loro servizio, che indichi un serio orientamento ed eviti l’improvvisazione. È necessario oggi gestire la complessità delle situazioni stabilendo legami con il territorio e con le associazioni formando una rete di collaborazione e mutuo aiuto. È importante chiedere aiuto e beneficiare delle competenze e della generosità altrui per una condivisione fattiva. Anffas Brescia, in collaborazione con il Comune di Brescia, con Fobap, con l’Ufficio Scolastico territoriale e con il nostro Centro Oratori ha avviato un processo virtuoso di sensibilizzazione costruendo un volantino destinato agli enti per la raccolta delle buone prassi in essere e uno destinato alle famiglie con le indicazioni normative e le possibilità che i nostri territori offrono. È sempre opportuno, inoltre, coinvolgere l’ente pubblico di fronte a progetti di inclusione – a volte anche molto semplici – ma che necessitano di essere sostenuti, anche economicamente. Infine, di fronte soprattutto a progetti specifici (penso ad esempio al Grest, ma anche ai doposcuola, etc), nei quali è necessario
prevedere la presenza di personale qualificato che possa accompagnare in modo professionale i ragazzi con disabilità è bene attivarsi per tempo, con le famiglie e nella ricerca degli educatori: uno dei temi particolarmente delicati degli anni che stiamo vivendo riguarda proprio la disponibilità di figure educative competenti che possa aiutarci nel sostenere la presenza di ragazzi che necessitano di un accompagnamento.

Comunità educative capaci di accogliere

Siamo chiamati insieme a edificare comunità educanti capaci di accogliere tutti i ragazzi, soprattutto i ragazzi che hanno qualche fragilità e fatica per mostrare al mondo e alla società la profezia di una nuova umanità. L’oratorio diventa così una palestra e un laboratorio di cura e di prossimità dove l’altro è un dono da accogliere, valorizzare e da benedire.


Benedizione dei Fidanzati

Anche quest’anno, nel fine settimana vicino alla festa di San Valentino, potremo vivere un momento speciale tutto dedicato ai fidanzati della Diocesi: domenica 16 febbraio alle ore 16.30 in Cattedrale, con il nostro Vescovo Pierantonio chiederemo la benedizione del Signore, perché possa accompagnare i futuri sposi e renderli lieti nella speranza, forti nelle difficoltà, solleciti per le necessità dei fratelli, premurosi nell’ospitalità. Comunicate la vostra … Continua a leggere »

Beghine, umiliate e bizzocche in Italia

Nadia Taglietti presenterà una panoramica sul variegato mondo delle beghine, umiliate e bizzocche, mettendone in risalto l’originale evoluzione in Italia. Si tratta di una realtà fatta da tante piccole tessere, che compongono un ricco mosaico, indispensabile per conoscere appieno la storia non solo in ambito religioso, ma anche sociale economico e politico. Nonostante solo negli ultimi decenni le beghine, le umiliate e le bizzocche siano state studiate con attenzione, esse hanno avuto ruoli importanti sia per la società religiosa che per quella civile. «Si tratta di un variegato mondo di persone consacrate, pur senza voti solenni», che conducono «una “vita regolare senza regola”, con legami più o meno stabili con l’istituzione; il che tuttavia ha permesso loro di ritagliarsi un proprio spazio nella Chiesa» (cit. M. Sensi, «Mulieres in Ecclesia». Storie di monache e bizzoche, Spoleto 2010).

 Nadia Taglietti, nata nel 1965, vive a Castenedolo e si è laureata in Storia Medioevale presso l’Università degli Studi di Milano. Da anni svolge l’attività di ricercatrice e da sempre ha coltivato l’interesse per i movimenti religiosi femminili. Ha pubblicato “Dictae priora et sorores non sint moniales nec earum domus monasterium appellatur”. La Domus Milanese nelle Umiliate di Cambiago tra XII e XIV secolo, in Archivio Storico Lombardo, vol. 5 (1998-1999), p. 12 -111.

Per informazioni: biblioteca@diocesi.brescia.it – 0303722444

Beato Sebastiano Maggi, presbitero

Nato a Brescia nel 1414, morì a Genova nel 1496. Di nobile famiglia, entrò presto nel convento cittadino di San Domenico e servì l’Ordine dei Frati Predicatori in posizione di responsabilità. Promosse la riforma dell’Osservanza secondo lo spirito di rinnovamento di Santa Caterina da Siena e del Beato Raimondo da Capua. Fu amico e confessore del Savonarola e, negli ultimi anni, di Santa Caterina da Genova Il suo culto venne approvato il 15 aprile 1760. Il suo corpo è venerato nella Chiesa di S. Maria di Castello a Genova.

Dal Comune dei santi, con salmodia del giorno dal salterio.

Ufficio delle letture

SECONDA LETTURA

Dal Decreto Presbyterorum Ordinis del Concilio Ecumenico Vaticano II sul ministero e la vita dei sacerdoti (nn. 3, 12)

La vocazione dei sacerdoti alla perfezione

Con il sacramento dell’Ordine i sacerdoti si configurano a Cristo sacerdote come ministri del Capo, allo scopo di far conoscere ed edificare tutto il Corpo di Cristo che è la Chiesa, come cooperatori dell’ordine episcopale. In realtà già fin dalla consacrazione del battesimo, come tutti i fedeli, essi hanno ricevuto il segno e il dono di una vocazione e di una grazia così grande che, pur nell’umana fragilità, possono e devono tendere alla perfezione secondo le parole del Signore: «Siate dunque perfetti così come il Padre vostro celeste è perfetto» (Mt 5, 48). Ma i sacerdoti sono tenuti a tendere in modo particolare a questa perfezione per il fatto che, consacrati in un modo nuovo a Dio con l’ordinazione, son resi strumenti vivi di Cristo eterno sacerdote per continuare nel tempo la sua mirabile opera che ha reintegrato con efficacia divina tutto il genere umano. Siccome adunque ogni sacerdote, nel modo che gli è proprio, tiene le veci della persona di Cristo, viene arricchito anche di una grazia speciale, perché, mettendosi al servizio del popolo a lui affidato e di tutto il popolo di Dio, possa avvicinarsi più efficacemente alla perfezione di colui di cui è rappresentante; e alla debolezza della natura umana sia di sostegno la santità di colui che è diventato per noi Pontefice «santo, innocente, senza macchia, segregato dai peccatori» (Eb 7, 26).
Cristo, che il Padre santificò, o meglio, consacrò e inviò al mondo «sacrificò se stesso per noi, per riscattarci da ogni peccato e purificare per sé un popolo bene accetto, zelante di buone opere» (Tt 2, 14) e così, passando attraverso la passione, entrò nella sua gloria; allo stesso modo i sacerdoti, consacrati dall’unzione dello Spirito Santo e mandati da Cristo, mortificano in se stessi le opere della carne e si dedicano totalmente al servizio degli uomini e sono così in grado di progredire nella santità, della quale sono stati arricchiti in Cristo, fino ad arrivare all’uomo perfetto. Perciò, esercitando il ministero dello Spirito e della giustizia, purché siano docili allo Spirito di Cristo che li vivifica e li guida, vengono consolidati nella vita dello Spirito. Infatti per le loro stesse azioni sacre quotidiane come anche per tutto il loro ministero, che esercitano in comunione con il vescovo e i confratelli, essi sono ordinati alla perfezione della vita. La stessa santità dei sacerdoti poi contribuisce moltissimo a che compiano il loro ministero con frutto. Quantunque infatti la grazia di Dio possa realizzare l’opera di salvezza anche per mezzo di ministri indegni, tuttavia Dio ordinariamente preferisce mostrare le sue meraviglie per mezzo di coloro i quali, resisi più docili all’impulso e alla guida dello Spirito Santo, per la loro intima unione con Cristo e la santità della vita, possono dire con l’Apostolo: «Non vivo già più io, ma Cristo vive in me» (Gal 2, 20).

Responsorio – 1Ts 2, 8; Gal 4, 19

℞. Così affezionati a voi, avremmo desiderato trasmettervi non solo il Vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita: * perché ci siete diventati cari.
℣. Per voi soffro le doglie del parto, finché non sia formato Cristo in voi.
℞. perché ci siete diventati cari.

Orazione

O Dio, tu hai reso mirabile il beato Sebastiano [Maggi] per singolare impegno nella disciplina religiosa e nella ricerca della perfezione evangelica. Fa’ che anche noi, proclamando con la nostra vita il mistero della morte e della risurrezione del Signore, per sua intercessione, possiamo giungere alla felicità eterna. Per il nostro Signore.


Beato Petronace, abate

Originario di Brescia, forse di Pedergnaga (Petroniaca), attuale San Paolo, Petronace intraprese nel 717 un pellegrinaggio per visitare la tomba di san Benedetto da Norcia e ricostruire l’abbazia di Montecassino, su esortazione di Papa Gregorio II, con i pochi eremiti che vivevano ancora lì. Petronace, spinto da ardore religioso, rimase con loro, fu eletto superiore e si dedicò a riedificare e ripopolare il monastero, facendo tornare da Roma i monaci cassinesi. Fu per questo chiamato Secondo fondatore di Montecassino.

Dal Comune dei santi.

Ufficio delle letture

Seconda lettura

Dalle «Omelie sui vangeli» di san Gregorio Magno, papa (Lib. 2, 36, 11-13; PL 76, pp. 1272-1274)

Nel mondo, ma non del mondo

Fratelli, vi vorrei esortare a lasciar tutto, ma non oso. Se dunque non potete lasciare tutte le cose del mondo, usate le cose di questo mondo in modo da non essere trattenuti nel mondo; in modo da possedere le cose terrene, non da esserne posseduti; in modo che quello che possedete rimanga sotto il dominio del vostro spirito e non diventi esso stesso schiavo delle sue cose, e non si faccia avvincere dall’amore delle realtà terrestri. Dunque i beni temporali siano in nostro uso, i beni eterni siano nel nostro desiderio; i beni temporali servano per il viaggio, quelli eterni siano bramati per il giorno dell’arrivo. Tutto quello che si fa in questo mondo sia considerato come marginale. Gli occhi dello spirito siano rivolti in avanti, mentre fissano con tutto interesse le cose che raggiungeremo. Siano estirpati fin dalle radici i vizi, non solo dalle nostre azioni, ma anche dai pensieri del cuore. Non ci trattengano dalla cena del Signore né i piaceri della carne, né le brame della cupidigia, né la fiamma dell’ambizione. Le stesse cose oneste che trattiamo nel mondo, tocchiamole appena, quasi di sfuggita, perché le cose terrene che ci attirano servano al nostro corpo in modo da non ostacolare assolutamente il cuore.
Non osiamo perciò, fratelli, dirvi di lasciare tutto; tuttavia, se volete, anche ritenendole tutte, le lascerete se tratterete le cose temporali in modo da tendere con tutta l’anima alle eterne. Usa infatti del mondo, ma è come se non ne usasse, colui che indirizza al servizio della sua vita anche le cose necessarie e tuttavia non permette che esse dominino il suo spirito, in modo che siano sottomesse al suo servizio e mai infrangano l’ardore dell’anima rivolta al cielo. Tutti coloro che si comportano così, hanno a disposizione ogni cosa terrena non per la cupidigia, ma per l’uso. Non vi sia niente dunque che freni il desiderio del vostro spirito, nessun diletto di nessuna cosa vi tenga avvinti a questo mondo. Se si ama il bene, la mente trovi gioia nei beni più alti, quelli celesti. Se si teme il male, si abbiano davanti allo spirito i mali eterni, perché mentre il cuore vede che là si trova ciò che più si deve amare e più si deve temere, non si attacchi assolutamente a quanto si trova di qui. Per far questo abbiamo come nostro aiuto il mediatore di Dio e degli uomini, per mezzo del quale otterremo prontamente ogni cosa, se ardiamo di vero amore per lui, che con il Padre e lo Spirito Santo vive e regna Dio per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Responsorio – 1Cor 7, 29.30.31; 2, 12

℞. Il tempo si è fatto breve; d’ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l’avessero; quelli che gioiscono, come se non gioissero; quelli che usano i beni del mondo, come se non li usassero pienamente; * passa la figura di questo mondo.
℣. Ora, noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo:
℞. passa la figura di questo mondo.

Orazione

O Dio, che nella tua benevolenza hai chiamato il beato Petronace alla sequela di Cristo, per sua intercessione concedi che, rinnegando noi stessi, possiamo aderire a te con tutto il cuore. Per il nostro Signore.


Beato Mosè Tovini, presbitero

Nasce a Cividate Camuno il 27 dicembre 1877, primo di otto fratelli. Padrino di Battesimo è lo zio, l’avvocato Giuseppe Tovini, beato. Il 9 giugno 1900, a 22 anni, Mosè Tovini è ordinato presbitero nella chiesa cattedrale di Brescia, della quale più tardi diventerà canonico. Il vescovo lo destina agli studi a Roma, dove si specializza in matematica, filosofia e teologia. Dal novembre del 1904 fino alla morte fu professore in Seminario. Nel 1905 entra nella Congregazione dei Sacerdoti Oblati. Il suo stile era fatto di puntualità, preparazione seria, chiarezza, discrezione, obbedienza assoluta alle direttive della Chiesa, del papa, del vescovo. La sua vita fu caratterizzata dall’umiltà e dalla mitezza. Nel 1926 fu nominato rettore del Seminario; si presentò ai chierici parlando dei tre candori che devono riempire il cuore del candidato al sacerdozio: l’Eucaristia, la Vergine Immacolata e il Papa. Morì il 28 gennaio 1930. È stato beatificato a Brescia il 17 settembre 2006. Il suo corpo è venerato nella chiesa parrocchiale di Cividate Camuno.

Dal Comune dei pastori, con salmodia del giorno dal salterio.

Ufficio delle letture

Seconda lettura

Dalla prefazione alla biografia del beato Mosè Tovini di mons. Giovanni Battista Montini, poi san Paolo VI, papa (A. Bertoni, Mons. Mosè Tovini, fulgida gemma del clero bresciano, Brescia 1956, VII-X)

Un buon sacerdote, veramente

Mosè Tovini fu un sacerdote di grande valore. È bene che sia ricordato. È vero che la Chiesa bresciana ha avuto in questi ultimi tempi una schiera numerosa e luminosa di sacerdoti, che tutti meriterebbero devota rimembranza. Tutti ottimi, tutti veramente grandi, tutti ormai quasi nascosti al ricordo della presente generazione. Qualcuno emerge; è consolante vedere fra questi la figura buona e saggia di Mosè Tovini. «L’ombra sua torna ch’era dipartita». Dipartita dalla scena della vita vissuta e perciò dalla conoscenza dei giovani, non dalla memoria di chi ebbe la fortuna di avvicinarlo. Anch’io fui tra questi; e solo rimpiango di non aver goduto che poco della sua conversazione. Devo però a lui la mia prima iniziazione alla filosofia scolastica e alla teologia; e ne serbo riconoscente ricordo. Pio, dotto, zelante; e si potrebbero aggiungere, a profusione, tanti altri aggettivi: affabile, umile, sereno, fine, generoso, paziente, leale… in quo dolus non est. Un sacerdote completo, come si deve. Aveva, sì, qualità singolari; un forte impegno speculativo lo distingueva certamente dal comune; una bontà, velata di candore e di timidezza, in lui non si smentiva mai; ma tutto in lui era così modesto e raccolto, che, per apprezzarlo per quanto valeva, bisognava avvicinarlo e conoscerlo bene. E dopo averlo conosciuto ed apprezzato, l’elogio sarà una conferma non tanto alla singolarità delle sue virtù, quanto piuttosto all’equilibrio di esse, all’armonia, all’insieme di quelle doti, naturali ed acquisite, che fanno del sacerdote l’uomo più raro ed insieme l’uomo più comune; l’uomo relativamente perfetto da ammirarsi, ed insieme a tutti accessibile da imitarsi. È stato detto che nel mondo c’è bisogno di uomini buoni, forse ancora di più che di uomini grandi; e questo è pur vero anche nel campo ecclesiastico, dove vorremmo che la bontà, la perfezione, la santità fosse di tutti; e piacerebbe perciò che, pur alimentandosi alla luce delle anime eccezionali ed aspirando sempre ai carismata meliora, la figura del sacerdote si distinguesse per l’edificante armonia del suo essere e del suo agire. Sembra misura codesta; e, applicata al sacerdote, mediocre misura per lui, la cui sapienza dev’essere il mistero, la cui aspirazione l’infinito e la cui prudenza la carità. Ma mediocre misura non è. È ordine. È governo di sé, prima dote per un benefico governo degli altri. È legge di Dio, divenuta legge personale. È ascesi vittoriosa, nella pace, nella bellezza spirituale. È pazienza, fedeltà, umiltà come un prete deve avere.
È capacità di ascoltare, è volontà di insegnare, è perseveranza di sopportare. È arte di trovare sempre nuovo ciò che è divino, sempre interessante ciò che è umano. È sintesi di poesia e di prosa, voglio dire di preghiera e di sofferenza, di silenzio e di parola, di vita interiore e di apostolato. È occhio puro e tranquillo per guardare la profondità del cielo. Perché così ha da essere la vita del prete: una vita estremamente ordinata, perché soggetta a regole innumerevoli e ad esigenze che non transigono; ma proprio per questo aperta alla conversazione con Dio e all’assistenza del prossimo. Il passo è cauto, perché si muove sugli abissi: la Messa, il Breviario, l’amministrazione della grazia e della verità, l’edificazione della Chiesa, l’amicizia col dolore, il colloquio con l’aldilà. «Cominciare la giornata con la celebrazione della Messa – mi ricordo che monsignor Tovini ebbe a dirmi una volta – è una gioia, una grande gioia; poiché le altre ore della giornata sono spesso ben altra cosa». Ecco: l’uomo di Dio sa vivere in interiorità il programma sacerdotale comune, che a torto chiameremmo ordinario, perché mai ordinario non è. Egli aveva la capacità di scoprire le ricchezze spirituali d’un piano di vita volutamente contenuto nel disegno più modesto, dell’obbedienza, dell’oblazione, dell’abnegazione.
E fu, a mio avviso, questa capacità che lo rese esemplare, che lo fece maestro; ed ora lo fa modello, degno di ricordo e di imitazione. Scoprire e rivelare, quasi a sua insaputa: erano fuggevoli espressioni d’entusiasmo che gli montavano alle labbra spiegando aride tesi dottrinali, erano cadenze salmodiche che gli scorrevano dalla penna nelle ore commosse d’una vita piena di affetti e di prove. Un buon sacerdote. Veramente. Come vorremmo esserlo quanti abbiamo ricevuto questo santo e tremendo nome.

Responsorio – 1Cor 4, 1-2; Prov 20, 6

℞. Ognuno ci consideri come servi di Cristo e amministratori dei misteri di Dio. * A chi amministra, si chiede di essere fedele (T.P. Alleluia).
℣. Molti proclamano la propria bontà, ma una persona fidata chi la trova? * A chi amministra, di chiede di essere fedele (T.P. Alleluia).

Orazione

Dio onnipotente ed eterno, che nel beato Mosè [Tovini], hai dato alla tua Chiesa un sacerdote insigne per umiltà e mitezza, concedi anche a noi, per sua intercessione, di perseverare ogni giorno nella santità, per divenire partecipi con lui della gloria del cielo. Per il nostro Signore.